Mi è capitato di recente d’imbattermi nelle linee guida di una rivista letteraria americana in cui supplicava ironicamente l’aspirante contributor di non, non, non mandare storie incentrate su scrittori all’opera, blocco dello scrittore e processo creativo in generale. Non se ne può più, dicevano in sintesi le Guidelines: vogliamo storie, non storie su come si scrivono le storie!
E, benché la storia che avevo – e ho ancora – intenzione di mandare parlasse di tutt’altro, mi sono sentita colta in fallo, perché… vi ho mai detto che adoro la metanarrativa? Che poche cose mi fanno felice come le storie su come si scrivono le storie?
Ve l’ho detto, vero? Giusto qualche migliaio di volte. E quindi… er.
E mi è venuto in mente anche non-so-più-chi, secondo cui gli scrittori sono pessimi protagonisti, perché si tratta di gente che passa un sacco di tempo seduta a scrivere… Ma in realtà sono piuttosto certa che non si a questo che gli estensori delle Guidelines avevano in mente – bensì il fatto che il processo in sé, il parto mentale che porta alla luce una storia, è faccenda che interessa a pochi, al di là degli addetti ai lavori, ovvero altra gente che scrive. Il lettore non scrivente, secondo i Transatlantici in questione, preferirebbe immergersi nelle storie senza filtri metanarrativi, thank you very much.
La cosa mi ha dato da pensare – per il motivo che mi dicevo, e perché scrittori, poeti, artisti e creatori in genere sono tra i miei personaggi prediletti, da scrivere e di cui leggere. But then, io sono un’addetta ai lavori, e quindi forse vedo la faccenda in un’ottica poco utile.
Ho cominciato a pensare alle storie di scrittori e di scrittura in cui mi sono imbattuta in vita mia – non tanto in rapporto al mio gusto personale, quanto al successo di cui godono – e mi sono sorpresa nel contare una certa quantità di film in proposito. Non parlo di film che hanno scrittori per protagonisti – ma di film in cui il processo della scrittura ha una parte narrativa rilevante. I mean, se è difficile rendere narrativamente interessante una persona seduta a scrivere, dovrebbe esserlo doppiamente portare questa persona sullo schermo, giusto? Se la scrittura sulla scrittura è un campo minato, figuriamoci il cinema sulla scrittura…?
E tuttavia, just off the top of my head…
Pensate a Dickens, l’Uomo che Inventò il Natale, in cui il protagonista eponimo è mostrato all’opera mentre scrive faticosamente la sua opera più celebre tra mille difficoltà famigliari, economiche, creative – e la scrittura s’intreccia con tutto ciò, ne trae ispirazione, ci s’infrange contro, elabora, rilegge e, alla fine, rimette in ordine… La scrittura pervade ogni momento e ogni aspetto della vita di Charles, mentre i suoi personaggi gli fanno compagnia, gli danno il tormento, camminano con lui per la Londra notturna, commentano, pretendono, battibeccano fra loro, incarnano persone e problemi, in un modo che è al tempo fiabesco e – lo sapete se avete mai scritto alcunché – così vero…
L’intreccio tra finzione e realtà, fra vita quotidiana e creazione artistica è quasi sempre un motivo conduttore di questo genere di storie, come in Shakespeare in Love,* in cui Tom Stoppard intreccia adorabilmente canone shakespeariano, notizie biografiche, aneddotica, cliché e romance fino a concludere che la scrittura (e il teatro) sono di gran consolazione per sublimarci le pene d’amore.
E qualcosa di molto, molto simile fa il grazioso Cyrano, Mon Amour – in cui il protagonista è un giovane Rostand, ma per il resto cambia poco: scadenze dietro l’angolo, attori irragionevoli, amore, ispirazione… qui la chiave metaletteraria sta nel gioco delle lettere, ma il territorio è conosciuto: tutto molto carino, tutto molto derivativo e infinitamente prevedibile – però ci risiamo: Edmond scrive, pensa, strologa, e soprattutto legge il mondo attraverso la lente della scrittura.
