romanzo storico · scribblemania

È un Salmone Che Vedo Davanti a Me?

IdeasNell’ultimo paio di settimane tre persone diverse mi hanno chiesto Dove Trovo Le Idee.

Con le maiuscole, perché è una delle Tre Domande – le altre essendosi Quanto C’è Del Tuo Vissuto e Quanto Tempo Impieghi A Scrivere Un Romanzo… Il che mi fa venire in mente che, per qualche motivo, nessuno sembra interessato a sapere quanto impiego a scrivere un play. Non che ci tenga in particolare – e d’altra parte, come del resto per i romanzi, non è come se avessi una risposta univoca… Mi capita solo di notare per la prima un fatto lievemente bizzarro. Forse ci strologherò un pochino, o forse no – ma non sta né qui né là.

Il punto è che sembra esserci questa convinzione diffusa che trovare le idee sia un problema.

Ecco, in realtà no. Semmai il contrario, perché le idee…Salmons

Avete mai visto quel vecchio documentario della BBC sul mestiere del documentarista? Un metadocumentario, alla fin fine. Well, a un certo punto racconta la storia di una troupe che voleva riprendere i salmoni occupati a risalire non so più quale fiume. Decisero di piazzare un operatore con cinepresa sul fondo – e un altro a riprendere gli sforzi del primo. Ed è così che abbiamo le immagini di un cameraman inglese degli Anni Cinquanta seduto sul fondo di un fiume e travolto dai salmoni. Gli arrivavano addosso fittissimi e senza posa, tanto che il poveretto non riusciva a manovrare la macchina da presa, e poteva solo cercare di difendersi schiaffeggiando salmoni…

SalmonEcco: è questione di abituarsi a vederle, ma una volta avviati è così che funziona con le idee. Salmoni dai fianchi iridescenti, salmoni litigiosissimi che balzano su di voi a frotte strillando “Me! Me! Me! Scrivi me!” – e voi sedete sul fondo del fiume armati di penna e taccuino e cercate di dirigere il traffico a suon di appunti e schiaffoni.

Questa è la risposta che dò in genere alla Domanda – aggiungendo che amici e famigliari levano gli occhi al cielo quando faccio il gesto di afferrare qualcosa e chiedo a nessuno in particolare “È una storia, quella che vedo davanti a me?” à la MacBeth.  Constantinople_1453

E se ci sono domande ulteriori, in genere racconto il mio salmone preferito, tanti anni fa, quando ero ancora molto verde e inesperta e pescavo dalla riva, anziché cercare di non farmi travolgere seduta sul fondo. Immaginate una di quelle vecchie aule a parlamento, all’Università di Pavia – sede centrale. Una le cui finestre danno sul Cortile Teresiano. Lezione pomeridiana. Storia del Medio Oriente. Si parla dell’assedio di Costantinopoli – l’ultimo, quello del 1453, con i difensori disperatamente asserragliati tra mura e acqua, e il giovane Mehmet furibondo perché, con tutta la potenza dell’Impero Ottomano at his beck and call, non riesce in nessun modo a forzare il blocco all’ingresso del Corno d’Oro. E tutti sanno che, finché il blocco tiene, forse – forse Costantinopoli non cadrà.

Battle_of_Zonchio_1499E poi, racconta la Profesoressa Maria Antonia di Casola, una notte i difensori dal lato del Corno d’Oro cominciano a sentire strani rumori nel buio e nella nebbia. Che diavolo staranno facendo i Turchi dall’altro lato? E poi, all’alba, la nebbia comincia a sciogliersi – e… Alberi maestri cominciano a comparire tra i raggi del sole radente, e la foschia che si sfilaccia, e sartiame, e una chiglia dopo l’altra. Le navi ottomane emergono dalla foschia come spettri – là dove non devono, non possono essere.

