Quest’anno in Campogalliani attorno alla Giornata della Memoria abbiamo costruito un progetto più “lungo” del consueto – qualcosa che, tra gennaio e marzo, intreccia due testi diversissimi tra loro per tono, per idea, per origine. Diversissimi – eppure…
Da un lato c’è Processo a Dio, la spietata riflessione di Stefano Massini sulla domanda che, sotto molti aspetti, è La Domanda di tutta l’umanità.
Dov’era Dio, mentre tutto ciò accadeva?
“Dio è sotto processo da cinquemila anni,” dice il Rabbino Bidermann, in uno dei tanti momenti memorabili di questo dramma terso e tagliente. Non aspettatevi di uscire da teatro con delle risposte – e d’altra parte offrirne non è il mestiere del teatro. “Il posto delle domande è sul palcoscenico,” dice Jeffrey Sweet, “Ma le risposte si devono trovare in platea.” Ed è precisamente quello che fa la storia di Elga Firsch: solleva questioni vitali e potenti, e poi ci manda fuori scossi e pensanti. Il resto del lavoro è nostro.
Se non avete ancora visto Processo a Dio, c’è ancora tempo fino al 31: restano pochissimi posti – ma vale la pena di provare.
E poi ci sono le Donne di Ravensbrück, tratto dall’operetta-pastiche che l’antropologa francese Germaine Tillion scrisse per le sue compagne di blocco durante la prigionia nel campo di Ravensbrück… Un’operetta, sì. Perché di fronte all’orrore quotidiano, alla morte incombente, alla crudeltà insensata, Germaine e le altre si tenevano vive strappando al buio un sorriso, una canzone… Ne riparleremo più avanti, quando questo singolarissimo lavoro sarà pronto per la scena – ma per ora diciamo questo: il Processo e Ravensbrück, nella loro enorme diversità, si accostano alla perfezione. Non le due facce di una medaglia – perché la cosa è molto più complessa di così. Diciamo due tra le facce dello stesso prisma, piuttosto. E lavorare all’uno e assistere all’altro è stata (sta essendo) un’esperienza piena di fermenti e di commozione – e, una volta di più, di domande.
Ma anche un motivo di… ecco, è difficile parlare di ottimismo e di speranza a proposito di questo argomento – ma resta il fatto: attraverso le sue ore più buie, lo spirito umano continua a voler capire e a voler sorridere. L’umanità, o almeno parte di essa, non smette di pensare. E quindi, direbbe Cartesio, non smette di essere.
C’è consolazione in questo, non trovate?
Sì, la consolazione è presente all’appello; e la consolazione fa capolino pure nel tuo voler raccontare e descrivere, e suggerire, scenari che esistono e che, silenti, discreti, si celano tra i rumori di un tempo che sovente cede alla tensione data da una misteriosa concitazione e da una più che accesa, forse irragionevole, esaltazione.
Ottimo articolo: consistente ed elegante. Complimenti!
"Mi piace"Piace a 1 persona
Grazie! Quando me lo chiedono, tendo a descrivermi come una pessimista – ma poi… non so se ho molta fiducia nell’umanità, però trovo di averne negli individui.
Torna a trovarmi!
"Mi piace""Mi piace"
Non posso che dirti: assolutamente sì, torno a trovarti! Regolarmente, con assiduità, ad ogni post che fai uscire, ti leggo; e poi è vero che non intervengo, e con me altri lettori e altre lettrici, ma le tue parole, pur se non si commenta, arrivano. Questo è il caso in cui il silenzio non è sinonimo di indifferenza, ma di amore verso quel che si è incontrato. Quasi una contemplazione. Ed è così che ricevi la fiducia che dai.
Ti dico solo una cosa: continua così!
"Mi piace"Piace a 1 persona
Posso soltanto ringraziare per le belle parole. Farò del mio meglio per continuare. A presto,
"Mi piace""Mi piace"