teatro

Sugli effetti del teatro

Ieri sera, dopo avere guardato in streaming il bellissimo Dieci Piccoli Indiani della Campogalliani, ero in quel felice stato di effervescenza in cui mi mette il buon teatro. Quel felice stato per cui mi pare che potrei rivedere subito lo spettacolo in questione. Quel felice stato per cui ho pagine di appunti da prendere in proposito. Quel felice stato per cui le idee – narrative e registiche – germogliano a frotte. Quel felice stato…

“Per cui prendi il volo e poi atterri bruscamente?” ha domandato P., vedendomi svolazzare con una pila di piatti e bicchieri in mano e la testa altrove. Continua a leggere “Sugli effetti del teatro”

elizabethana · teatro

La Dodicesima Notte

Contando dalla sera del giorno di Natale (e non dalla notte di Natale stessa, ciò che ho sempre trovato lievemente bizzarro) la Dodicesima Notte è la vigilia dell’Epifania.

shakespeare, la dodicesima notte, epifaniaNell’Inghilterra Tudor-elisabettian-giacobina, quella che era stata una festività cattolica si era trasformata in un’occasione piuttosto carnevalesca, che comportava danze, vino e burle, l’elezione di un Lord Of Misrule e una licenza non scritta per domestici, apprendisti e dipendenti in genere a beffare i propri padroni – o addirittura travestirsi come loro.

La faccenda era vastamente diffusa e popolare, e giungeva fino a corte. Apparentemente a Shakespeare fu commissionata una commedia da rappresentare come intrattenimento per la festa reale la sera dell’Epifania del 1601 o 1602.

Come spesso accade, di questa prima e titolata rappresentazione non si sa nulla di preciso. shakespeare, la dodicesima notte, epifaniaLa prima data che abbiamo è quella del 20 febbraio 1602, quando la XIIN venne rappresentata al Temple, la scuola di Diritto di Londra. La domanda diventa dunque: quanto tempo passava prima che i futuri giurisperiti potessero divertirsi con un intrattenimento dopo che questo aveva debuttato a corte? Sei settimane? Un anno abbondante? Non si sa – non più, o forse non ancora.

Ad ogni modo, la commedia era perfettamente adatta all’occasione: una vicenda di identità e generi scambiate, gemelli identici, corteggiamenti incrociati, agnizioni, travestimenti e, soprattutto, burle. Quella che dovrebbe essere la vicenda principale, i casi dei gemelli Sebastian e Viola/Cesario, naufraghi in Illiria (of all places!) è sovrastata dalla trama comica, una cospirazione tra servi e padroni ai danni del detestabile intendente Malvolio. Tutto finisce bene – ma in carattere assai dodicenottesco, con il duca e la contessa che sposano un naufrago ciascuno, e un baronetto che sposa una dama di compagnia, con scarsa soddisfazione dell’intendente beffato.

Una favola buffa e rassicurante, in cui, dopo tutto, si vedeva che sovvertimento dell’ordine sociale, beffe e confusioni di genere avevano il loro spazio – nel cerchio incantato e invalicabile di  una notte di festa e di un palcoscenico.

shakespeare,la dodicesima notte,epifaniaQui – per la vostra calza – trovate la pagina shakespeariana del Progetto Manuzio. Scendete un po’ per trovare La Dodicesima Notte scaricabile in PDF, TXT o RTF. Buona Epifania!

teatro

Campogalliani70: Adolfo Vaini

Rieccoci qui con i membri  dell’Accademia Campogalliani. Dopo la presidente e la regista nonché direttore artistico, oggi è la volta di un attore. Andiamo a incominciar…

FofoAdolfo Vaini, cominciamo con la domanda di rito: che cosa ti ha portato al teatro in generale e alla Campogalliani in particolare?

