Shakeloviana

Shakeloviana: Un Pugnale Per Due

Df2A Dagger for Two, di Philip Lindsay, è un romanzo degli anni Trenta, talmente dimenticato che persino in rete se ne trovano scarse tracce. La mia copia ha la mia età, e l’ho comprata secoli orsono a Londra, su una bancarella di libri usati – ma la pubblicazione originale risale al 1932, quando il suo autore australiano si era da poco trasferito a Londra.

Ora, Lindsay era uno scrittore piuttosto prolifico – e anche piuttosto celebre, back in the day, specializzato in romanzi storici a tinte… non tanto forti quanto cupe. A Dagger for Two non fa precisamente eccezione, e ritrae un Kit Marlowe depressivo, insoddisfatto, temperamentale, con propensioni all’anarchia, alla violenza e all’autodistruzione.

Il tipo che procrastina tormentosamente, frequenta cattive compagnie for the hell of it, beve per dimenticare – nemmeno lui sa troppo bene che cosa – dà voce a qualsiasi idea perniciosa gli passi per la mente, si fa nemici con allarmante facilità, coltiva una relazione torbiduccia e colpevole con la moglie del suo mecenate (forse la più odiosa Audrey Walsingham che sia dato trovare in narrativa e teatro) e aspira alla redenzione in quella maniera tra vaga e frenetica di tanti personaggi di questo stampo.

Poi l’occasione di una vita migliore gli cade più o meno addosso nella persona della dolce (pur se traviata) Alice – a patto di riuscire a districarsi dal passato, da Audrey, dai falsi amici e dal servizio segreto… Ma ormai siamo nella primavera del 1593, e tutti sappiamo che Deptford incombe.

La trama di base è quella standard – post Hotson, con l’aggiunta della fittizia Alice, che assume un ruolo piuttosto centrale nella demise del nostro eroe. Di notevole ci sono la caratterizzazione – vecchio stile, ma tutt’altro che banale o edulcorata, piena di ombre e di spigoli – e la scrittura, che ha un gran bel ritmo e squarci descrittivi di vividezza notevole. C’è qualche turgore qua e là, se vogliamo, ma nulla di atipico per il genere e l’epoca – e anzi, direi meno della media.

In più, l’ambientazione è ben costruita e ben dosata, densa senza essere opprimente – e le scene ambientate a teatro sono una gioia. Nel complesso, un librino snello ed efficace, con l’occasionale sussulto purpureo – ma ricordiamoci che siamo negli anni Trenta.

E allora, perché tanto oblio?

Capita. C’erano questi autori di genere, spesso anche gente solida che sfornava decine di titoli nel corso di una carriera – cose scritte per la contemporaneità, il rapido consumo, le letture in treno. Discreta narrativa destinata… be’, a nulla di particolare, se non ad avere qualche successo e poi, superata dal gusto, a scivolare nel limbo dei libri che nessuno legge più.

Se volete divertirvi, leggete questa entusiastica recensione su The Bookman, datata febbraio 1933, e poi l’unica recensione che ho trovato su Amazon, il cui autore non ha nulla da segnalare se non le inaccuratezze storiche connesse al personaggio di Alice.

Enhanced by Zemanta

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...