Nella notte Mehmet ha fatto trasportare una flottiglia per via di terra dal Bosforo al Corno d’Oro – ed è l’inizio della fine. Overland

E in realtà immagino che devano avere capito molto prima dell’alba che cosa stava succedendo, non foss’altro per il rumore – ma nondimeno… Le navi che compaiono come fantasmi, il senso di paura e irreparabilità per gli uomini sulle mura, le campane nella città… Mi dà ancora più di un brividino, a vent’anni dal momento in cui ho visto e riconosciuto il salmone per la prima volta. Una storia. Una storia che volevo scrivere.

E arriverà,  sapete? Ancora non so bene, perché nei decenni si è trasformata in uno di quegli infiniti salmoni in progress, e ha cambiato aspetto in molti modi – ma arriverà.

 

libri, libri e libri

Di Libri e di Città

Ieri sera, alla biblioteca Zamboni, Ad Alta Voce ha chiuso i battenti per la stagione.

Oh well, è una chiusura molto relativa, perché non mi stupirei affatto se finissimo con l’avere un incontro speciale tra libri e telescopi… Ma questo per ora è in grembo agli dei – e ieri sera c’è stata l’ultima serata da programma.

L’argomento era abbastanza vacanziero: Books and the City – la città in letteratura. Come c’era da aspettarsi, quel che ne è uscito è stato un viaggio a tutti gli effetti, salvo quelli strettamente pratici.

triesteAbbiamo cominciato con un caffè a Trieste. Lo sapevate che per avere un caffè a Trieste bisogna chiedere “un nero”? Per avere un macchiato bisogna invece chiedere “un cappuccino”, e per avere un cappuccino, apparentemente, bisogna andare in un’altra città. D’altronde Trieste è una città di cultori del caffè e dei caffè – e sotto questo ed altri aspetti il delizioso Trieste Sottosopra di Mauro Covacich sembra un ottima guida.

Dalla città del vento siamo tornati indietro nello spazio e nel tempo – nella  Mantova desolata e paludosa visitata da Dickens nel 1844 sotto la guida di un bizzarro cicerone locale… Ecco, diciamo che al romanziere i giganti di Giulio Romano non fecero la migliore delle impressioni – ma questo non gli impedì di registrare i suoi ricordi in Mantova e il palazzo Te, pubblicato in seguito insieme ad altre Pictures from Italy.MoldovitaConstantinople

In condizioni ancora più tristi era, se vogliamo, la Costantinopoli del quindicesimo secolo. Alla vigilia della sua caduta, la capitale dorata dei Cesari d’Oriente era ridotta a un pugno di rovine invase dalle rose selvatiche e dagli usignoli, come è raccontato da Sir Steven Runciman ne Gli ultimi giorni di Costantinopoli. E questo, a mio timido avviso, rende ancora più struggente la storia dell’ultima disperata difesa contro l’inarrestabile potenza ottomana – a riprova del fatto che una città è molto di più della somma dei suoi edifici.

Come la Parigi sotterranea dei Passages, popolata di botteghe antiquarie e di vecchi caffè – rispecchiata e trasfigurata nella sotto-Parigi favolosa che, ne La Piccola Mercante di Sogni, Maxence Fermine fa luccicare di neve tiepida e popola di querce conversevoli e raffreddate…

O come l’afosa, inquieta, brulicante Città della Notte Spaventosa che Kipling descrive con occhi da insonne, tra musica lontana, dormienti che paiono cadaveri irrequieti e nibbi sornacchianti, sotto la luce di una luna impietosa.*

PragaO, infine, come la Praga notturna, letteraria e tormentata che sembra agitarsi tra i suoi incubi e i suoi fantasmi nel lussureggiante Praga Magica. E a sentire Angelo Maria Ripellino, dalla scrittura opulenta e ipnotica, la Praghesità è qualcosa di ben triste…

E a questo punto, dopo avere girato l’Europa e l’Asia a caccia di quel quid metafisico che fa di un ammasso di case e monumenti una città, pareva bello e giusto concludere con una storia bizzarra di costruttori di città senza nemmeno un mattone. Perché in Pfitz Andrew Crumey racconta una città che non c’è – una città ideale, progettata e popolata per la perfezione, ma capacissima – la natura umana essendo quel che è – di germogliare le sue romanzesche e umanissime imperfezioni, sotto forma di storie. Proprio come una città di pietra e di mattoni, di carne e ossa e secoli, una delle tante che abbiamo esplorato ieri sera, sgranocchiando biscotti attorno a un tavolo di biblioteca.