Io ho cominciato a fare teatro a nove anni. Recita scolastica importantissima, che coinvolgeva tutte le scuole di Mantova, circa 400 allievi. Abbiamo fatto due o tre recite al Sociale, e si chiamava Le Diavolerie del Mago Zurlì. Io ero il mago Zurlì, e il maestro mi ha detto: tu quest’anno non studiare, perché devi imparare la parte – e già questo era un’investitura rispetto agli altri. Abbiamo debuttato, e alla prima battuta ho detto “scusate” e sono tornato indietro. Applauso clamoroso. E quello che mi ha colpito di più era che, mentre le comparse erano tutte nei cameroni, io che ero il protagonista avevo un camerino tutto mio, con le caramelle. E poi gli applausi… ah! Che cosa mi ha portato a teatro? La vanità. Poi, quando ho avuto quattordici anni, in parrocchia si sono ricordati di me e mi hanno chiamato in compagnia a fare una parte in una commedia tipica dei repertori parrocchiali: Ho Ucciso Mio Figlio, di tale Pazzaglia, su una vocazione mancata, osteggiata dalla famiglia… Una roba di una drammaticità spaventosa. Cast tutto maschile, perché le donne non erano ammesse. E quello è stato il mio debutto “serio”. Il guaio è che non avevamo un regista vero e proprio, e  quindi non riuscivamo mai a combinare nulla, finché non è arrivato Bissoni della Campogalliani. Poi ho fatto teatro dialettale fino a vent’anni, ma mi andava stretto, perché volevo recitare in lingua. E già quelli della Campogalliani erano venuti a vederci e mi avevano notato, e io avevo chiesto di poter entrare. Prima, in realtà, sono andato al Teatro Minimo da Garilli, perché mi piaceva l’idea di questo teatro impegnato e moderno… Dopo tre mesi sono scappato via, perché erano di una serietà mortale, di una tristezza… sembrava sempre che ci fosse il morto in casa. E invece a me piaceva la compagnia, così dopo tre mesi sono  scappato dalle prove di un testo sui Nazisti, e sono entrato in Campogalliani. Avevo 21 anni – e il bello è che sono uscito dai Nuovi perché non volevo più fare dialettale, e la prima commedia che mi han fatto fare qui è stato Viva Al Cine – in dialetto. Però poi ho fatto gli Innamorati, e ho cominciato ad avere delle parti un po’ importanti. E questo è l’inizio.

Sei qui dal Settantuno – mezza vita. Ruolo preferito in tutto questo tempo?rs_0006_03

In assoluto, sia perché mi permette di dare sfogo alla mia mimica e alla mia voce, e anche filosoficamente come personaggio, Dolittle in Pigmalione. Sono innamorato di Dolittle. L’ho ripreso in mano per la rappresentazione al Sociale, e ho goduto nel ripassare. D’altra parte, sono così, io: nella vita godo con poco o con tanto – l’importante è che non abbia vincoli. Nemmeno il vincolo dei soldi: i soldi li spendo, ne godo, proprio come Dolittle. Mi ci riconosco e mi dà l’occasione di sfoggiare le mie qualità.

E il ruolo che vorresti tanto recitare?

No, mai avuto questo genere di pensieri. L’importante è avere un personaggio che mi obblighi a soffrire per entrarci. Quella è la grande soddisfazione. Se è facile, se è troppo nelle mio corde, non mi soddisfa. Dev’essere qualcosa che mi trasforma, arrivando a capire psicologicamente il personaggio. È qualcosa che mi ha insegnato Grazia (Bettini). Aldo (Signoretti) era un grande regista, ma dirigeva in tutt’altro modo, usava gli attori per cliché: attore comico, attore brillante, attore drammatico… E per tutta la vita si faceva quello, senza cambiare più. Grazia invece no. Presenta personaggi diversi e ci fa lavorare sulla psicologia di ciascuno. Non dice mai di fare l’una o l’altra intonazione, come le scimmie. Bisogna arrivarci, capirlo. Penso che la parte con cui Grazia mi ha cambiato come attore sia stata in Sei Donne Appassionate – praticamente Otto e Mezzo di Fellini. Avevo un personaggio radicalmente diverso da me, per cui ci ho messo molto, mi sono impegnato molto, e alla fine ce l’ho fatta ed è uscito un personaggio meraviglioso. Da quel momento ho cominciato ad amare Grazia non solo come donna e moglie, ma anche come regista, Ma, per rispondere, non ho desideri di fare personaggi particolari. Sono aperto alle scoperte. Spesso, davanti a un personaggio nuovo, mi capita di dirmi che non ho mai fatto niente del genere, che non sarò capace… Ma Grazia mi ha insegnato a superare questi ostacoli e raggiungere buoni risultati.

