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Indovina Chi Viene a Cena

Il cibo è uno dei piaceri della vita oltre che il nutrimento indispensabile del nostro corpo. Ma è anche sostanza dello spirito quando diventa letteratura, pittura, scultura, musica e… teatro. Perché il cibo è arte, in cucina, sulla tavola e non solo.

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Il Rumore delle Ali e l’Aviatore

Poteva l’ambizioso Icaro essere felice di una vita faticosa a terra,

una vita di aratri e di buoi dal passo lento,
dopo aver provato anche una volta sola l’estasi senza remore del volo?
E.A. Bucchianeri

Ed ecco che, dopo il successo di Al Gat in Cantina, la stagione del d’Arco procede con due storie di volo…

Stavo per scrivere “di umanità in volo” – ma in realtà non è proprio così. Non solo così.

L’Aviatore è tratto da un racconto di Frederick Forsyth… sì quello del Dossier Odessa, del Giorno dello Sciacallo. Con questa storia era in uno strano mood. La scrisse, a quanto pare, per una mezza scommessa con la moglie, che voleva una storia di Natale. Forsyth l’accontentò con la vicenda di un giovanissimo tenente pilota della RAF che, in una notte di Natale dei tardi anni Cinquanta, decolla da solo per tornare a casa in licenza.

cosa può mai succedere? Sessantasei minuti di volo, ottanta di carburante, luna piena, è nevicato tutto il giorno… sarà come volare su una mappa in bianco e nero…

Ah, la baldanza della gioventù! E naturalmente le cose cominciano a succedere in terrificante abbondanza, e il nostro Tenente dovrà fare i conti con la paura, con la più terribile delle solitudini, con se stesso – e… con qualcosa di del tutto inaspettato.

I personaggi del mio Il Rumore delle Ali, invece, non volano affatto. Sono inchiodati a terra, ad aspettare notizie che sembrano non arrivare mai… Nel luglio del 1937 la celebre aviatrice Amelia Earhart, insieme al suo navigatore Fred Noonan, sta tentando una trasvolata del Pacifico. Le difficoltà sono numerose, e le comunicazioni complicate… A San Francisco, al quartier generale della Guardia Costiera, il marito e la madre di Amelia e la moglie di Fred condividono l’attesa sotto l’occhio vigile del giovane tenente Wilde.  E via via che la situazione si fa più incerta, emergono tensioni, risentimenti e paure…

…Tenersi tutto dentro – e aspettare a terra. È la cosa più difficile.

Che ne è di quelle persone che, per ogni grande impresa, aspettano nell’ombra, senza poter fare altro che sperare e temere?

Due storie diverse, due sfaccettature del rapporto fra l’uomo e le sue ali meccaniche… Icaro in volo, e Dedalo che si torce le mani a terra.

Unitevi a noi in un volo attraverso l’animo umano, tra avventura, mistero, coraggio, paura, sorrisi e commozione – dal 26 novembre al 19 dicembre.

I biglietti si possono…

  • acquistare direttamente presso la biglietteria del Teatrino di Palazzo d’Arco aperta dal giovedì al sabato dalle ore 17:00 alle ore 19:00;
  • prenotare telefonando al n. 0376 325363 (sempre dal giovedì al sabato dalle ore 17:00 alle ore 19:00)
  • prenotare scrivendo al nostro indirizzo di posta elettronica biglietteria@teatro-campogalliani.it

(E vi sussurro una cosa: ne Il Rumore delle Ali recita anche la vostra affezionatissima Clarina…)

 

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Chiusi – di nuovo

Non so, immagino che fosse solo questione di tempo – ma non per questo ci ha fatto meno male…

A partire da oggi i teatri sono chiusi di nuovo, per un mese. Almeno per un mese. Francamente, nella situazione in cui siamo, è difficile dire come potranno essere le cose di qui a quattro settimane, giusto?

E noi eravamo ripartiti da poco. Avevamo aperto la stagione, con un sacco di lavoro, spirito di adattamento e una buona dose di ottimismo. Tutto molto diverso da com’era stato fino al febbraio scorso – ma ce l’avevamo fatta, e Mai Stata sul Cammello stava andando bene…

Così abbiamo chiuso il sipario, spento le luci, riorganizzato prove e lezioni in teleconferenza. Perché l’intenzione è di non fermarsi affatto. Di mantenere in vita didattica e stagione – e benedetta sia la tecnologia che lo permette. E di riprendere alla fine di novembre con il Cammello, e portarlo fino a Santa Lucia, e poi il 18 dicembre debuttare con lo spettacolo successivo, che è Il Rumore delle Ali & l’Aviatore.