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* La traduzione che possiedo fa parte di una raccolta chiamata Trentatre Racconti Indiani, che apparentemente non è più in commercio. L’originale potete trovarlo qui.

romanzo storico

La Clarina E L’Ammiraglio Fantasma – Secondo Episodio

Cerca che ti cerca, alla fine qualcosa ho scovato.

Non che abbia trovato precisamente le informazioni che cercavo – sulle circostanze giovanili e sulla conversione di Suleyman Balta Oghlu ne so più o meno quanto prima – però adesso ho la certezza che l’ammiraglio non è un fantasma.

Quanto meno, so che un’anonima fonte turca del tardo XV Secolo parla di lui: quale che fosse il suo background, nel 1444 era in posizione tale che il sultano Murad (babbo di Mehmed), potesse inviarlo in Ungheria per ottenere la ratifica del futuro trattato di Szeged da parte di Ladislao di Polonia, Janos Hunyadi e il Despota di Serbia. Balta Oghlu aveva un margine di discrezionalità abbastanza ampio da poter negoziare separatamente con il Despota – anche se non si sa come andò a finire.

Sì, d’accordo: sotto la maggior parte degli aspetti ne so quanto prima… però adesso so che BO era un personaggio di fiducia e rilevanza presso Murad, ma perfettamente pronto a cercare il favore del giovane Mehmed dopo la successione. E, cosa più rilevante, so che esistono fonti turche in materia – qualcuna delle quali tradotta in Inglese, bless the University of Manchester! Ciò significa che, se credevo di poter romanzare con qualche libertà, mi sbagliavo di grosso. Ciò significa che ho già scritto al Museo Storico della Marina Turca. Ciò significa che dovrò mettere le mani su un copia di The Crusade Of Varna, di Colin Imber, cosa che apparentemente nessuna biblioteca italiana possiede. Ciò significa che posso cominciare a scrivere al dipartimento interessato dell’Università di Manchester. Ciò significa che forse, dopo tutto, scriverò davvero un articolo per Turchia Oggi. Ciò significa che la caccia ricomincia.

Ancora ben poche sono le certezze, ma un timido raggio di luce rischiara la tenebra fitta che dianzi avvolgeva il misterioso ammiraglio. Rincuorata dal pur flebile spiraglio, cocciuta come un bloodhound che ha annusato la pista, la Clarina stende la mano per scostare l’oscuro sudario d’oblio. Saprà ella far luce sul mistero nonostante la riluttanza di tutti coloro ai quali ha chiesto aiuto? Troverà il libro che le serve? Scoprirà le origini dell’enigmatico Bulgaro?…

Scopritelo nel prossimo episodio de… La Clarina e L’Ammiraglio (Non Proprio) Fantasma!

 

scribblemania

Senti, e come va la revisione?

Ieri sera a cena T. mi fa la domanda del titolo.

Per poco non lo mordo, T.

La revisione è ferma, dammit, la revisione è in apnea, la revisione aspetta di essere ripresa, mi guarda con occhi tristi e mi fa sentire maledettamente colpevole…

Ma non è colpa mia se il Professore di Ankara non si è ancora fatto sentire, se non ne so abbastanza di Baltoghlu e se, per tutta una serie di motivi strutturali, devo cominciare proprio da lui, giusto?

