considerazioni sparse · teatro

Il silenzio degl’implumi

Ora, è mia ponderata opinione che gl’implumi siano un pubblico più difficile di altri.

Gl’implumi sono esigenti, poco inclini al compromesso e all’indulgenza, men che frenati da buone vecchie convenzioni come “a teatro non si disturba”, ansiosi di mostrarsi cinici, facili alla noia – e, soprattutto quando sono in branco, se c’è qualcosa che non sanno fare è annoiarsi in silenzio.

Quindi con un pubblico d’implumi non ci sono mezze misure: bisogna catturarli o niente.

Yes well, qualsiasi pubblico va catturato – ma con gl’implumi la necessità è più drastica. Bisogna catturarli presto e tutti, e non mollarli nemmeno per un istante fino al chiudersi del sipario – oppure si rischia di ritrovarsi con un pollaio cicalecciante al posto di una platea…

Ho ricordi di una volta in cui, con gli Histriones, mettemmo in scena il Somnium Hannibalis per le scuole al Monicelli di Ostiglia. Nulla di strano, in teoria: la versione teatrale del SH era nata come progetto didattico, quindi le scuole erano il pubblico naturale. In teoria. All’atto pratico lo avevamo portato in giro per due anni davanti a pubblici adulti, e quando, da dietro il sipario chiuso, cominciammo a sentire quinte elementari e prime medie cicalanti invadere il teatro, ci prese un nonnulla di sconforto collettivo. Ancor più quando, all’abbassarsi delle luci e ai discorsi di circostanza, il cicaleccio non accennò a scemare. Quando andai a prendere il mio posto alla consolle luci, confesso che lo feci con molti misgivings: attori innervositi*, pubblico disinteressato…  ammetterete che non prometteva molto bene.

Invece poi… ah! Tempo la prima scena (innegabilmente una scena ad effetto) e del cicaleccio non c’era più traccia. A quel punto gl’implumi erano presi, convinti, ansiosi di sapere… well, non come andava a finire: erano stati preparati sulla storia di Annibale, quindi lo sapevano già. Ma volevano vedere che cosa succedeva e come succedeva. Erano catturati.

E noi eravamo infinitamente sollevati.

Poi venne la serata di beneficenza natalizia, sempre al Monicelli, con Christmas Joy sciaguratamente infilato fra un cantante di tristissime carole romene e i balli latinoamericani… E c’era anche un coro d’implumi, le Voci Bianche della Corale Verdi, a riempire le prime due file della platea in attesa del loro turno. E (non del tutto incomprensibilmente) i piccoli coristi si stavano annoiando a morte, e parlottavano e ridacchiavano…

“Sarà un disastro,” mormorai a G., l’uomo delle luci, nel sedermi accanto a lui alla consolle. G. lavorava spesso con Hic Sunt Histriones, e mi aveva sentito dire la stessa cosa molte volte, e tendeva a non preoccuparsene affatto – ma persino lui lanciò uno sguardo apprensivo agl’Implumi e levò le sopracciglia. Poi l’atto unico iniziò, e non badai più alle Voci Bianche, fino a quando, mentre respiravo di nuovo dopo un passaggio illuminotecnicamente complicato, G. non mi diede una gomitata.

“Guarda,” sussurrò, accennando con il mento alle prime file di platea. Guardai – e… gl’implumi sedevano in silenzio perfetto, a bocca aperta e occhi sgranati, conquistati dalla storia di Joy, Emma e il loro albero di Natale. Oh dear… ero talmente soddisfatta e sollevata che, nel finale, per poco non feci venire un colpo al povero G. con una variazione estemporanea sulle luci.

E funziona anche con un pubblico implume ma più grande, come scoprii qualche anno dopo a Poggio Rusco, con Shakespeare in Words per le scuole superiori. Di nuovo: un teatro pieno d’implumi borbottanti e non particolarmente interessati, al di là di una mattinata senza lezioni… E penserete che forse, a quel punto, avrei potuto avere più fiducia – ma… well.