Per il momento il nostro amato Teatrino è chiuso – e, comunicazione di servizio, se avevate prenotato dei biglietti, sarete contattati in proposito – ma saremo pronti a riaprire nell’istante stesso in cui sarà possibile. A riaprire, a ricominciare, a riportare in scena l’umanità nelle sue sfaccettature, nei suoi timori e trionfi, e luci, e ombre…

Mai come adesso c’è bisogno di noi, non credete? E allora saremo responsabili e seguiremo le regole, com’è necessario – ma guardiamo avanti, al momento di aprire il sipario e accendere le luci.

Arrivederci in Teatrino, o Spettatori. Arrivederci a presto.

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Horror Tales II – Il Ritorno

E siccome le notti si allungano, Halloween si avvicina e il Velo si assottiglia, noi (ri)proponiamo una serata di storie spaventose, buio e terrori misti assortiti.

Immaginate di svegliarvi… e non svegliarvi affatto – o meglio, voi siete svegli, ma il vostro corpo no, e la famiglia ne trae le peggiori conclusioni…

E immaginate di far da istitutrice a una bambinetta solitaria, con un padre alcolizzato, l’Enciclopedia Britannica e una fantasia morbosa a tenerle compagnia.

E immaginate anche di essere chiusi in manicomio – ancora per una settimana, un’ultima settimana e poi la libertà… ammesso che ci arriviate vivi!

Perché alla fin fine – oggidì come nella Francia tardottocentesca e nell’America degli anni Quaranta – la cosa più spaventosa è la stessa: nessuno che ascolti!

Quindi… lasciate che vi spaventiamo! Vi aspettiamo in Teatrino mercoledì sera. L’ingresso è gratuito e non si prenota: arrivate per tempo!

Lunedì del D'Arco · teatro

Dentro le Fiabe al D’Arco: La Vecchia Scorticata

VecchiaTornano i Lunedì, stasera. Torniamo a esplorare le fiabe, a raccontarle e a usarle come finestre per sbirciare dentro la psiche umana…

Questa settimana tocca a Gian Battista Basile, raccontatore secentesco, collezionista di storie nel suo Cunto de li Cunti, con un gusto per il grottesco, il misterioso, il pittoresco… D’altronde, è di barocco che parliamo – e di barocco napoletano per di più.

Marina Alberini ha scelto La Vecchia Scorticata, storia di amori attraverso una porta o nel buio, d’inganni e di artifici, d’invidia punita – fino al magico colpo di scena…  perché qui forse non è tanto la virtù a trionfare quanto la furbizia e il caso, ma di certo il “vizio” è punito con ferocia barocca e irridente…

24Ne avranno di cose da dire, dopo, gli amici di Libera Freudiana Associazione!

Ci vediamo a teatro questa sera – e la raccomandazione è sempre la stessa: arrivate con buon anticipo, o rischiate di non trovare posto!

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Also: i posti per Canto di Natale vanno a ruba… se volete vederlo (e io ve lo consiglio), affrettatevi a prenotare! La biglietteria è aperta nei giorni feriali, dal mercoledì al sabato, dalle ore 17:00 alle ore 18:30. In questi orari si prenota per telefono (o via fax) allo 0376 325363; in alternativa si prenota per posta elettronica a questo indirizzo: biglietteria@teatro-campogallian.it

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Campogalliani 18/19: la Stagione

Ed eccoci qui, ci siamo quasi. Tra una settimana o giù di lì il Teatrino d’Arco riaprirà i battenti per trasformarsi, come ha detto la nostra presidente Francesca Campogalliani, in trincee, castelli, stradine londinesi, boschi misteriosi- e ogni genere di altro magico, triste, magnifico o buffo luogo…

Il teatro non è una macchina del tempo: è una macchina dell’irrealtà, che crea fette di mondi – veri per il tempo che passa e finge di passare tra un sipario e l’altro.