Nei giorni scorsi, in vari e distinti momenti di disperazione crescente ho scritto ad altra gente. Ho scritto a una Professoressa della Sapienza che, scopro, è in pensione. Gentilmente le inoltreranno la mia richiesta. Aspettiamo. Ho scritto all’Istituto Italiano di Cultura a Istanbul. Fin qui nulla, non un segno di vita, nemmeno la conferma di lettura. Aspettiamo. E ho scritto anche all’Addetto Navale dell’Ambasciata turca a Roma. Sì, l’ho fatto davvero. Nessun segno nemmeno da lui, ma non lo biasimo: è un Capitano di Vascello turco, fa l’Addetto Navale in un’Ambasciata, e un’anatra italiana gli scrive chiedendogli lumi su un ammiraglio di metà Quattrocento? Penserà che sia seriamente disturbata, and small blame to him.

Intanto seguito a cercare – e uno di questi giorni tornerò in biblioteca a prendere un’altra volta ancora il Critobulo: magari mi è sfuggito qualcosa – e a strologare, e a riempire pagine di pre-scrittura sull’uno o sull’altro personaggio: la ragazza greca catturata a Prinkipo, il formidabile Gran Vizir, il fonditore di cannoni rinnegato Urban, il finto gioviale Saghanos Pasha, il mercante d’olio e chi più ne ha più ne metta. Di tutti costoro, ormai, so persino più di quanto voglia sapere, ma Suleyman Balta-Oghlu no, quello resta misterioso. Furore tremendo.

Datemi un ammiraglio 8mano e vi riscriverò un romanzo.

libri, libri e libri

Dieci Libri Che Vorrei Avere Scritto

Non i miei dieci libri preferiti, ma dieci libri che sono davvero seccata di non avere scritto io. E’ diverso.

1) Lord Jim, di Joseph Conrad. Ma va’? direte voi. E’ una questione di potenza, di bellezza, d’intensità e di nitidezza. Nonostante la selva di narrazioni indirette, Conrad riesce a mettere tutto quanto in una prospettiva vertiginosa, centrata su un singolo errore del protagonista, conseguenza dopo conseguenza. Credo che potrei mentire, rubare, truffare e uccidere per saper fare questo…

2) History Play, di Rodney Bolt. Il più brillante, raffinato, intelligente e spiritoso gioco letterario che mi sia capitato di leggere – e ci sono pure cascata in pieno. Ci ho messo un bel po’ di pagine a capire che i dubbi su Shakespeare erano costruiti ad arte e che parte delle fonti erano immaginarie… e quando me ne sono accorta, ero talmente catturata dal gioco che non mi sono nemmeno seccata. Vorrei saper barare con tanta finezza e grazia.

3) Un Uomo Per Tutte Le Stagioni, di Robert Bolt*. Francamente non è che mi piaccia molto, e di sicuro non ho simpatia per Thomas More, ma accidenti, se vorrei saper mettere in scena dei personaggi storici (per tacere dell’occasionale figura allegorica) e farli parlare di ragion di stato, di Dio, di coscienza e di massimi sistemi con la plausibilità e naturalezza che a Bolt riesce così bene!

4) Poesie, di Emily Dickinson. Non scrivo poesia, ma quelle immagini che ti folgorano come un raggio di luce improvvisa e poi ti rimangono dentro, lustre e taglienti come gemme, chi è che non vorrebbe saperle mettere su carta?

5) Gli Ultimi Giorni di Costantinopoli, di Sir Steven Runciman. E’ rigorosissimo, ma si legge come un romanzo; è ricco e tumultuoso, e perfettamente chiaro al tempo stesso; e fa sperare, gioire e soffrire con i difensori, anche se sappiamo tutti benissimo come va a finire. Storia scritta al livello più entusiasmante.

6) Un libro qualsiasi di Gerald Durrel. Con la possibile eccezione di Storie Dal Mio Zoo, che posso accettare serenamente di non avere scritto io, sono tutti piccoli capolavori di humour leggermente surreale, memorie famigliari, viaggi e divulgazione scientifica, frullati con un’apparenza di disinvoltura noncurante che è tutta la mia invidia.

