Scusate, mi ero distratta…
Berio e Boccherini. O la Spagna secondo Boccherini secondo Berio.
Because reasons.
Buona domenica.
il Blog di Chiara Prezzavento
Scusate, mi ero distratta…
Berio e Boccherini. O la Spagna secondo Boccherini secondo Berio.
Because reasons.
Buona domenica.
Quattro Madrid diverse, e sono solo quelle che ho attraversato oggi – e forse nemmeno tutte:
– da Plaza de la Puerta del Sol alla Plaza de Cibeles per la Calle de Alcalà, con un’occhiata alla Gran Via: ministeri, grandi alberghi, ambasciate, il Congreso de Diputatos, banche e, soprattutto, enormi, imponenti palazzi sovrastati da angeli, leoni, quadrighe, cavalli alati ed altri simboli di grandezza. Un unico monumento alla Madrid imperiale (costruito in buona parte mentre l’Impero andava in rovina).
– il quartiere di Lavapiès: qui i palazzi sono orridi o decaduti, le botteghe di parrucchiera e i negozi di riparazioni si mescolano agli empori cinesi e ai kebab, zaffate di spezie cotte aleggiano nei portoni e la popolazione è multicolore. Vivo alla sua maniera, disordinato e pittoresco, e squallido e variopinto, e allegro e sudicio. A metá strada tra la globalizzazione e la Spagna picaresca.
– la chiesa di San Gines, sulla Calle de Arenal. Chiesa del Siglo de Oro, barocco molto bianco per la navata e cappelle laterali che sono un tripudio di marmi colorati, oro e luce, in un contrasto vivo e drammatico. Niente a che vedere con il neogotico (bruttino) della Cattedrale dell’Almudena, che però riprende lo stesso schema di bianco e accenti dai colori vivaci. Nell’una come nell’altra, gente in preghiera e infinite cassette per le elemosine.
– la gente a cena nei tapas bar del quartiere La Latina. Tra taberne madrilene, basche o galleghe, bar di cromo e vetro, catene e rosticcerie con ventana sulla strada, dalle nove in poi si muovono turisti e indigeni di varia etá. Tutti mangiano croquetas e tortillas, tutti bevono birra, vino e l’occasionale sangrìa, tutti fumano, tutti parlano a voce altissima fino a tardi – molto tardi.
Madrid non è una bella città: è imponente, è vivace, è affollata, è varia. Ne riparleremo. Adesso vado di corsa all’aeroporto – vacanza finita, ci risentiamo da casa.
Giornata d’arte, ieri – passata tra il Museo Thyssen-Bornemisza e il Prado, in un caleidoscopio di più meraviglie di quante ne possa ricordare al volo. Tanto Goya, naturalmente, dai coloratissimi cartoni per gli arazzi destinati al Principe delle Asturie all’inquietante periodo della pintura negra, passando per l’epica tragicità del Dos de Mayo e per i bellissimi (e tutt’altro) che lusinghieri ritratti. Credo che ricorderò quello bellissimo e toccante di Maria Teresa, contessa di Chinchon, timida principessa reale offerta in moglie al potentissimo ministro Godoy. Oh, e al Prado è abbastanza inutile chiedere lumi ai pur gentili custodi di sala: interpellato su una direzione, uno di loro ha detto alla mia amica di andare “siempre derecho, and then left,” e intanto gesticolava verso destra. Vi farà piacere sapere che nonostante questo abbiamo trovato i Raffaello e i Tintoretto che cercavamo.
Al Thyssen c’è una collezione estremamente varia, ma la meraviglia sono i Fiamminghi: Rubens, Van Dyck e Rembrandt, e non solo, con un diluvio di meravigliosi ritratti. A proposito di ritratti, c’è un fantastico Gainsborough… ho chiesto se me lo lasciavano portare a casa, ma mi hanno detto di no. Ci sono anche un paio di Caravaggio, diversi Sargent, il celebre Carpaccio con il Giovane Cavaliere e, se devo essere sincera, adesso comincio a fare confusione tra Prado e Thyssen, Thyssen e Prado… Troppe cose belle in un giorno solo, anche se tra l’uno e l’altro ci siamo concesse una pausa al Parque del Buen Retiro, con il suo stagno rettangolare, quello che forse è l’unico monumento a Lucifero in tutto il mondo e la Rosaleda, un roseto che vale la pena di essere visto persino in settembre – che cosa sarà a maggio?
Madrid è una città verde, piena di giardini e con tanti viali alberati, e dè una città dove, in apparenza, tutti mangiano fuori in continuazione. Seguendo i locali si può finire a colazione nella pasticceria che fu di Pio Barroja, e a cena nel seminterrato di una deliziosa, rumorosa e allegra taberna di Latina, dove tengono le olive in piccole giare di coccio.
Ecco. Oggi giornata di esplorazione cittadina. Strano ordine in cui fare le cose, lo ammetto. Che dire? E’andata così.