E per i suoi settantadue anni, la Campogalliani ne esplora in abbondanza, di questi mondi: un sacco d’Inghilterre diverse, a ben pensarci – alcune delle quali non esistono più o non son mai esistite – due Americhe, due guerre, la mente umana, e i luoghi senza tempo dell’immaginazione…

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Che ne dite? Vi sembra un viaggio interessante? Vi punge l’uzzolo di unirvi a noi? Ne avete abbondanza di occasioni.

Come vedete, ci sono storie che tornano e storie nuove – e tra queste vado particolarmente orgogliosa di Canto di Natale… ne riparleremo.

Per ora vi ricordo che la biglietteria è aperta nei giorni feriali, dal mercoledì al sabato, dalle ore 17:00 alle ore 18:30. In questi orari si prenota per telefono (o via fax) allo 0376 325363; in alternativa si prenota per posta elettronica a questo indirizzo: biglietteria@teatro-campogallian.it

Vi aspettiamo a teatro!

 

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Fantasmi e Spiriti

E ci siamo: venerdì 7 aprile debutta al Teatrino d’Arco il nuovo Fantasma di Canterville dell’Accademia Campogalliani*.

Il Fantasma Tormentato che si aggira per l’Antica Magione nella Campagna Inglese è un classico tra i classici, giusto? Ma che succede quando lo spettro, con le sue catene rugginose e macchie di sangue, si scontra con l’indomito (e più che un pochino stolido) positivismo americano?

Venite a scoprire che cosa ne pensa Oscar Wilde – adattato e tradotto per le scene dalla vostra affezionatissima:

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Le date sono il 7, 8, 9, 21, 22 e 23 di aprile – un breve giro di repliche – ma Sir Simon, l’irrepressibile famiglia Otis e lo staff molto gotico di Canterville Chase torneranno quest’estate al Parco delle Bertone e poi di nuovo nella stagione 2017-2018.

Prenotazioni dal mercoledì al sabato, tra le 17 e le 18.30, al numero 0376 325363, oppure via mail all’indirizzo biglietteria@teatro-campogallian.it.

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IMG-20170318-WA0001Oh – e per restare in tema di spiriti, questa sera c’è Inchiostro & Vino.

“I popoli del Mediterraneo cominciarono a uscire dalla barbarie con la coltivazione dell’ulivo e della vite,” diceva Tucidide – e diceva molto sul serio. Basta vedere quanto e come scrive di vino Omero. E basta pensare che Roma consumava 180 milioni di litri di vino l’anno – senza contare gli schiavi…

Ne parliamo questa sera all’Enoteca di Porto Catena.

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* Cui, tra l’altro, vanno i complimenti per il recentissimo Premio Maschera d’Oro a Vicenza…

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Delitto e Castigo

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Immagini c/o Teatro Campogalliani

Dostoevskij a teatro? Quegli enormi, intricati romanzi fatti per lo più d’interiorità tormentata?  Sembra un’idea da far tremare i polsi, nevvero?

Ebbene, sono vagamente (e piacevolmente) stupita di scoprire che in Italia esistono ben due versioni teatrali di Delitto e Castigo, nientemeno. E su una delle due, quella di Glauco Mauri, è caduta la scelta di Maria Grazia Bettini, regista e direttore artistico dell’Accademia Campogalliani, per l’apertura della stagione regolare nel settantesimo anniversario della compagnia.

Scelta audace – per la difficoltà del testo e perché, diciamolo, non è facile portarsi in giro Dostoevskij. Ma Grazia era affascinata dall’attualità di certi temi – un certo superomismo alla russa, l’idea che qualche forma di superiorità intrinseca giustifichi il crimine… – e dalla natura teatrale del rapporto tra il protagonista Raskol’nikov e il Giudice Porfirij, fatto di dialoghi, silenzi, menzogne e reti tese. E così ha scommesso sull’autore “difficile”, sulla riduzione di Mauri, sulle sue idee, sui suoi attori… E ha vinto. ASI

Questo Delitto e Castigo è uno spettacolo teso, denso, asciutto, pieno di ritmo e di tensione. Raskol’nikov e il Giudice si girano attorno, si studiano, si attirano allo scoperto, si tendono trappole a vicenda – ma è chiaro fin da subito che Porfirij sa esattamente dov’è diretto, mentre Raskol’nikov annaspa nel suo stesso buio, spaventato e delirante, aggrappato alle sue teorie ma inconsciamente bisognoso di essere scoperto, perso tra un’arroganza maldestra e il disgusto per la meschinità di tutto.