E poi, a un certo punto, mi ritrovai dietro le quinte a destra insieme al nostro Bruto, che alzò un indice e si accennò all’orecchio. Ascolta. E io ascoltai, E il silenzio in platea era assoluto. In scena Antonio manipolava la folla – perché Bruto è un uomo d’onore – e gl’implumi non tiravano nemmeno fiato. Di nuovo: catturati.

E poi invece ci sono le altre volte, quelle in cui non ci si riesce proprio, e gl’implumi ciacolano per quanto si faccia, e quel che succede in scena ne soffre, e non sempre si capisce che cosa sia mancato… perché, come dicevasi, gl’implumi sono un pubblico più difficile di altri. Bisogna lavorare duro anche solo per renderli disposti ad ascoltare. Però, quando ci si riesce, quel particolare silenzio è davvero una cosa bella a sentirsi.

 

_______________________________

* “Loro sono tanti e noi siamo pochini…”

blog life · considerazioni sparse · teatro

E in effetti mancava…

Mi si è fatto notare di recente che a Senza Errori di Stumpa mancava una pagina dedicata alle mie attività teatrali…

“Ma no!” ho detto – e invece è proprio vero. Da non dirsi, don’t you think? Tra tutte le cose che potevano mancare, si direbbe che una pagina sulle mie cose rappresentate dovesse essere l’ultima… E invece no. Sarebbe interessante mettersi a rimuginare di cecità selettiva, punti ciechi, cose che diamo talmente per scontate che nemmeno facciamo caso se mancano.

A voi capita mai, o Lettori? Che qualcosa sia talmente fondamentale nella vostra vita e nel vostro modo di pensare, che finite per considerarlo assodato e ovvio – non solo per voi, ma per tutti?

A parte tutto il resto, è apparentabile al rischio che si corre quando si scrive: noi sappiamo esattamente tutto quel che di non detto c’è dietro ogni singola parola. Lo sappiamo ancor più che esattamente, lo sappiamo in quel modo per cui a volte addirittura nemmeno sappiamo consciamente di saperlo. Non ci poniamo nemmeno il problema… Senza considerare che per il lettore non è necessariamente lo stesso. Ed è uno dei motivi per cui servono gli editor: un altro paio d’occhi che non danno per scontato quel che diamo per scontato noi scrivendo.

Ma mi sto perdendo per i prati, ed è inutile che cerchi giustificazioni: quando G. mi ha detto che la pagina non c’era, aveva tutte le regioni di stupirsi. Però adesso la pagina c’è: questa. E devo dire che metterla insieme è stato un interessante esercizio retrospettivo su quante cose e cosette sono andate in scena negli anni…

Consideratela un work in progress – un po’ perché conto di non avere affatto finito di vedere cose mie in scena, e un po’ perché la pagina in questione verrà arricchita un po’ per volta.

Intanto, non si può più dire che la pagina manchi. E grazie mille, G.!

Natale · teatro

Di Genesi E Di Auto-Adattamenti

ChJoyChristmas Joy, che è andato in scena giovedì scorso – e del quale per ora non ho nemmeno una foto –  l’avevo scritto già nel 2011 e poi, per una serie di circostanze, era stato accantonato fino al debutto del 2014. Nel riprenderlo in mano per Storie Sotto l’Albero mi sono ricordata che scriverlo era stata un’esperienza interessante.

Hic Sunt Histriones mi aveva richiesto una piccola cosa natalizia in termini molto stretti – per una serata benefica, tanto per cambiare. Prima avevo detto di no*, poi lottato per qualche giorno con i sensi di colpa, poi deciso che potevo fare almeno un tentativo. Avevo trovato trovato e scartato un paio di pur promettenti idee** e infine mia madre se n’era uscita con questo: “Perché non adatti qualche racconto natalizio? Ne hai scritti – puoi fingere di no, ma so che ne hai scritti, because I’m your mother, and I know.”

Naturalmente aveva ragione. Non trovate irritante la maniera in cui le madri tendono ad avere ragione? Per cui pescai dalle più buie profondità del mio disco rigido un racconto scritto – pensate un po’ – sotto Natale 2000, e mi applicai al compito di farne un atto unico miniature della durata di una ventina di minuti – scarsi.

