Sì, sì – ancora la Romantica Mondiale Sonzogno, ma abbiate pazienza, perché questa è una chicca. Non l’unica, sospetto vivamente – ma una chicca notevole: il Giocatore di Scacchi, di Henri Dupuy-Mazuel.
Cominciamo col dire che quando, qualche anno fa, sono giunta all’originale francese, Le Joueur d’Échecs, per vie molto traverse, mai e poi mai mi sarei aspettata che ne esistesse una traduzione italiana…
Le vie traverse, giusto per essere chiari, consistevano in questa recensione di un film muto sul sempre ottimo Movies Silently. Della mia lieve ossessione per i film muti immagino che sappiate – e diciamo la verità: una storiellona di ussari ribelli e automi? Andiamo! La combinazione di assurdità e storia polacca sembrava dissennatamente attraente e, visto che ero in cerca di un titolo per la mia annuale lettura in Francese… perché no?
Così mi procurai il romanzo e, in attesa della consegna (che, dalle mie malservite parti, è faccenda meno immediata di quanto sia altrove), feci qualche ricerchina.
E quello che scoprii era interessante. Per cominciare, il protagonista costruttore di automi, il Barone von Kempelen, visse davvero una pittoresca esistenza nel XVIII secolo, tra Ungheria, Austria, Francia, Russia e Polonia. E costruiva davvero macchine bizzarre, la più famosa delle quali fu un automa vestito da Turco che giocava a scacchi. Indeed, l’arnese diventò forse più famoso di quanto il suo costruttore avesse in mente, e girò per l’Europa e le Americhe, battendo sonoramente (oppure no) un assortimento di maestri di scacchi e sovrani, continuando per molti anni dopo la morte di Kempelen…
Ora, vedete, la ragione per cui Kempelen non era entusiasta del successo del suo automa è che non era un automa affatto: in realtà la macchina era controllata da un giocatore del tutto umano, nascosto tra gli ingranaggi. Immagino che Kempelen avesse ideato la cosa come un gioco piuttosto elaborato – solo che, quando il Turco divenne enormemente famoso tutto in una volta, era troppo tardi per ammettere la beffa…
La seconda cosa interessante è che, benché l’inganno fosse smascherato alla fine (Edgar Allan Poe fu uno scettico particolarmente vocale), la storia rimase abbastanza popolare da raggiungere il palcoscenico nel 1845, e la pagina nel 1926, quando il romanziere francese di cui dicevamo decise di combinare il Turco di Kempelen con la fallita insurrezione polacca del 1776. Tutt’altro che una cattiva idea, se lo chiedete a me: la storia di una beffa che prende la mano al suo autore diventa molto più interessante quando l’uomo nascosto dentro la macchina è un ribelle ferito e ricercato – che, guarda caso, è anche un maestro di scacchi.
Il Kempelen di Dupuy-Mazuel è un visionario che costruisce automi meravigliosi, e si diverte a confondere i suoi simili con le sue illusioni fantasmagoriche… Ma quando il suo aristocratico figlio adottivo polacco, un giovanotto piuttosto fiammeggiante, decide di guidare una sollevazione antirussa e fallisce in grande stile, il buon barone si lascia un po’ prendere la mano. Contrabbandare il povero ragazzo (ferito gravemente) fuori dalla Polonia in gran segreto? Ma quando mai! Nascondiamolo nel Turco, invece – e trasciniamo il falso automa in una specie di giro trionfale attraverso metà dell’Impero Russo e proprio sotto il naso della Grande Caterina… almeno non ci sarà di che annoiarsi*. Aggiungete un’eroina polacca che non è proprio quel che sembra, una danzatrice un po’ temperamentale, un principe russo d’animo indicibilmente nobile, una Grande Caterina capricciosa e vendicativa, e un tocco di magia, e avrete… che cosa di preciso?
Mi si dice che Il Giocatore di Scacchi vale come fantascienza per via degli automi – benché quello eponimo in realtà sia fasullo. Poi c’è una forte componente di narrativa storica, fra l’insurrezione fallita e le varie figure storiche che compaiono con maggiore o minore rilevanza. In più abbiamo un triangolo amoroso tra il lacrimevole e il purpureo e a un certo punto Cagliostro volteggia in scena per aggiungere un briciolo di fantasque…
Yes, well. Immagino che non ci sia da soprendersi che la storia sia stata portata sullo schermo due volte e mezza. Prima di tutto c’è il film muto del 1927 (l’anno dopo la pubblicazione, badate), che vale assolutamente un’occhiata, non foss’altro che per la ricchezza visiva, tra battaglie vere e immaginarie, automi inquietanti e cose così. Poi c’è una versione parlata del 1938, che non sarebbe un granché se non fosse per Conrad Veidt che interpreta il Barone – e non so che cosa ne pensiate voi, ma a mio timido parere, Veidt vale sempre la pena. Infine – e questa è la mezza volta – a qualche punto degli anni Settanta c’è un episodio di una serie francese chiamata Le Evasioni Celebri, in cui però, per qualche motivo, gli oppressori sono prussiani anziché russi, e l’eroico Tenente è un completo estraneo che il Barone von Kempelen trova ferito per strada e salva per la bontà del suo cuore…
Never mind. Per essere avventuroso lo è – e non si può negare che sia inconsueto in molti modi. E però, sapete? Il Giocatore di Scacchi non va preso sul serio – ma nel complesso l’insalata di generi, la trama improbabile, l’allegra mancanza di riguardo per la logica, e i personaggi sopra ogni possibile riga, insieme a un certo flair per la descrizione fantastica, ne fanno una lettura divertente.
Perfetta, se vogliamo, per il genere di collana che era la Romantica Mondiale Sonzogno – e quindi tutto sommato non so perché mi stupisca tanto trovare questa storia tradotta in Italiano… Ah well. Adesso sono a caccia del play datato 1845 – perché sono molto curiosa, e perché senza una caccia al tesoro non sarebbe davvero estate, non vi pare?
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* E mi piace davvero tanto il modo in cui, dopo avere fatto passare al povero Boleslas ogni genere di esperienza pericolosa, dolorosa e terrificante per nessuna buona ragione in particolare, il buon Barone commenta ariosamente che sì, forse il caro ragazzo non è più tanto equilibrato…