È una partita a scacchi ineguale, in cui uno dei giocatori si sfilaccia – mente e nervi – scena dopo scena.

CatturaE gli interpreti sono superlativi. Diego Fusari è tutto scatti, terrori, impeti, controllo che sfugge, con una gradualità, una finezza e una profondità meravigliose. E Adolfo Vaini disegna alla perfezione l’umanità amara e lucida del giudice, e l’apparenza di bonomia non perde mai il suo filo malinconico. Menzione d’onore anche ad Alessandra Mattioli, Sonja dolente e luminosa.

Questi tre e pochi altri bravi Daniele Pizzoli, Michele Romualdi e Andrea Frignani) Maria Grazia Bettini muove con raffinata sobrietà nel riquadro grigio di muri cadenti e porte polverose, che le belle luci di Giorgio Codognola trasformano di volta in volta in stanzette d’affitto, stazioni di polizia, strade notturne e luoghi della mente… Il meccanismo è perfetto, la tensione non cala mai un attimo, e due ore volano in questa esplorazione delle regioni cupe dell’animo umano. Uno spettacolo magnifico.

(Delitto e Castigo resta in cartellone al Teatrino d’Arco fino al 18 dicembre).

 

 

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Campogalliani70 – Intervista a Francesca Campogalliani (parte II)

MrsHE rieccoci con Francesca Campogalliani, proprio ieri sera deliziosa Signora Higgins nella ripresa al Teatro Sociale del fortunatissimo Pigmalione diretto da Grazia Bettini.  Abbiamo parlato della nascita e dell’evoluzione dell’Accademia, e di una felicissima carriera iniziata come regalo di maturità, sotto minaccia materna d’interruzione alla prima bocciatura universitaria – bocciatura che non venne mai, per fortuna. Ma questa madre che non minacciava a vuoto mi ha incuriosita…

La sua mamma non era coinvolta nelle attività dell’Accademia?

Assolutamente no. Mia mamma aveva due lauree in materie scientifiche ed era del tutto estranea al mondo dell’arte. I miei hanno avuto una vita bellissima, per loro stessa ammissione, anche perché non sono mai entrati troppo l’uno nel lavoro dell’altro. In casa c’erano ruoli molto definiti: mia mamma era un’organizzatrice perfetta, e mio padre non sapeva niente della vita pratica, e sono andati  benissimo così. Lui ha potuto svolgere il suo lavoro a un metro da terra perché mia mamma glielo ha permesso. Non si è mai fatto una valigia, non ha mai prenotato un aereo – e come stessero le cose si è visto fin dal primo appuntamento, quando è andato a prendere mia madre nella farmacia sbagliata. Da parte sua, mia mamma lo ha seguito nelle sue attività, ma per lo più non distingueva un baritono da un tenore.  In casa si è sempre detto che in due facevano una persona completa.

E chissà se una complementarità di caratteri ben assortiti non sia anche uno dei segreti della vostra ottima e lunga riuscita. Se non sbaglio, settant’anni fanno di voi la più longeva compagnia amatoriale d’Italia: che cosa è cambiato in questi decenni, e cosa è rimasto immutato?

Sono rimasti i principi secondo i quali l’Accademia è stata fondata. Nessuno di noi viene remunerato in alcun modo. Se uno di noi occupa un posto regolare paga il suo biglietto. C’è una grande correttezza reciproca su cui nessuno ha mai discusso. Non è cambiato l’impegno, e non è cambiata la passione… Quel che è cambiato è che tutto è diventato più intenso e impegnativo. La qualità è sempre quella, ma un tempo – prima che questo teatrino fosse un teatrino – una commedia si faceva una volta o due al Sociale, poi si andava una volta a Pesaro, a Montecarlo, a Vichy – e tutto finiva. Non c’era la stagione che si è andata consolidando e allungando nel tempo, e c’era per lo più un regista unico, Aldo Signoretti. Adesso, con due registi e numerosi attori, possiamo diversificare i cast e fare tre o quattro titoli nuovi ogni stagione – e naturalmente insieme all’impegno si sono moltiplicate le necessità organizzative e di comunicazione. La sostanza non è cambiata – ma i modi sì. Gli ideali della fondazione sono rimasti intatti – e non è cosa da poco.

