Ogni tanto ve lo chiedo: vi ricordate il mio stagno letterario? Il mio giardino d’acqua, quello che ha impiegato anni a trovar se stesso, ma che adesso dà un sacco di soddisfazioni?
Ecco – lasciate che vi aggiorni sul suo stato.
Non solo si è ripreso alla meraviglia, pur avendo passato fuori la cosa più simile a un inverno che abbiamo avuto negli ultimi… oh, non so: dieci anni? Neve e ghiaccio non gli hanno fatto un baffo, e tanto le ninfee quanto l’unica pianta da bordo aspettavano soltanto un’energica pulizia e un po’ di fertilizzante per tornare a prosperare.
Non solo tutto ciò – ma quest’anno ho preso ho fatto qualcosa su cui meditavo da tempo: ho aggiunto i pesci. Niente di spettacolare, you know – non immaginatevi pesci rossi, koi o chissaché. Nulla del genere. Solo, da ieri, ci sono tre piccole gambusie che chiamano casa il mio stagno.
O almeno così spero, a dirla tutta – perché appena liberate, si sono precipitate a nascondersi, e non le ho più viste… Ad ogni modo, gambusie: minuscoli pescetti che si nutrono voracemente di larve di zanzara, in numero di tre, guizzanti e vivacissimi. Veloci e svegli, mi ha assicurato l’uomo del vivaio – abbastanza divertito dai miei timori riguardo agli istinti venatori dell’Irrepressibile Prunella… Per cui pare non ci sia da agitarsi in proposito. Also, essendo io, ho dato loro dei nomi – Dot, Dash e Pixel – ma non è come se li distinguessi uno dall’altro, né li ho più visti per provarci… così ho più che altro buttato loro i nomi come una manciatina di briciole, e il terzetto è libero di farne l’uso che crede… o nessun uso affatto.

Ho anche aggiunto un giacinto d’acqua, e dovrò sfoltire le piante ossigentanti, e trovare un modo per liberarmi dalle lumachine nere che rosicchiano le foglie di ninfea, e chissà se riuscirò mai ad avere le rane…
Ma insomma, il fatto è che lo stagno ha finito per risvegliare in me qualcosa che non avevo troppo idea di possedere, se non nella più teorica delle maniere: una propensione al giardinaggio. Tanto che mi sono lanciata a piantare un piccolo giardino dei semplici elisabettiano – e gente colpita dalla mia svolta giardinieresca mi ha regalato due caprifogli (also somewhat shakespearean – per non parlare di Tre Uomini in Barca)…
Insomma, non so che dire: né se funzionerà, né quanto durerà. Per ora mi sto divertendo a coltivare (the pun!) il lato letterario del giardinaggio – o forse è il lato giardinevole della letteratura?
Intanto, comunque, l’acqua è limpida, le ninfee sono in boccio e il timo prospera in tre qualità diverse. Vi farò sapere.
E voi, o Lettori? Come ve la cavate in giardino? Vi è mai capitato di scegliere le piante per motivi di carta e d’inchiostro?
Vi ricordate, o Lettori, del mio
Il fatto si è che, per prima cosa e per quanto mi sforzassi, non c’era verso di sigillare in modo soddisfacente il buco nella vasca di terracotta, e lo stagno perdeva sempre. Ma con quello mi ero decisa a convivere, e i problemi erano decisamente altri. Tutti gli stagni, mi si dice, vanno attraverso cicli di acqua torbida e verdastra – e poi tornano limpidi, e poi tornano torbidi, e via dicendo. Il mio… mica tanto. E sì che ho provato, credete: ho aggiunto piante ossigenanti e giacinti d’acqua, mi sono procurata l’apposito chiarificante… Ma nulla da fare: tra le ninfee, i giacinti e le lenticchie d’acqua, lo stagno restava torbidiccio e non straordinariamente bello a vedersi.
l’altra invece è provvista d’istinto venatorio in abbondanza e per di più affascinata dallo stagno persino quando è disabitato… figurarsi se ci fossero dentro dei pescetti!
Ma a primavera, ecco la sorpresa: giacinti e lenticchie e piante ossigenanti avevano reso l’anima – ma le ninfee e una delle piante da bordo erano ancora vive… Non ho avuto il coraggio di lasciarle morire. Mi sono procurata un’altra vasca – meno bella ma senza buchi – e delle nuove piante ossigenanti*, ho suddiviso, rinvasato e fertilizzato le ninfee, e…




