grillopensante · scrittura

“Il mio non è un libro intelligente…”

Cara Allieva,

in mancanza di termine migliore, ti chiamerò così, visto che hai seguito un mio corso e che mi hai mandato i compiti via email.

Uno dei primi esercizi che avevo assegnato, immagino che te ne ricordi, consisteva nello strutturare una trama attorno a una serie di punti narrativi fissati da me – il più nudo scheletro di una storia iniziatica.

Tu mi hai mandato il tuo lavoro, corredato di questa premessa:

Sto  scrivendo una storia, o per lo meno diciamo che ci sto provando, e l’ho inserita nell’esercizio B della prima lezione. Dalla lettura della trama capirà che si tratta più che altro di una storiellina alla “Federico Moccia” che non di un romanzo impegnativo e intelligente, ma mi piacerebbe comunque sapere cosa ne pensa e se ha dei suggerimenti per migliorarne la struttura.

Confesso che questo mi ha fatto subito levare un sopracciglio. Il destinatario di un’introduzione siffatta non può fare a meno di chiederselo: suppondendo che tu non sia insincera nel valutare il tuo romanzo, se tu stessa lo consideri una storiellina non troppo intelligente, perché credi che dovrebbe interessare a un editore o a un lettore? Certo non giova presentarsi come l’autrice del romanzo del secolo, ma è meglio non scivolare nemmeno nell’eccesso opposto.

Tuttavia, siccome ricordo fin troppo bene il tumultuoso momento delle prime volte in cui si sottopone il proprio lavoro agli occhi di un estraneo dotato di qualche competenza, mi sono ripromessa di darti qualche suggerimento tattico in proposito, ho aperto l’allegato e mi sono applicata alla lettura della sua trama.

La trama è ordinatamente suddivisa all’interno di una tabella, le cui colonne riportano a mo’ d’intestazione i punti del mio esercizio – e questo, alas, è l’unico legame evidente fra la traccia e lo svolgimento. La mia prima reazione è di lieve sconforto: sono stata così criptica e inefficace nell’illustrare trama e struttura? Ho dunque mancato del tutto il bersaglio nel tentare di trasmettere la teoria del punto di svolta in una narrazione? Può darsi, e allora mi cospargo di cenere il capo – ma perdonami se azzardo un’altra ipotesi. Può essere che tu abbia capito benissimo la teoria della lezione, ma poi ti sia lasciata prendere la mano dal desiderio di mostrarmi il tuo lavoro? Se è così, lascia che ti suggersica, la prossima volta, di non avere fretta: prima fai gli esercizi come si deve, mostra che hai capito ciò che dovevi capire, e poi l’insegnante sarà ben lieta di dare un’occhiata al tuo lavoro.

E tanto negli esercizi quanto nel sottoporre la sinossi del tuo manoscritto, stai bene attenta alla sintassi, alla grammatica, alla battitura. Sono solo esercizi? Vero – ma esercizi in una disciplina le cui basi fondamentali sono proprio sintassi e grammatica. Oggi l’insegnante del corso di scrittura creativa si limita a farti notare la magagna; domani l’editor si chiederà: se non riesce a concordare soggetti e verbi in una sinossi di 250 parole, come può scrivere professionalmente un intero romanzo? Bada, è del tutto possibile che tusappia benissimo come concordare soggetti e verbi, ma allora vuol dire che non ti sei presa la briga di ricontrollare ciò che hai scritto prima di mandarmelo e, nel nostro campo, la sciatteria è un peccato tanto grave quanto una sintassi traballante. Tu e io, cara Allieva, scriviamo: per noi la forma è sostanza, e non dar retta a chi dice il contrario.

Ti ho rispedito l’allegato con qualche annotazione sulla struttura del suo romanzo – facendo notare però che non avevi svolto l’esercizio e che la forma era imprecisa, ripromettendomi una buona chiacchierata di persona dopo la lezione successiva…

Però tu non sei più venuta, né alla lezione successiva né ad alcuna delle altre. Posso solo immaginare che la mia risposta ti abbia offesa e scoraggiata, e me ne dispiace molto. Spero di non averti dissuasa dal coltivare la scrittura. Se non è stato così, se sei decisa a continuare, se fai sul serio, permettimi di offrire qui qualche consiglio che non ho avuto modo di discutere di persona:

* Non minimizzare o disprezzare il tuo lavoro. Mai. Fallo leggere ad altri solo se credi che ne valga la pena – non solo quando è perfetto, ma solo quando è, per lo meno, qualcosa a cui tieni, per cui sei disposta a lavorare, imparare e migliorare. Se pensi davvero il contrario, allora non è qualcosa che dovresti far leggere ad altri.

* Fai quello che ti viene richiesto di fare: un interlocutore deve poter capire che hai capito, altrimenti dialogare diventa difficile e improduttivo. Una volta instaurati dialogo e reciproca comprensione, il resto verrà.

* Non lo ripeterò mai abbastanza: in fatto di scrittura, la forma è sostanza. La migliore delle idee non farà di te una scrittrice, se non la sai trasmettere al lettore in modo chiaro, elegante e avvincente.

* Le critiche fanno male, e credi: non ci si abitua mai. Tuttavia, se vuoi scrivere ed essere letta, abituati all’idea che le critiche verranno sempre. Imparare a distinguere quelle costruttive da quelle gratuite è un primo passo importante.

In conclusione, cara Allieva, scrivere è un’arte, ma è anche un mestiere. Scrivi, leggi, studia, lavora sodo, con passione, con umiltà, con rispetto del lettore.

Ti auguro ogni bene,

Chiara

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