Prima accennava al teatrino. Come ci siete arrivati?about_2

Nei primi anni Cinquanta la marchesa d’Arco ha ceduto questa, che era la scuderia. Il pavimento era tutto a livello del palcoscenico, e noi l’abbiamo presa in carico come sala prove. Poi pian piano, a nostre spese, abbiamo fatto scavare il pavimento e aggiunto le sedie, abbiamo acquisito i camerini, i servizi, la parte di sopra e, dopo varie fasi a seconda delle necessità e del gusto, nei primi anni Settanta era già tutto più o meno come lo si vede adesso. E tengo a dire che l’abbiamo sempre tenuto perfettamente a norma – un impegno non da poco. Noi troviamo che abbia un calore e un’atmosfera particolari. C’è un rapporto speciale tra palco e platea, qui. Addirittura, quando siamo in un teatro grande il pubblico ci sembra così lontano…

Posso dire che vale anche dal punto di vista del pubblico: venendo qui molto spesso mi sono abituata a quel calore tra palco e platea di cui parla – e ne sento la mancanza in teatri più grandi. E credo di non essere la sola: tutta Mantova ha un rapporto speciale con la Campogalliani.

st_014_05Ogni anno vengono qui più di quattromila spettatori. Un discreto numero, perché qui i posti sono 64, e quindi significa tante serate a platea piena. D’altra parte, la Campogalliani è stata parte del tessuto culturale cittadino in modo continuativo fin dal ’46 – anche perché a suo tempo ha raccolto in sé le filodrammatiche che c’erano prima della guerra. Il contatto con la vita culturale cittadina c’è sempre stato. Le istituzioni non si sono sempre occupate di noi, devo dire. Ma c’è di buono che questo ci ha resi liberi, ci ha dato facoltà di fare qui quello che volevamo e vogliamo – nella scelta dei testi, dei tempi, della programmazione… in tutto. Però abbiamo collaborato con il comune e con tante associazioni – non soltanto in questo anno così particolare – e l’abbiamo sempre fatto con piacere. Io ho una grande nostalgia della collaborazione davvero esemplare con l’Accademia Virgiliana, durante la presidenza del professor Zamboni. Oltretutto c’erano degli intenti comuni, un senso di servizio fatto alla città che non sempre si trova. Giorgio parlava della necessità di unire le forze per creare di più. Noi non avremmo mai fatto D’Annunzio, se non fosse stato per lui – e forse avevamo qualche dubbio in partenza, ma fin dalla prima prova il testo ci ha sedotto. E il pubblico ha risposto davvero molto. E poi c’è stato Bibi e il Re degli Elefanti, e Di Uomini e Poeti… Secondo me Giorgio Zamboni vedeva lontano, e chissà con che cosa avremmo continuato. Un bell’esempio di collaborazione tra istituzioni – ammesso che noi possiamo considerarci un’istituzione.

Senza dubbio un’istituzione di fatto, come minimo…

Sì, direi che con la Campogalliani Mantova ha un bell’esempio di quello che possono la passione, la volontà, la cultura teatrale in mano a persone che veramente sanno ricreare e diffondere gli onori del palcoscenico. Abbiamo sempre perseguito un’opera di diffusione culturale, e il pubblico di Mantova e provincia ha sempre riconosciuto il nostro impegno. Questo è fondamentale, perché il pubblico per noi è l’altra metà del cielo, e ci ha sempre, ma proprio sempre gratificati e seguiti – e non è cosa da poco. Credo che un po’ ce lo siamo meritato. Lo dico senza falsa modestia, perché la falsa modestia è un peccato quasi capitale. Ci siamo fatti un nome e un seguito – e qui si sperimenta una vita particolare, sembra di vivere due volte.

E con questo abbiamo finito. Grazie, Francesca, e buon lavoro nell’intensissima stagione, nelle celebrazioni del settantennale e negli eventi di Mantova Capitale. A prestissimo. E la settimana prossima tocca a Maria Grazia Bettini.

posti · Somnium Hannibalis · teatro

Un Regno per Scenario – ovvero, lo Spirito dei Luoghi

 

2PTeresianaParlavamo qualche tempo fa del potere degli oggetti di scena, vero?

Ebbene, Il Testamento di Virgilio alla Teresiana, sabato pomeriggio, mi ha ricordato con una certa energia che il potere dei luoghi non è affatto da meno. E questa volta non sto pensando ai luoghi ricreati dallo scenografo – quella è un’altra faccenda. No, ho in mente i luoghi in cui si recita.