Un po’ come ne L’Ora Più Bella, in cui la giovane sceneggiatrice gallese Catrin, sullo sfondo cupo del London Blitz, scrive e riscrive un film di propaganda, e l’accumularsi e succedersi delle stesure intreccia un gioco tra finzione, realtà e verità che si ripercuote e rispecchia nella vita di Catrin e in quella degli altri personaggi.
Ma la cosa si fa ancora più esplicita e metanarrativa in Vero Come la Finzione (traduzione un po’ goffa dall’originale Stranger than Fiction), che segue da un lato una scrittrice in crisi, e dall’altro il suo protagonista – un impiegatino dell’agenzia delle entrate inglese. I due piani collidono quando Harold comincia a sentire nella sua testa una voce narrante, e scopre di essere il personaggio di un libro in progress. E, quel che è peggio, l’autrice è nota per la sua allergia al lieto fine… Seguono i tormenti di Karen alla sua scrivania e i disperati sforzi di Harold per sottrarsi a una morte prematura. Di nuovo, se avete mai scritto, sapete quanto sia dura a volte fare cose terribili ai propri personaggi…
E, giusto per non farci mancare nulla, c’è anche un film incentrato sul processo dell’editing! And yes, in Genius John Logan ne fa una metafora del rapporto umano, il filtro di una paternità ideale, e l’angolo rivelatore di una riflessione sul genio – ma il processo è lì in piena vista, la tensione tra scrittura ed editing… il modo in cui funziona (che, mutatis mutandis, non è del tutto dissimile anche quando non si ha per le mani un genio impossibile come Tom Wolfe.)
Non è certo un caso che, in tutte queste metastorie, alla fine ciò che resta davvero allo scrittore sia la scrittura. Tutti questi scrittori sono ritratti come gente per cui la scrittura, oltre ad essere un mestiere e un’arte, è anche il meccanismo con cui percepiscono, capiscono, e talvolta sistemano a loro piacimento la vita. Non un palliativo, badate – ma una visione del mondo. E per provarlo, vi cito di nuovo Shakespeare in Love, e la sua versione teatrale, dal finale sottilmente modificato: per il Will di Lee Hall l’arte non è un palliativo per i guai della vita; l’arte è ciò che conta veramente e che della vita si nutre…
Ed è inutile che vi dica quanto mi piaccia tutto ciò. Adoro tutti questi film (con la parziale eccezione di Cyrano, Mon Amour), e li trovo di enorme soddisfazione. Epperò, le Guidelines mi hanno messo la proverbiale pulce nell’orecchio (ugh!) e devo proprio chiedermelo. Anzi, devo proprio chiederlo a voi, o Lettori – soprattutto a quelli tra voi che non scrivono: che effetto vi fanno queste storie? Trovate di che riconoscervici? Vi interessano? Vi incuriosiscono? Vi fanno sospirare almeno un pochino? O anche voi pensate che non se ne possa più?
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* Sì, lo so: sapevate che avremmo finito per rotolare qui… Dovete riconoscere che è pertinente.
Ciao, davvero interessante! Su alcuni dei film citati non posso che concordare, circa il loro essere meravigliosamente significativi per il tema. A caldo mi viene in mente il film Neverland, in cui il momento creativo è rappresentato visivamente come esclusivo (e escludente) per Barrie. Oltre a raccontare la storia dello scrittore, si racconta anche il meccanismo che in lui fa scattare la creatività… forse a margine rispetto alla storia “sentimentale”, ma comunque interessante. Altro libro /film che cito è “Espiazione” di McEwan… sul potere della scrittura, secondo me. Un saluto!
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Non ho mai visto Espiazione – ma sono molto curiosa. E Neverland… sono passati secoli, dovrei rivederlo. Grazie per le segnalazioni!
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