E per prima cosa constatai (con una certa soddisfazione, lo ammetto) che diciotto anni fa scrivevo già storie provviste della canonica dotazione di 1 Inizio, 1 Mezzo e 1 Fine. So far so good.

E c’erano anche personaggi che volevano qualcosa e non potevano averlo, e un’ambientazione passabilmente insolita, e un lieto fine che, pur non inaspettato, era in carattere con la natura natalizia della storia***… Tutto bene, allora?

No. Tutt’altro. CJ2b

Tutt’altro, per una duplice serie di motivi. Serie numero uno – di ordine pratico: avevo richieste molto specifiche riguardo a che genere di personaggi mettere in scena – e le richieste non corrispondevano affatto alla popolazione originaria del racconto.

Serie numero due – di ordine narrativo: considerando le variazioni di personaggi, mi resi conto che c’era spazio per una buona dose di conflitto in più. Di fronte ai personaggi che volevano qualcosa senza poterlo avere, infatti, c’erano i supposti protagonisti, che di per sé volevano solo aiutare i primi… ma se avessero avuto qualcosa da ottenere a loro volta?

E così, per una combinazione di necessità della compagnia e necessità narrative, ai tre cugini adulti del racconto si sostituirono un padre inacidito dalla recente vedovanza e le sue due figlie alle prese col primo Natale senza mamma. A parte tutto il resto, l’appeal universale degli orfani è cosa nota, giusto?

Quindi, all’improvviso mi ritrovavo persino con due archi narrativi, anche se uno era un archetto molto dipendente dalla risoluzione dell’altro – e tuttavia complessità aplenty, per una ventina di minuti.  E proprio sulla ventina di minuti emerse un’ulteriore magagna. Nel racconto i personaggi col problema originario (chiamiamoli Gruppo B) erano degli estranei, e le loro motivazioni, circostanze e precedenti andavano spiegati in una situazione che Jeffrey Sweet definirebbe di Low Context. Vale a dire, semplificando, che i personaggi del Gruppo A non potevano saperne nulla, a meno di esplicite e dettagliate informazioni. Di nuovo, il Low Context non è un male di per sé, ma richiede molto più spazio e lascia poco margine per il sottotesto – al contrario di tutto ciò che si può implicare fra personaggi che si muovono su terreno comune, ovvero in situazione di High Context.

Ragion per cui i visitatori del Gruppo B furono promossi da estranei a conoscenti, e il problema trasferito da un paesetto mai sentito nominare prima al paesetto in cui vivevano entrambi i gruppi, liberandomi dalla necessità di condensare al massimo un sacco di informazioni mantenendole comprensibili. Il fatto poi che tra tutto ciò che si poteva implicare tra compaesani ci fossero accenni alla morte della madre e alla situazione conseguente, era tutta glassa sulla torta.

CJ3bInfine, per questioni di ritmo, contrassi tutta la vicenda nel giro di tre giorni – anziché in un paio di settimane – e cambiai la maggior parte dei nomi inglesi in altri meno impronunciabili.***

Alla fine l’atto unico (miniature) era solo vagamente imparentato con il racconto da cui ero partita, ma era molto più teatrale. Per quanto il racconto non fosse male in partenza, la storia si era fatta più solida dal punto di vista narrativo, il ritmo era tutt’altra cosa, i personaggi avevano motivazioni più impellenti… Sono certa che, se adesso facessi il percorso inverso e adattassi l’atto unico in racconto, ne uscirebbe qualcosa che funziona molto meglio dell’originale. Anzi: pensandoci bene, non è detto che non lo faccia.

Morale 1: nel corso degli anni s’impara – e per fortuna. Morale 2: il Test del Palcoscenico può davvero fare miracoli per una storia: se dovessi portarla in teatro, funzionerebbe? E se no, perché? Morale 3: non ho mai più guardato allo stesso modo gli adattamenti cinematografici dei libri e le libertà che gli sceneggiatori si prendono.