7) Kipling, di Renato Serra. Un gioiello di critica letteraria per profondità, intuizione, spessore, entusiasmo contagioso e bellezza della scrittura. E’ semplicemente impossibile non lasciarsi trascinare da Serra.

8) Annibale, di Gianni Granzotto. Letto e riletto così tante volte che la copertina si sta sbriciolando: una combinazione perfetta ed appassionante di rigore storico, capacità divulgativa e adesione profonda al personaggio, con l’occasionale speculazione intelligente.

9) La Figlia Del Tempo, di Josephine Tey. Già il fatto di dare ritmo a un giallo in cui l’investigatore è a letto con una vertebra fratturata non è impresa da poco. Qualora non bastasse, il giallo diventa una meravigliosa riflessione sulla storia e sulla verità, ed è anche condito di dialoghi scintillanti. Molto vicino alla mia idea di perfezione, grazie.

10) Il Pozzo Delle Trame Perdute, di Jasper fforde. Magari la trama non è la più tesa e compatta fra le avventure di Thursday Next ma, per una volta, non m’importa: è alla meravigliosa burocrazia del mondo dei libri, agli artigiani che producono pezzi di ricambio per i romanzi, al Gatto del Cheshire bibliotecario e a tutto questo splendore d’invenzioni metaletterarie che vorrei avere pensato io!

E poi, a dire il vero, è dura fermarsi qui**. La scelta non è stata facile: sono molti i libri che ammiro, e l’elenco si allunga continuamente (cosa che prendo per un buon segno). Però questa lista è già indicativa di quello che voglio non solo da quello che leggo, ma da me stessa quando scrivo. A giudicare dai titoli qui sopra, direi che intensità, idee, rigore, vividezza e personaggi che non si dimenticano sono sul menu, con un po’ di nonsense per dessert.

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* Non avevo mai fatto caso all’omonimia con l’autore precedente. Non so se ci sia parentela.

** Tant’è vero che debbo citarne almeno un altro: Jonathan Strange e il Signor Norrel, di Susanna Clarke, non foss’altro che per la brillante idea dei maghi inglesi che confondono le idee alle truppe napoleoniche spostando a destra e a manca strade, fiumi e villaggi di Spagna!

 

guardando la storia

L’Ammiraglio Che Non C’è

Suleyman Balta-Oghlu, dico.

Se leggete Sir Steven Runciman* o Franz Babinger**, ve ne venite via con l’impressione che Suleyman Balta-Oghlu fosse un ammiraglio della flotta ottomana durante l’assedio di Costantinopoli, nel 1453. Fin qui tutto bene. Scoprite che il Nostro è figlio di un boiaro bulgaro, che poi si converte (o è convertito) all’Islam e fa carriera al servizio del Sultano Murad, e poi di Mehmed II. Nel 1444 è membro di un’ambasceria spedita a Buda; nel 1449 combatte a Lesbo, abbastanza bene da farsi notare dal giovanissimo Mehmed; alla fine del 1452 lo ritroviamo governatore di Gelibolu/Gallipoli, dove sovrintende all’allestimento della nuova flotta ottomana. Poi Mehmed lo nominerà ammiraglio (Kapudan Pasha), e mal ne incoglierà, a Balta-Oghlu: nell’aprile del 1453, dopo avere predicato prudenza per un mesetto, ha la mala ventura di lasciarsi sfuggire quattro navi occidentali in arrivo. Per impossibile che sembri, quattro legni – di cui uno armato di Fuoco Greco – riescono a farla in barba all’intera flotta ottomana, ed entrare nel blindatissimo Corno d’Oro tra il tripudio degli assediati. Mehmed non la prende bene, e qui finisce la carriera di Balta-Oghlu.