Questo comincia a sembrare un viaggio di ritardi e di attese. Non si sa come e perchê, ma un’attesa alla stazione di Atocha non e’ nulla di particolarmente ricreativo. A dire il vero, nemmeno il viaggio lo e’, nelle temperature siberiane delle ferrovie iberiche… Oltre i finestrini sfilano sessanta km di colline brulle, erba bruciata, alberi dall’aria polverosa. La ferrovia è scavata tra roccia rossiccia e muretti a secco, il cielo è azzurrissimo, con qualche pennellata di nuvole sfilacciate dal vento. Non è bello in senso stretto, ma è molto la Spagna come la si immagina: non è difficile immaginare il convoglio reale di Filippo II in viaggio, lento e nero, attraverso questo paesaggio – oppure una colonna di soldati napoleonici in marcia.
E poi S. Lorenzo del Escorial. Non ho citato Filippo a caso, prima. Il posto è simbolico dell’animo del suo costruttore: una mole austera e solitaria di granito grigio che racchiude collezioni d’arte e di progetti architettonici, la magnificenza gelida del Panteòn – tutta nera, oro e porpora – una sterminata biblioteca, giardini pieni di luce, file di tombe di Infantes, una basilica dove tutto è sacrificato alla maestosità dell’insieme e sale progettate per poter ammirare il tramonto dalle finestre, tra le quali sono appesi i quadri che celebrano la “pacificazione” delle Fiandre. L’uomo è lì, nelle contraddizioni del posto che ha creato.
Poi ci si ritrova faccia a faccia con i ritratti: Filippo, Carlo V, Don Juan de Austria, Doña Maria di Neuburg (l’eroina del Ruy Blas) e il suo orrido marito, Carlo II…
Adesso mi fermo e parto in direzione Prado.
Lo sciopero dei controllori di volo francesi e le conseguenti due ore di ritardo mi hanno derubata di parte del mio primo pomeriggio spagnolo. Tuttavia, ne è rimasto abbastanza per vedere che Madrid e’ vivace, animata e molto ventosa – e che trovare un caffe’ decente non è’ facile.
Nuestra Señora del Consejo e` una bellissima chiesa barocca e imponente, del barocco austero e luminoso dei Gesuiti. Un tempo e’ stata cattedrale della cittá, poi sostituita dall’Almudena. Vi si celebrano devozioni dai nomi meravigliosi come el Gran Poder, Nuestra Señora de la Fuensanta e el Santisimo Cristo de la Buena Muerte. Sulla cassetta delle elemosine sta scritto La parte de Dios y de mi hermanos. Nella Capilla de San Isidro, deliziose anziane signore – membri della Real y Muy Primitiva Congregacion e orgogliosamente Gatas, vale a dire madrilene veraci – raccontano la storia del Santo con colorita passione. In qualche modo sembra strano che una capitale abbia per patrono un santo contadino, vero?
E poi in giro nel vento, con i mangiafuoco in Plaza de la Puerta del Sol e i suonatori di chitarra agli angoli delle strade.
E adesso via, con destinazione El Escorial.
E così parto.
Dopo un’estate passata tra il computer e la sala prove, mi prendo una vacanz(in)a e, mentre leggete questo, sono in viaggio per Madrid. Cinque giorni compresi i viaggi, il che vale a dire davvero poco tempo e solo bagaglio a mano, ma non vedo l’ora.
I programmi, al momento comprendono una giornata intera al Prado e una all’Escurial, sulle tracce di Filippo II che, dite quel che volete, a me piace tanto. Mi piace in Schiller, mi piace in Verdi – mi piace un po’ meno in Foscolo, Otway e Saint-Real, per dire il vero – e mi piace storicamente. L’altra sera passeggiavo tra le legioni romane sconfitte da Annibale, domani o dopo visiterò l’Avello dell’Escurial* e, siccome anche il Palacio Real è in programma, le sale in cui si aggiravano Filippo, Elisabetta di Valois, Ana Mendoza e tutti gli altri (tranne il Marchese, si capisce).
“Riposati,” mi si è detto stamattina, sentendo che partivo. Non credo che sarà la vacanza più riposante del mondo, perché ci sono troppe cose che voglio vedere, troppa storia, troppe storie, troppi palazzi, troppi musei, troppi giardini e troppo poco tempo – e tra un Velazquez e una tomba reale, vorrei avere anche il tempo per quelle cene tardive a tapas e sangrìa, per fare un po’ di esercizio di Spagnolo e per badare all’atmosfera della città.
Pretty tall order, ma vi terrò informati. Connessioni permettendo, da domani e per alcuni giorni, cominciano le Cartoline da Madrid.
Hasta luego!
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* Potrei trattenermi, dovrei trattenermi – ma non lo faccio. “Dormirò sol sotto la volta nera, là nell’avello dell’Escurial”, cantava Ruggero Raimondi nei panni di Filippo… e Jane (inglesissima di Bath e studentessa di Law and Italian), si tolse la cuffia e mi guardò dubbiosa. “Lah neyl lavello? He wants to sleep in the sink?“