_______________________________________

* “Non ho tempo, davvero, non ho tempo… già così vado a dormire alle quattro del mattino. Non ci sto dietro. Mi dispiace, davvero, ma questa volta è no. Dovete dirmelo prima, non è come mettere gli ingredienti nel forno e tirar fuori la torta…” Sono sicura che avete un’idea.

** Promettenti ma tristi. Che posso farci? Il Natale m’ispira storie dallo strappacuore al semitragico. Che in linea generale potrebbe anche non andare del tutto male, se non fosse destinato a un pubblico di famigliole a metà dicembre…

*** E sì: è ambientato in Inghilterra. Dite la verità, da me non ve lo sareste mai aspettato, vero?

 

Natale · teatro

Storie Sotto l’Albero

È dicembre, Santa Lucia è in arrivo – e si fa tempo di storie natalizie.

Giusto per abbondare (questo Diciotto è proprio un anno nataliziamente speciale…) giovedì 13 arriva…

Dic18

Ci saranno le incantevoli Voci Bianche della Verdi di Ostiglia, dirette dal Maestro Sani. E ci saranno i fanciulli delle scuole con le loro poesie. E ci sarà Hic Sunt Histriones, con due mie piccole cose natalizie.

In Christmas Joy, il primo Natale senza mamma si preannuncia triste – per la famiglia Trent e per l’intero villaggio di Henderley, lasciato senza decorazioni per un taglio di fondi in municipio… Riuscirà la giovanissima Joy a riportare un po’ luce ai suoi cari e al suo villaggio?

In Sì, Virginia – ispirato a un fatto realmente accaduto nella New York di fine Ottocento – Virgie O’Hanlon, otto anni, è in castigo: ha litigato con le sue compagne di scuola, è stata insolente con la maestra, e ha rotto la cometa per la recita natalizia… ma come si può conservare la calma quando tutti insistono a dire che Babbo Natale non esiste?

Due atti unici miniature, due piccole storie di infanzia, di determinazione e di minuscoli miracoli natalizi – con contorno di musica e poesia. Perfetto per Santa Lucia, non credete?

Vi aspettiamo a Ostiglia!

teatro

Festival del Teatro per Passione a Ostiglia

Debutta a Ostiglia il Festival del Teatro per Passione – Arte Viva, organizzato dal gruppo teatrale Hic Sunt Histriones in collaborazione con l’amministrazione comunale.

smaller

Il Festival, voluto dalla compagnia ostigliese per celebrare i dieci anni compiuti a marzo, punta a diventare un appuntamento annuale alla scoperta del ricco panorama del teatro amatoriale italiano.

Tra le infinite ricchezze culturali e artistiche d’Italia esiste un fitto, vivacissimo tessuto di compagnie amatoriali che, nelle metropoli come nei piccoli borghi, praticano il teatro con tenacia appassionata, rappresentando classici, repertorio e nuova scrittura.

Il Festival del Teatro Per Passione – Arte Viva nasce per esplorare questo teatro vivo, fresco e coraggioso. Per creare una rete di contatti, di scambi e di stimoli. Per intrecciare un dialogo artistico e umano tra esperienze diverse, tra la perpetuazione di tradizioni antiche e la sperimentazione più audace. Per valorizzare un patrimonio di arte, cultura, conoscenza, entusiasmo…

C’è vita sui piccoli palcoscenici d’Italia – e Hic Sunt Histriones vuole raccontarla.

Vi aspettiamo!

Informazioni e contatti sulla pagina FB di HSH, oppure via mail a histriones.ostiglia@gmail.com

tradizioni

Altri Vessilli

70934c04cea4f27ca3d3123ed7f9f48e--hymne-poitiersTradizioni, tradizioni…

Venerdì Santo – e quindi Senza Errori di Stumpa presenta il tradizionale Vexilla Regis. O forse non proprio quello tradizionale, per una volta. Quest’anno niente gregoriano – ma una deviazione bruckneriana eseguita dal Netherlands Chamber Choir:

E già che ci siamo, vi comunico anche che questa sera Hic Sunt Histriones presenta questa intensissima lauda medievale:

IMG-20180321-WA0005

teatro

Hic Sunt Histriones Compie 10 Anni!

hic2Hic Sunt Histriones, il gruppo teatrale ostigliese, festeggia il suo primo decennio.