Questa, dicevo, è l’impressione che vi fate, e vi sembra più che sufficiente per un personaggio di contorno. In fondo, deve solo essere scaltro e calcolatore, irritare ripetutamente Mehmed, fallire grandiosamente e fare una fine pittoresca… dov’è il problema?

Il problema è che, in fase di revisione, decidete che Balta-Oghlu merita di meglio. Già che ci siamo, perché non dargli un punto di vista? Secondario, se vogliamo, ma pur sempre un punto di vista. E allora vi serve qualche notiziola in più, che diamine. Per prima cosa, tornate a Babinger e Runciman, e non solo ritrovate esattamente e soltanto le informazioni che avete già utilizzato nella prima stesura, ma scoprite anche – con un certo risentimento – che nessuno dei due autori cita le fonti da cui ha preso le informazioni in questione.

Be’, pazienza. Cercate sul vostro amatissimo Oxford Dictionary of Byzantium (in tre volumoni) e non trovate nulla. Strano. Setacciate la vostra nutrita bibliografia di bizantinerie e fate anche una capatina in biblioteca, e non cavate un ragno dal buco. Cercate allora su Internet… e che diamine! qualcosa ci sarà, no?

No. Non c’è nulla. Wikipedia in versione inglese ha uno stub tratto da Runciman che vi dice meno di quanto già sapeste; Wikipedia italiana, idem con ancor meno patate. Wikipedia turca***, sorpresa delle sorprese, il buon Balta-Oghlu**** lo ignora. Ma completamente. Non ha nemmeno uno di quei link rossi che non conducono a nessun articolo: l’uomo è citato superficialmente in una discussione e, a parte quello, per la Wiki turca potrebbe non essere mai esistito.

Bizzarro, no? Estendete la vostra ricerca dalla storia dell’assedio a quella della flotta ottomana, completa di liste degli ammiragli, e il risultato è sempre lo stesso: nada.

Allora vi rivolgete a uno storico militare che già un paio di volte vi ha levato dai pasticci, e gli raccontate il vostro guaio. Gli riassumete rapidamente quello che sapete, e gli ponete le vostre domande: SBO è stato razziato ragazzino e cresciuto ottomano, o si è convertito in età adulta? Che tipo di carriera ha fatto prima di diventare governatore di Gallipoli? Ha mai servito nei Giannizzeri? Lo storico militare è una cara persona e, pur ammettendo di non sapere assolutamente nulla del signore in questione, vi dà una buona idea: perché non vi rivolgete all’Addetto Navale dell’Ambasciata Turca a Roma?

Voi, francamente, avete qualche patema a rivolgervi all’Addetto Navale per la documentazione di un romanzo storico, ma l’idea vi sembra brillante lo stesso, perché le ambasciate hanno anche Addetti Culturali, e chi meglio di un Addetto Culturale può aiutarvi a dipanare una questione di storia? Mentre cercate un indirizzo elettronico dell’Ambasciata, v’imbattete in un giornale online di cultura turca con un servizio di domande e risposte molto attivo e, per non lasciare nulla d’intentato, provate anche lì. Vi risponde un gentilissimo signore (italiano) che non ha mai sentito nominare SBO, ma v’indirizza alla persona giusta all’Ambasciata.

Voi scrivete alla supposta persona giusta, e aspettate fiduciosi. Già che ci siete scrivete anche al Consolato di Milano, perché non si sa mai, e continuate ad aspettare fiduciosi, e ogni tanto fate ancora qualche ricerchina per conto vostro, pescando sempre lo stesso genere di pesce: niente.

Dopo un certo numero di giorni, dal Consolato vi suggeriscono di rivolgervi all’Ambasciata. Già fatto, grazie. E dopo un po’ di giorni ancora, dall’Ambasciata vi dicono che: a) hanno cercato su Internet e non hanno trovato nulla; b) hanno cercato nei loro archivi e non hanno trovato nulla; c) vi passano l’indirizzo di un docente di storia dell’Università di Ankara, al quale potete provare a rivolgere la vostra domanda.