E invece qual è in personaggio che ti ha dato più difficoltà? Il più faticoso, oppure quello di cui sei meno soddisfatto…

Malvolio-Adolfo-Vaini-369x450Il tuo Virgilio è stato difficilissimo da un punto di vista mnemonico – ma forse… Ecco, nella Finta Ammalata dovevo fare il sordo e renderlo comico. Processo molto lungo e molto difficile, perché non è facile far ridere con la sordità. Difficile. Poi non mi ha dato gran soddisfazione il mio personaggio in Rebecca. Parte secondaria, senza spessore, senza niente… bah. E invece un personaggio che detesto è Malvolio. Non lo vedo, non riesco ad avere simpatia, non ho feeling. Lo faccio, sì – ma non me lo sento addosso. Poi all’inizio ho toppato qualche interpretazione, magari perché diretto male. La direzione è importante, perché raramente un attore riesce a essere anche regista di se stesso, e quindi forse do più la colpa a chi mi ha diretto male. Però posso dire di essere soddisfatto della mia carriera.

***

Il che è un’ottima cosa… anche se devo confessare che a me il Malvolio di Adolfo piace proprio tanto. Per oggi ci fermiamo, ma venerdì Adolfo torna, per parlare ancora un po’ di teatro.

elizabethana · musica

Cinque Canzoni Shakespeariane

12nightVe l’avevo detto che il Sedici è un altro anno shakespeariano?

1616-2016: quattrocentesimo della morte. Per cui sì, aspettatevi di nuovo una certa quantità di shakespearianerie, nel corso dell’anno.

Oggi cominciamo con le cinque incantevoli canzoni che il compositore inglese Roger Quilter musicò tra il 1905 e il 1919.

Fear no more the heat of the sun è presa dal Cimbelino, Under the greenwood tree e It was a lover and his lass da Come Vi Piace,
Take, o take those lips away da Misura per Misura, e Hey, ho, the wind and the rain dalla Dodicesima Notte.

Il baritono è il perfettamente nomato Philippe Sly, e al pianoforte c’è Michael MacMahon:

Forse l’insieme è un po’ più primaverile in atmosfera di quanto sia adatto al calendario, ma mi pare un buon modo per cominciare il nuovo anno shakespeariano.

E buona domenica.

elizabethana · teatro

La Dodicesima Notte

Avete festeggiato, ieri sera? Avete eletto Re (o Regina) del Disordine chi ha trovato il penny d’argento nella torta? Avete danzato e festeggiato sotto i rami di vischio?

No?

Nemmeno io, a dire la verità… Però ho cenato da amici, e immagino che conti almeno un po’.

Ma d’altra parte, noi siamo tame. Ai tempi di Shakespeare sì, che sapevano come solennizzare la vigilia dell’Epifania. Magari con una commedia scrittapposta, come The Twelfth Night – or What You Will, una storia di travestimenti, inganni, equivoci, beffe e triplici nozze, perfetta per la bisogna, e probabilmente rappresentata per la prima volta a Whitehall la Dodicesima Notte del 1601, quando Shakespeare era ormai tanto celebre da scrivere per la vecchia regina in persona.

E quattrocentododici anni e un giorno più tardi, lasciate che vi proponga La Dodicesima Notte (o almeno la prima parte…) in una deliziosa versione animata – e badate alla meravigliosa voce del narratore, che è Nando Gazzolo.

E se adesso vi punge vaghezza, qui dovreste trovare il resto, e qui invece qualche versione in lingua originale.

Felice domenica, e felice Epifania.