Non è la prima volta che posto di questo, ma è davvero fondamentale. Mostrare e non dire, fa tutta la differenza del mondo. Una dimostrazione?
1) Chiamata dalla mamma, una bambina entrò frettolosamente nella stanza. Era allegra e graziosa, con le trecce bionde e grandi occhi in un visetto ridente. Il suo abito era nascosto da un mantellino di velluto dal cappuccio rosso. Prese il paniere pieno di ciambelline alle spezie che la mamma le porgeva e, con una risata gaia, promise spensieratamente che non si sarebbe fermata a parlare con nessuno lungo la strada.
Hm, sì. Dice quello che deve dire, ci introduce il personaggio… onestamente, se non ci fosse il cappuccio rosso a metterci sulla buona strada, non saremmo particolarmente colpiti da questa bambina, giusto? Riproviamo in un altro modo.
2) Cappuccetto Rosso entrò senza fiato per la corsa, guance rosse e occhi brillanti. “Pronta!” disse.
Con un sorriso indulgente, Mamma le liberò una treccia bionda dal lacciolo del mantellino di velluto rosso. “E mi raccomando…” ammonì, porgendole un panierino che profumava di zucchero e cannella.
“Non mi fermerò a parlare con nessunissimissimo!” la interruppe Cappuccetto, con una risata che pareva un trillo di rondine.
Tutta un’altra impressione, vero? Molto più vivido, molto più immediato, con le tre battute di dialogo, il profumo di zucchero e cannella, i nomi… Invece di leggere un elenco che pare un esercizio di traduzione dal Francese, vediamo caratteristiche e oggetti in funzione, per così dire: la treccia bionda e il mantellino s’impigliano l’uno nell’altra, dal paniere proviene il profumo delle ciambelle, e CR è senza fiato perché ha corso. E a dispetto di quel che sembra per via della divisione in paragrafi, l’esempio 2) conta qualche parola di meno.
Per cui, riassumendo: azioni specifiche, dialogo e dettagli sensoriali infondono vita alla scrittura; avverbi, voci verbali passive, discorso indiretto e termini generici l’appiattiscono.
Prezioso!
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