Voi lo fate, e cominciate anche a disperare un tantino. Non è che non abbiate fiducia nel Professore, ma cominciate a domandarvi che cosa farete se anche il professore dovesse ignorare l’esistenza di SBO… Supporre che in realtà non sia mai esistito? Decidere che i Turchi hanno rimosso la figura dalla loro memoria storica? Levarlo dal romanzo? Inventargli di sana pianta un’infanzia e una giovinezza plausibili?***** Perché poi, badate bene, voi sareste perfettamente felici anche di sapere che non esistono fonti affatto, e che sapete già tutto quello che si può sapere, perché allora sareste liberi di riempire le lacune di testa vostra. Dopo tutto siete romanzieri, non saggisti, giusto?

Ma nel frattempo, resta l’atroce dubbio che in realtà qualcosa esista, qualche fonte remota sulla base della quale qualcuno, un giorno, vi sbugiarderà grandiosamente. Vi vengono le palpitazioni al sol pensiero. In più, vi domandate com’è possibile che un’ammiraglio della flotta ottomana esista soltanto nelle fonti secondarie occidentali, e a questo pensiero vi prudono tutti gl’istinti storico-narrativi che avete.

E così aspettate trepidi che il Professore si faccia vivo, e intanto fate speculazioni selvagge e, se non state attenti, vi ritrovate con tutta la trama di un giallo storico…

Chi è Suleyman Balta-Oghlu? Donde viene? Dove va? Che d’è questo fitto mistero che lo avvolge come un sudario d’oscurità? Come si sono smarrite le sue tracce nella nebbia dei secoli? Qualcuno lo ha voluto dimenticare? E perché? Riuscirà la nostra eroina a fare luce sul misterioso Bulgaro?

Non perdete il secondo, emozionante episodio de… La Clarina e l’Ammiraglio Fantasma! Prossimamente su queste pagine.

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* Steven Runciman, Gli Ultimi Giorni di Costantinopoli, Piemme, 1997. Magnifico libro.

** Franz Babinger, Maometto il Conquistatore e il suo tempo, Einaudi, 1983. Altro gran bel libro.

*** Ci sono momenti in cui si apprezza persino il traduttore automatico di Google, vero?

**** Henceforward indicato come SBO, se non vi dispiace.

***** Oddìo, potreste anche provare a rivolgervi davvero all’Addetto Navale, a questo punto…

scribblemania · Utter Serendipity

Bizantinerie

Siege_of_Constantinople.jpgSono sempre persa nella revisione del mio romanzo turco-bizantino, talmente persa che non sto scrivendo un bottone per il Premio Stagionalia, cui pure vorrei partecipare…

Hm.

Però poi succedono piccole cose felici come questa: nella prima stesura avevo fatto del Genovese di Pera che in realtà è una spia al servizio del Sultano un mercante d’olio. Non so di preciso perché, l’avevo fatto e basta. E oggi m’imbatto in un dettaglio tecnico che non conoscevo: gli artiglieri ottomani, per evitare che i loro enormi cannoni di bronzo fuso si spaccassero, dopo ogni sparo coprivano la canna di panni intrisi di olio caldo. Di conseguenza, l’esercito assediante consumava quantità stravaganti di olio, e lo comprava tutto a Pera (con grande scandalo dei Veneziani e dei Greci della Città). Morale, il mio mercante di olio cum spia ha una ragione per andare e venire dal campo turco, si rivela essere del tutto plausibile e mi permette di mostrare più di un particolare d’epoca in una scena sola.

Piccole soddisfazioni. Ed è vero: non mi costerebbe niente, se fosse invece un mercante di stoffe, cambiarlo in mercante d’olio per la bisogna. Però, quando si sta revisionando, cambiando, spostando, tagliando, aggiungendo, lucidando e tutto quanto, inciampare in qualcosa che non solo può restare com’è, ma è persino meglio del previsto, è come un cioccolatino inatteso.