Siede la Clarina e scrive. O meglio, ella revisiona. O meglio ancora, dovrebbe revisionare. All’atto pratico, appollaiata nel suo angolo di divano, la Clarina fissa ferocemente un pezzetto di Capitolo Terzo sullo schermo del computer. E intanto si mordicchia il labbro, e agita le punte delle dita a un paio di centimetri dalla tastiera.
L’ospite P, insediata in poltrona, legge. E legge. E legge.
La Clarina sospira.
E P legge.
E la Clarina mugugna.
E P legge.
E la Clarina geme.
E P chiude il libro e contempla per un pochino la Clarina e poi…
P. “Perché, o Clarina, fissi ferocemente un pezzetto del Capitolo Terzo, e ti mordicchi il labbro, e agiti le punte delle dita a un paio di centimetri dalla tastiera, e sospiri, e mugugni, e gemi? Eh? Perché?
C. “Sono bloccata. Mi serve una battuta fulminante…”
P. (prontissima) “Muori?”
La Clarina sussulta e si abbandona a un convulso di cachinni.
C. (tra un cachinno e l’altro) “Non… Non… non così drastica…”
P. (altrettanto pronta) “Be, allora Ti venisse un fulmine? È più soft, volendo.”
Eh. Volendo proprio tanto…
No, così. Perché queste cose a casa mia succedono davvero.
Dovevo mettervi a parte.