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Il Teatro Secondo Marsh

Ngaio_Marsh_by_Henry_Herbert_Clifford_ca_1935,_cropCerti libri si leggono per il motivo indicato in copertina e nient’altro, per altri la faccenda è meno lineare.

Prendiamo, per esempio, i gialli di Ngaio Marsh.

Miss Marsh, con questo nome singolare, era un’eclettica signora neozelandese. Pittrice, attrice, regista, drama teacher – nonché una delle Signore del Giallo dell’Età dell’Oro. La sua grande passione era il teatro, e  in effetti, negli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta, fu una delle grandi personalità del teatro neozelandese, tanto coraggiosa da proporre Shakespeare in abiti moderni fin dal 1942, e da portare Pirandello in giro per tutta l’Australia (trionfalmente) nel 1949.

Per cui non ci stupiamo poi troppo che il suo detective, l’ispettore upper-class Roderick Alleyn, porti il cognome di un celebre attore elisabettiano, né che, dei trentadue gialli in cui Alleyn fa carriera da ispettore a soprintendente capo, un terzo abbondante abbia a che fare con teatri, attori, produttori,debutti,  registi, prove, drammaturghi e sciarade.

Quando scrive di teatro, Ngaio Marsh sa quel che fa: le sue ambientazioni sono vivide e convincenti, popolate di personaggi credibili e piene di incidenti e particolari che tradiscono una lunga vita sul palcoscenico e dietro le quinte, con i suoi alti e bassi. Non c’è niente di convenzionale o generico nei teatri e nei teatranti della Marsh – tanto che molte volte la descrizione della vita dietro le quinte rischia di prendere il sopravvento sul meccanismo omicidio-indagine-risoluzione… questo può essere un problema per chi è in cerca di un giallo vero e proprio, ma è una completa – e varia – delizia per chi non ha troppe obiezioni alla polvere di sipario.

Varia, sì, perché il teatro di Miss Marsh è offerto in una varietà di atmosfere – e per provarlo confronteremo due titoli.NGM

Opening Night (tradotto in Italia come Sangue in Palcoscenico) comincia con una giovane attrice neozelandese a Londra. Senza soldi e con i sogni di gloria un nonnulla appannati, la ragazza accetta un posto di assistente di camerino per una celebre attrice, a pochi giorni dal debutto di un nuovo dramma. Il teatro è vecchio e un po’ cadente, i camerini sono polverosi, l’autore è irragionevole, la produzione scricchiola e la tensione dietro le quinte si taglia con il coltello… Quando l’indispensabile omicidio arriva, noi lettori lo accogliamo più che altro come un’ulteriore complicazione in vista del tormentatissimo debutto. E magari l’Ispettore Alleyn è un po’ standard, ma l’attore-regista frustrato, l’ingenua in crisi di nervi, il caratterista ultracinquantenne che continua a interpretare giovanotti a forza di cerone, la stanzetta disordinata del custode, i corridoi semibui, la tensione, le rivalità, gli aggiustamenti dell’ultimo minuto, la creazione dello spettacolo per balzi e lampi, le tazze sporche nel lavandino e i fazzolettini per il trucco… tutto infinitamente più vivido e, alla fin fine, più efficace del lato poliziesco della faccenda.

Death at the Dolphin (Il Guanto Insanguinato) è tutt’altra faccenda. È una specie di fiabesca rappresentazione del sogno di ogni regista e/o autore che si rispetti. Come non invidiare Peregrine Jay, che per un caso fortunato si ritrova a ristrutturare e poi dirigere uno storico teatro londinese, con un budget pressoché illimitato e la possibilità di produrre la sua commedia di argomento shakespeariano? Death at the Dolphin è Cenerentola a teatro, con tanto di bizzarra fata madrina e… yes well, con tanto di omicidio – ma diciamo la verità: se mi affidassero un teatro a queste condizioni, che sarebbe mai un piccolo omicidio? E in effetti, anche Perry Jay… No, sono ingiusta: Perry è debitamente sconvolto, perché è un bravo ragazzo. Quello che non risente poi troppo dell’omicidio è l’atmosfera generale. Nonostante il sangue, il Dolphin è un luogo gaio e luminoso, e tra gli eccentrici membri della sua compagnia, alla peggio, volano le scintille. Il dialogo è brillante, la caratterizzazione piena di ironia, l’attesa del debutto piena di eccitazione.

Death-at-the-DolphinTutto un altro mondo rispetto a Opening Night – tanto che, per lungo tempo, ho creduto che il Dolphin fosse un lavoro giovanile, e Night il prodotto di anni più maturi e più disincantati… Magari prima e dopo la guerra, alla maniera in cui, in Agatha Christie, in età postbellica i villaggi di campagna e le magioni aristocratiche s’incupiscono. E invece no: DatD è del 1966, e ON del 1951. Si direbbe che Miss Marsh, bene avvezza agli alti e bassi della vita teatrale, fosse decisa ad esplorare gli uni e gli altri alla stessa maniera in cui si presentano: in nessun ordine particolare – men che meno secondo logica.

Nei primi anni Ottanta, mentre progettava di riprendere Perry Jay e il Dolphin per The Light Thickens (mai tradotto in Italia), la longeva Miss Marsh scrisse a un’amica che in realtà dubitava di trovare molto interesse, se non presso la gente di teatro… In realtà TLT, incentrata su una produzione del Macbeth, fu un altro successo. È una storia di omicidio-indagine-soluzione e, più significativamente, una storia di prove, alti e bassi, superstizioni teatrali, temperamenti difficili – e del modo in cui il teatro inglese è cambiato attraverso i decenni. Magari non è la tazza di tè di chiunque. Magari, in fatto di gialli, si trova di meglio altrove. Ma per un ritratto della vita dietro le quinte – con il sale aggiuntivo di un po’ di sangue versato – si può davvero fare di peggio che leggere i gialli teatrali di Ngaio Marsh.

 

 

2 pensieri riguardo “Il Teatro Secondo Marsh

  1. Della Marsh ho letto poco – nel periodo in cui legevo un sacco di gialli, preferivo la Sayers, proprio in termini di scrittura.
    E Whimsey mi è più simpatico di Alleyn (ma come dicevo, l’ho frequentato poco).
    E d’altra parte, pare che quest’anno sarà votato a interessi precedentemente trascurati, per cui potrei riprendere le fila della (enorme) produzione di Ngaio Marsh, e vedere di rifarmi.
    Sono una strana bestia, questi polizieschi “di ambiente…”
    C’è anche, ad esempio, una lunga serie di gialli di ambiente archeolgico, che mi tengo per l’estate…

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  2. Mah, Alleyn non è particolarmente significativo. Io gli preferisco anche l’Alan Grant della Tey, per dire – e non sono certa di avere un interesse enorme per le sue avventure non teatrali.
    As I said, non è come se leggessi Ngaio Marsh per sapere chi è l’assassino. 😉

    E… gialli archeologici?

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