Questo non sarà un post lungo, ma contiene una chicca.
Ricordate quando si parlava di come nel mondo anglosassone Shakespeare si mantenga vivo anche a forza di elaborazioni, parodie, libri-game e, in generale, tutto fuorché la venerazione acritica e cieca?
Ecco, adesso Yahn mi segnala un altro esempio di questo – a mio timido avviso – invidiabilissimo rapporto con il Bardo. Si chiama William Shakespeare’s Star Wars (Verily, a new hope), ed è… be’, quel che dice l’etichetta.
Ian Doescher ha ri-raccontato la trilogia originale di Guerre Stellari in linguaggio shakespeariano. In versi. A cominciare dal prologo con la galassia lontana lontana, qui affidato al Coro – e via guerreggiando tra le galassie in pentametri giambici.
E ha trovato un editore in Quirk Books – che già in passato ha dimostrato di non aver particolare pudore nel fare il solletico ai classici…
Fantastica idea, spassosissima realizzazione – e poi vogliamo parlare della mentalità che sta dietro un’operazione del genere? La mentalità che, non mi stancherò di ripeterlo, salva i classici dal vegetare, venerati e non letti, sotto strati innumerevoli di vetro, polvere e fraintendimenti…
E sì, possiamo sperare, sospirare, e pregare le divinità preposte, ma intanto date un’occhiata al sito del libro, dove potete anche scaricare l’incipit (badate a R2-D2!) e vedere il trailer in cui la principessa Lei(l)a apostrofa l’assente jedi così: Obi Wan Kenobi, thou art my only hope!
E la Forza del Bardo sia con voi.
Ehm…. Il link del sito del libro è palesemente assurdo 🙂
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Non lo è più. Grazie.
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Fantastico!Ecco queste sono le cose che adoro!Vedi?Molto più divertenti queste iniziative che i soliti saggi di ricercatori che cercano novità e scoop nella vita del povero Bardo.Queste cose sì che tengono viva l’opera e lo scrittore attraverso il tempo (così tanto tempo!)Che poi il fatto che le opere di Shakespeare siano davvero stupende e non abbiano bisogno di tutto questo io ne sono convinta ma è anche un modo di avvicinare i lettori più giovani, di carpirli e poi stregarli con l’opera originale.
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A piacermi è il fatto che Shakespeare continui ad essere oggetto d’interesse, di dibattito, di domande, di sperimentazioni, di elaborazioni… e sì, anche di speculazioni su chi fosse. Fin che ci s’interroga, si strologa, si lavora e si sorride su un autore, l’autore non è lettera morta.
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