In realtà, il gruppo esisteva da prima – dal 2001, nato come costola rievocativa del Gruppo Archeologico Ostigliese. E infatti con le rievocazioni ha cominciato, partecipando anche, negli anni, ad alcune manifestazioni nazionali tra Roma e il Rovigoto… Poi, da rievocatori tout court, gli Histriones si son fatti teatranti.

Forse era inevitabile, soprattutto con una teatrante irriducibile come Gabriella Chiodarelli al timone. E perché è nell’umana natura, immagino, che la pura e semplice cronaca non basti: presto o tardi arrivano l’interpretazione e la narrazione… Teatro antico, dapprima: i mimi, le atellane, Plauto – poi un adattamento dell’Odissea per mano di Gabriella Motta e poi, di storia in storia (perché anche questo alla fin fine è inevitabile), Matilde di Canossa con la stessa autrice.

IMG_1703Ed erano a questo punto – non più rievocatori soltanto ma teatranti con il gusto della storia – quando sono salita a bordo nel 2009.  Somnium Hannibalis, dapprima – e non sarò mai grata abbastanza per questo episodio quasi anglosassone della mia vita: alle nostre latitudini non capita tutti i giorni di vedersi portare in scena un romanzo storico – ma a me è capitato, ed è stato meraviglioso.

E se credevo che fosse proprio solo un episodio, se credevo di arrivare, “fare” il Somnium, ringraziare e andarmene… ah well, non avevo fatto i conti per bene. Complice la presenza di Gabriella Chiodarelli – la mia insegnante di teatro back in the day – Hic Sunt Histriones mi ha adottata e assorbita fin da subito… 13895378_10205166157632771_6819211820654312786_n

E così ho scoperto la passione, i legami, il nonsense, l’allegria e la serietà di questo gruppo, che fa teatro con una tenacia ridente e avventurosa, gettandosi a capofitto in tutte le buone cause, in tutte le sfide, in tutte le insormontabilità apparenti.

Molte delle storie le avete lette su Senza Errori di Stumpa in questi anni: le prove, gli esperimenti, i brindisi prima dell’aprirsi del sipario, gli applausi, le trasferte, i piccoli drammi illuminotecnici, le maschere di rame, le passeggiate notturne nella neve, i salvataggi per il rotto della cuffia, i miracoli di scena…

È stato bello – ma no, che dico? È bello, perché HSH non ha nessuna intenzione di fermarsi, anzi. Intanto, domenica 11 celebreremo questo compleanno, nella Sala Consiliare del Municipio di Ostiglia, come dice la locandina rossa qui accanto. Ci racconteremo un po’, brinderemo con chi vorrà unirsi a noi, e presenteremo la nuova avventura: un Festival del Teatro per Passione che coinvolgerà generi diversi e compagnie venute da lontanto – e che spera, conta, ha tutte le intenzioni di essere il primo di una lunga serie.

HSH10

Unitevi a noi, allora. Abbiamo una bella storia da festeggiare – una storia ricca e vissuta intensamente – e un’altra storia, ancor più lunga e vivida, a cui dare inizio: buon compleanno, Histriones – e ad maiora!

Shakespeare · teatro

Il Nuovo Shakespeare in Words

A un anno esatto dal debutto, Shakespeare in Words torna a Ostiglia, dove tutto è cominciato, nella bellissima Esedra dei Giardini Vecchi.

Ostiglia3VIII17Small

E non è soltanto la locandina ad essere nuova di zecca. Nel corso di quest’anno lo spettacolo è cresciuto, ha germogliato pezzi nuovi e gente nuova – compreso lo Spirito del Bardo in persona… o almeno così dice lui – ha aperto finestre sul passato e sul presente, ha raccolto idee.

Non è precisamente uno spettacolo nuovo, ma di certo è migliore.

Venite a vederci, giovedì 3 agosto, all’Esedra dei Giardini Vecchi a Ostiglia, alle 21.15.