I teatri prima di tutto, s’intende. I teatri sono luoghi deputati a contenere rappresentazioni, pensati e costruiti per essere funzionali a quella specifica attività – e fin qui siamo tutti d’accordo. Poi ci si può dividere sul fatto che alcuni teatri siano più teatri di altri, o quanto meno su quali lo siano di più. A volte è una questione di antica tradizione, a volte invece di atmosfera, consuetudine, pubblico, chimica – o magari di quelle cose che ci sono in cielo e in terra, più che in tutta la filosofia. E immagino anche che per lo più sia una questione molto soggettiva.

Per dire, adoro la Scala, Covent Garden, L’Opera di Roma e quella di Vienna e, contro ogni aspettativa, l’Arcimboldi, mentre l’Opera di Torino e quella di Firenze mi lasciano freddina, e detesto di cuore l’Opernhaus di Zurigo – nonostante ci abbia visto un magnifico Onegin. Ricordo con affetto il New Theatre di Cardiff e il Noël Coward a Londra, e al Romano di Verona sono ambientati alcuni tra i miei più meravigliosi e miliari ricordi teatrali.3750945359

Posso soltanto immaginare che funzioni come, in piccolo, funziona per me con tre teatri di Mantova e Provincia: il Bibiena è bellissimo a vedersi, in teoria una cornice perfetta per quasi tutto – ma non posso  e non ho mai potuto fare a meno di trovarlo un pochino freddo. Il Teatro all’Antica di Sabbioneta è un altro posto incredibile – ma ho due ricordi soltanto: un recital di lirica con un pubblico distratto e disattento, e un mio son-et-lumière con nessuno in platea se non genitori, zii, coniugi, figli e gente che ci eravamo portati da casa. Il posto era magnifico, ma ci sentivamo attorno la Sonnetscompleta indifferenza degli indigeni… Not nice. E poi invece il minuscolo Teatrino d’Arco, ricavato nelle scuderie di un palazzo, strettino e intimo, ha qualcosa-qualcosa. Sarà che palco e platea si guardano negli occhi sarà che è la sede di una storica compagnia e ne ha assorbito lo spirito… Potreste sospettare che io sia di parte, ma credo di non essere l’unica mantovana a sentire la differenza di temperatura teatrale e ideale tra il d’Arco e il Bibiena…Hannibal

E poi ci sono i posti fuori. Quelli che non sono, tecnicamente parlando, teatri – ma sono così perfetti, così ideali. Si fondono con il testo e con l’interpretazione, aggiungono colore e personalità… Ho avuto fortuna, e me ne sono capitati diversi. La Sala Teresiana, l’altra sera, con i suoi scaffali altissimi pieni di tomi antichi, la galleria, i globi del XVII secolo, le teche e i banchi… perfetto per questa storia di ciò che resta  scritto, e ciò che resta otherwise. E Shakespeare in Words nell’Esedra – che non solo è bella ma, essendo rinascimentale e classicheggiante, calza come un guanto alla Roma di Shakespeare. E, qualche anno fa, il Somnium Hannibalis alla Rotonda di San Lorenzo, che non ha richiami storico-ideali con il testo, ma è una cornice di bellezza straordinaria. E molti anni fa, un angolo di cortile in un collegio pavese, con una pergola d’uva e una porticina dalla ringhiera di ferro battuto, che sembrava fatta apposta per l’Uomo del Destino di Shaw…

13912691_10205166157872777_3639161210640259264_nPoi ci sono state le cose non fatte – più di tutto un certo cortile rinascimentale illuminato di taglio a luce ramata, con un palcoscenico per metà smontato. Se avessi potuto scegliere, se fosse stato sicuro, se tante cose – è lì che avrei voluto il mio Somnium. E  ci sono le cose che vorrei fare. Ormai amici e famigliari hanno imparato a riconoscere il luccichio matto che mi compare negli occhi alla vista di un posto, un cortile, uno scalone, una piazza, una facciata, una sala, un tratto di mura che secondo me…

“Sì, sì – teatro. Che meraviglia sarebbe farci qualcosa,” sospirano – e portano pazienza, perché sono rassegnati all’idea che è così che si diventa: si vedono storie e teatro dappertutto.