Ieri sera, con un giorno di ritardo e una certa sorpresa, ho inserito nel taccuino rosso dedicato a Road to Murder il calendario mensile di novembre – una faccenda che è per metà un ruolino di marcia, e per metà resoconto quotidiano di quel che faccio (o non faccio).
E dico che l’ho fatto con una certa sorpresa perché… novembre! Un mese alla scadenza. Un mese alla consegna. Ancora quasi tutto un mese. Solo un mese… oh dear! Sì, ecco. Sto lavorando sulla terza stesura – in realtà, più che altro, una serie di aggiustamenti e la dannata Montreuil sur Mer – e non so più troppo bene se sono indietro, avanti o a un punto ragionevole…
No, davvero: non lo so più. Va a tratti. Immagino che dipenda dalla quantità di tè assunto, dal meteo, dalla dannata Montreuil…
E sia ben chiaro, non ho nullissima contro Montreuil sur Mer – se non il fatto che in rete non se ne trova una pianta cinquecentesca a nessun patto. O finora io non l’ho trovata e non la trovo, e in fondo dovrei solo capire un paio di cose su come erano rispettivamente piazzate e distribuite cittadina e cittadella… e sapete la cosa peggiore? Che i Francesi non sono di nessun aiuto.
Voglio dire: avete un dubbio su come fossero fatte le navi che nel tardo Cinquecento facevano la spola tra Dover e Calais trasportando merci e qualche passeggero per arrotondare? Vi domandate cose come il tipo di costruzione, il numero di alberi e cose così – e, per quanto cerchiate, trovate ben poco di consclusivo, che sia contemporaneo o moderno? Ebbene, quel che fate è scrivere a qualcuno di inglese o di americano. Può essere uno storico che tiene un blog, il curatore di un museo navale, il webmaster di un sito che traccia le rotte commerciali in età Tudor… Scrivete una piccola mail cortese in cui spiegate il vostro dubbio, raccontate a che punto siete riusciti ad arrivare da soli, e formulate la vostra domanda – e… nel giro di qualche giorno, ecco che arriva la risposta! Nella più blanda delle ipotesi, vi indirizzano verso qualche libro o archivio online – ma di solito offrono risposte dettagliate o, dove non ce ne sono, ipotesi ragionate. E vi salutano augurandovi buona fortuna per il romanzo e sperando di essere utili… Ed è meraviglioso.
Però funziona solo con gli Anglosassoni. 
Provate a fare lo stesso con un museo, un archivio o un’associazione culturale francesi. Provate pure – ma non aspettatevi nulla. Nemmeno una risposta per dire che non vi possono aiutare. E non sto facendo l’anglomane ossessiva – è che, per esperienza diretta e recente, è proprio così. In fairness, dirò che una volta, una ventina abbondante d’anni fa, ho avuto risposta – cartacea e dettagliata – dal Musée des Guerres de Vendée di Cholet. Una volta. Più di vent’anni fa. Fine.
Quindi sì, forse sono un’anglomane ossessiva – ma dopo tutto ho le mie ragioni. Ecco.
E adesso torno alla mia terza stesura, e a cercare notizie sulla Montreuil del tardo Cinquecento, e a cercar di capire se sono indietro, avanti o, dopo tutto, nessuna delle due cose.
Vi farò sapere.
Allora, all’inizio della settimana scorsa ho iniziato a revisionare RtM – e ovviamente la prima cosa da fare è stampare la prima stesura e rileggere il tutto, perché questa non è cosa che si possa fare leggendo sullo schermo.
Anzi, ve la fate, perché ve lo dico:
Rejoice with me! Ho finito la prima stesura di Road to Murder!
Ed ecco che ci risiamo.
Io, per qualche motivo che non mi so spiegare, quando sono a questa confortevole distanza dalla fine, invece di serrare il passo, rallento. Scrivo di meno, procrastino, rimando, perdo un sacco di tempo a strologare il susseguirsi delle magioni nobiliari lungo il fiume sulla Agas Map, cerco immagini della livrea reale nel 1581, faccio torte, controllo di non avere chiamato troppa gente “Richard”, vado a fare passeggiate domenicali lungo il fiume…
In
Quindi, quel che faccio per lo più, è utilizzare un journaling software. Semmai non lo sapeste, un journaling software, o diario elettronico, è un processore più o meno complicato, con una quantità variabile di campanelli e fischietti – ma invariabilmente provvisto di un sistema interno di datazione. Sennò non sarebbe un diario, giusto? Questo significa che, quando lo aprite, vi apre automaticamente un file datato al giorno corrente, che resta in uso fino alla mezzanotte. Domani ce ne sarà un altro, e ieri ce n’è stato un altro ancora, e così via, e il programma archivia tutto per data. Nella forma base, tutto qui.
Sì, quasi dodici anni. Ve l’avevo detto che è vecchio come le colline. Tanto vecchio che, per quanto ne so, non esiste nemmeno più…** Ma non è questo il punto. Basta gugolare qualcosa come “journaling app” per trovare dozzine di possibilità, gratuite o a pagamento, spartane o accessoriatissime, con o senza intricate opzioni di ricerca interna, immagini, promemoria e whatnot… E devo dire che vi consiglio vivamente di procurarvene uno. Uno qualsiasi, a vostro gusto, da usarsi per questo genere di cose. L’occasionale storia randagia, pezzi del Work in Progress che volete cassare ma non eliminare del tutto Perché Non Si Sa Mai, versioni alternative, strologamenti per iscritto – soprattutto se strologate meglio alla tastiera che su carta… Cose così.
Yes well – ho ritrovato l’itinerario.
E niente, a volte va così.
Dov’è l’itinerario?
Dunque, questo post è per M., perché l’idea dapprincipio è stata sua.
L’immagine che vedete non vi parrà un gran disastro, ma in realtà è il frutto di un intervento felino particolarmente blando, e per di più interrotto sul nascere. Le altre due volte… let us just say che al momento mi mancava la lucidità per fare fotografie, e che imparare a numerare i cartoncini è stata, a suo tempo, una buona idea. Una gran buona idea. Il genere di idea che salva vite feline…
E io la lavagnetta di sughero ce l’ho. In fact, ne ho tre. Una è appesa alla parete davanti al mio computer, e le altre due vivono in giro per casa, coperte di cartoncini come quella che vedete qui. “È che sono piccole,” ho detto a M. “Hai visto quanti sono i cartoncini di TW – e grandi, per giunta. Non ci staranno mai tutti…”
C’è voluta una spedizione nella soffitta di mia nonna, e c’è voluta una scatola di piccoli magneti consegnata da Amazon in tempi record – ed ecco a voi… il Paravento Narrativo! Stabile, maneggevole, spazioso, bellino… che si può volere di più? Adesso la trama di TW vive al riparo dai gatti, dal vento, dalle formiche e dall’aspirapolvere – e, al bisogno, può essere spostata tutta in una volta con il minimo sforzo.
Ed eccoci qui: il primo di giugno.
sull’ultimo tratto di stada, se non fosse che, d’abitudine, faccio piuttosto il contrario, e tendo a rallentare in vista del traguardo… Un momento o l’altro dovrò farmi qualche domanda sul perché di questo fenomeno inconsueto, e sulla particolare natura dello sforzo sostenuto insito in cose come StoryADay – ma non adesso.