Vi aspettiamo.

angurie · Shakespeare · teatro

Shakespeare in Words a Poggio Rusco – e lo Spirito del Bardo

È notte alta, e la Clarina, anziché dormire come la gente normale fa a notte alta, siede alla tastiera di Tiglath Pileser – cartoon-shakespeareil suo nuovo computer – e lavora con furibonda frenesia al disegno luci di Shakespeare in Words. E lavora e impreca, e impreca e lavora. E a un tratto, con quella peculiare impressione di sentirsi osservati, la Clarina leva lo sguardo dallo schermo e…

Clarina (getta uno strillo inverecondo) – !!!

Sopra lo schermo aleggia e fluttua, come un Gatto del Cheshire elisabettiano, lo Spirito del Bardo con un sorriso da un orecchio all’altro.

Spirito del Bardo – Non strillare, o Clarina…

C – E tu non comparirmi così, pittikins! Se avessi avuto una tazza di tè, me l’avresti fatta rovesciare tutta sulla tastiera!

SdB – Ma non ce l’hai…

C – Del tutto irrilevante. Avrei potuto averla. Vorrei molto averla. Può darsi che vada a farmene una.

SdB – A quest’ora? E già che ci siamo, perché stai lavorando al disegno luci a notte alta tra martedì e mercoledì, quando giovedì c’è la prova generale e venerdì e sabato lo spettacolo? Non dovrebbe essere pronto da un pezzo, il disegno luci?

C – Era pronto.

SdB – E poi? Hai cambiato idea?

C (ringhia) – Stendiamo un tulle misericorrrrrrrrrde, vuoi?

SdB – È qualcosa su cui farai un altro post in futuro?

C – In un futuro lontano, quando avrò sviluppato un sense of humour in proposito.

SdB – Sì, sì, la condizione naturale del teatro, eccetera. Henslowe e tutto quanto.

C – Sarà. Al momento vorrei tanto emigrare. A St. Helena, o in qualche altro posto senza teatri.

SdB – Dici sempre così… E comunque ti terrò la man sul capo.

C – Così, senza che nemmeno te lo chieda?

SdB – Visto che mi porti in scena…

C – Oh, il prologo nuovo. Ti piace, allora?

SdB – Non è troppo abominevole.

C – Why, thanks! E quindi mi terrai la man sul capo di tua spontanea volontà?

SdB – Come ho detto.

C – E questo significa che non permetterai che capiti nulla di troppo brutto?

SdB – Questo, invece, non l’ho detto.

C – Ma…

SdB – Ma io lo faccio per te. Non vorrai mica rilassarti, vero?

C – Per caso ti pare che non ce ne siano già capitate abbastanza? I musici, la regista, la nuova Giovanna, le luci…

SdB – Ma io lo faccio per te. Lo sai che cosa succede a rilassarsi troppo?

C – Non saprei: magari ogni tanto si dorme qualche ora?

SdB – Tut tut… (getta uno sguardo al disegno luci in fieri sullo schermo) Lo sai che non hai tolto la quarzina gialla di sinistra tre combinazioni fa, vero?

C – Quale quarzina… oh! Ma allora questa luce non è più qui, e se il Coro deve entrare da destra… che numero ha questo faretto adesso? È quello ambra? Ho sbagliato un’altra volta – pittikins, pittikins, pittikins!

SdB – E poi dice che non sono d’aiuto… -uto… -uto… -uto…

Lo SdB sparisce gradualmente, lasciandosi dietro per ultimo il sorriso da un orecchio all’altro. Fatica sprecata: la Clarina manco nota gli effetti speciali, tanto è presa dal suo nuovo disegno luci – che comunque non sarà pronto prima della prova generale… e poi, comunque, chi può dire se, una volta messo alla prova, funzionerà davvero?

Venite a scoprirlo, e a sentire lo Spirito del Bardo, e a vedere la nuova versione di Shakespeare in Words sabato 20 maggio, alle ore 21, al Teatro Auditorium di Poggio Rusco – Mantova:

LocPoggioRusco20V17small