Teatro chiuso, scuola di teatro chiusa, eventi in libreria sospesi… Il debutto de Le Donne di Ravensbrück, previsto per l’altra sera, è stato rimandato, così come i rimanenti Lunedì del d’Arco – compreso il mio, che doveva andare in scena questa sera – e il nuovo Palcoscenico di Carta…
Non so voi – ma la mia agenda è una costellazione d’impegni cancellati, sospesi, rimandati sine die. Siamo, d’altronde, in Zona Arancione, questa specie di limbo virale, invitati pressantemente a non muoverci di casa, se non per necessità.
Mi confesso tra i fortunati: teatro a parte, editare, scrivere e tradurre son cose che si fanno tranquillamente da casa – e anzi, si son sempre fatte, nel mio caso di Partitina IVA. Seduti al computer di casa, si può quasi fare finta che non stia succedendo nulla di allarmante, nevvero? Poi però quel che manca, e che lascia tutto questo tempo vuoto, sono prove, spettacoli, lezioni…
E allora si riordinano libri e carte, s’intacca la To Read List, si tolgono erbacce dal giardino, si accelera sui progetti in corso e se ne riconsiderano di accantonati, si spolvera, si rimugina sull’umana natura, si fanno piani per lo stagno – quando la temperatura consentirà di starsene con le mani nell’acqua fino al gomito…
E poi si attende.
È una strana vita, in molti modi. Chissà che aspetto avrà, vista da una distanza di venti, cinquanta, cent’anni? Come la racconteranno alla prole quelli che adesso sono pargoli in vacanza forzata? Ci sarà l’equivalente di un servizio del TG a dire “Cinquant’anni fa scoppiava l’epidemia di Coronavirus”…? Comparirà affatto nei libri di storia del secolo Ventiduesimo?
Voi che ne dite, o Lettori? Come credete che apparirà tutto questo, visto da lontano?