Credo di avervi detto una volta o due quanto mi piace Rupert of Hentzau, il fascinoso malvagio del Prigionero di Zanda, giusto? Ebbene, di recente mi è capitato di parlare di vecchie versioni cinematografiche del Prigioniero – e si constatava come, tra i vari Rupert, quello di Douglas Fairbanks Jr sia il più perfetto e fedele allo spirito del libro, mentre quello di James Mason… er.
E chiariamo subito che a me James Mason piace molto, però non posso fare a meno di domandarmi a chi, nel 1952, sia parsa una buona idea affidargli la parte di Rupert. Voglio dire – Rupert, che nel capitolo dodicesimo del Prigioniero di Zenda entra in scena così:
Il giovane Rupert, che aveva l’aria di un rompicollo e non poteva avere più di ventidue o ventitre anni, prese l’iniziativa e ci riferì un discorsetto elegante, col quale il mio devoto suddito e affezionato fratello Michael von Strelsau mi pregava di perdonarlo se non mi presentava di persona i suoi omaggi, né metteva a mia disposizione il suo castello – due apparenti mancanze di riguardo da imputarsi al fatto che mio fratello e alcuni dei suoi domestici erano afflitti dalla scarlattina. O così disse il giovane Rupert, con un sorriso insolente e un moto arrogante della testa ricciuta… Era bello, il mascalzone – e, stando ai pettegolezzi, aveva già turbato i cuori di parecchie signore.
Ecco, torno a chiederlo: a chi sarà parso bello affidare questa parte a un Mason quarantaquattrenne e fargliela interpretare con la cupa seriosità di uno junker prussiano di fronte al Rudolph Rassendyll di Stewart Granger? E sì, Rupert è pericoloso, completamente inaffidabile e matto da legare – ma sorridente e beffardo e pieno di fascino. E giovanissimo…
E allora mi è tornata in mente un’altra storia, che non ricordo più dove ho letto. Avete presente Scaramouche, parimenti del 1952 e di nuovo con Stewart Granger, evidentemente specializzato in film in costume e duelli all’arma bianca? Ebbene l’antagonista, il malvagio marchese Noël de Maynes, è Mel Ferrer, che forse non era uno spadaccino provetto ma, possedendo una formazione da ballerino classico, si muoveva con molta eleganza. Tanto che Granger ne fu infastidito, puntò i piedi e, a quanto pare, insisté per ridimensionare il ruolo di Ferrer nel film. Addirittura, il duello si sarebbe dovuto concludere con un’agnizione e la morte del marchese (più o meno come nel romanzo, anche se con un paio di notevoli differenze), ma dietro pressioni di Granger la scena fu tagliata e Noël de Maynes lasciato vivere nella più anticlimatica e inspiegata delle maniere… Potrebbe sembrare un pettegolezzo hollywoodiano – ma c’è la foto qui sopra a sinistra, chiaramente la scena tagliata – a renderla plausibile.
E allora mi domando… E badate, proprio non lo so – ma non posso fare a meno di domandarmi: data questa avversione di Granger a essere upstaged, supponendo che avesse davvero il peso e il potere per ottenere questo genere di modifiche, e considerando che nel romanzo e nelle versioni precedenti Rupert ha questa irritante tendenza ad essere più interessante del protagonista, non può essere che il Rupert di Mason abbia subito una sorte simile a
quella del de Maynes di Ferrer? Che Stewart Granger abbia fatto i capricci e ottenuto una potatura del suo fastidioso antagonista? Ed è pur vero che James Mason era un attore molto, molto, molto migliore di Granger – ma è così fuori parte e così plumbeo nei panni di Rupert, che il rischio che potesse fare ombra al protagonista era bassino. All else apart, guardate la foto qui a destra, presa sul set, con il maestro di scherma Jean Heremans che spiega la coreografia ai suoi Rudolf&Rupert… se teniamo in conto l’ovvio “sorridete per la foto”, James Mason vi sembra straordinariamente felice?
Ah well – lo ripeto di nuovo: è solo un’ipotesi e davvero non lo so – ma pare che non sia del tutto implausibile, e Stewart Granger non ne esce affatto bene. Ad ogni modo, se volete Scaramouche, guardate la versione muta del 1924 con Ramon Novarro e Lewis Stone*, e se volete Il Prigioniero di Zenda, c’è la versione del 1937 con Ronald Colman (che riesce quasi a rendere simpatico l’insopportabilmente perfetto eroe Rudolf Rassendyll) e Douglas Fairbanks Jr. E naturalmente ci sono Sabatini e Hope…
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* E, abbastanza curiosamente, Novarro e Stone erano stati i protagonisti in una delle svariate versioni cinemute del PoZ – solo a ruoli invertiti, after a fashion. Novarro, eroe in Scaramouche, era il malvagio Rupert, e il perfido marchese Stone era invece il Rudolf senza macchia e senza paura. Inultile dirlo, anche la versione muta è mooooolto migliore di quella del 1952 – ma, a parte questo, c’è una serie di bizzarre linee parallele nella storia cinematografica di queste due storie.





Domani, Mesdames et Messieurs, sarebbe il centocinquantesimo compleanno di Anthony Hope.


Roger Lancelyn Green ha scritto – un nonnulla acidamente – che Hope era un dilettante di prima classe, ma un mediocre autore di professione. Mah… sarà – e tuttavia il giudizio mi sa tanto di genre-snobbishness: dubito molto che Hope abbia mai preteso di essere un Sacerdote delle Arti, ma è riuscito a vivere agiatamente della sua scrittura, ha scritto, pubblicato e messo in scena parecchio e con successo, si è lasciato dietro almeno un titolo amatissimo, lettissimo, tradottissimo, imitatissimo, parodiatissimo, sceneggiatissimo e rappresentatissimo, e ha, se non proprio creato, dato forma a un genere. Non so immaginale molte carriere più professionali di così. 





