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Una di quelle giornate…

Avete presente quanto veleggiate verso la metà della prima stesura di un romanzo, e l’azione si sposta verso un luogo sui cui credevate di avere le idee ragionevolmente chiare, ma poi, colti da un pigro dubbio estivo, trovate delle mappe delle case canoniche extraclaustrali a Reims nel secondo Settecento, da cui si capisce che la Rue des Anglais settecentesca non poteva assolutamente essere stata la Rue de Langueau un paio di secoli prima, e quindi il vostro luogo dell’azione non è affatto dove credevate che fosse, e allora tornate a lambiccarvi sulle fonti, e passate un’intera domenica a (ri)leggere in Latino e in Francese, e scoprite chi ha ereditato le allegre approssimazioni di chi,  ma la cosa non vi aiuta affatto se non a rendervi conto del ginepraio in cui vi siete cacciati, e va a finire che all’una e un quarto del mattino spedite una lunga e dettagliata mail al seminario cattolico della Diocesi di Westminster, supplicando che, se non sanno rispondere, vi puntino almeno nella direzione giusta?

Ecco.

E lasciate che ve lo dica: we are not amused.

 

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Qualcosa – qualcosa… la storia del libricino rosso e grigio

È un arnesetto in brossura della Dover Thrift, sottile sottile, con le pagine un po’ ingiallite all’orlo e le mie iniziali timbrate a secco nell’angolo destro in alto del frontespizio… e non mi ricordo da dove arrivi. Continua a leggere “Qualcosa – qualcosa… la storia del libricino rosso e grigio”

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A volte…

E niente, a volte va così.

A volte non c’è nulla che tenga – scadenze, programmi, scalette, gente che aspetta… Potete avere in sospeso la faccenda del traghetto Calais-Dover, e il funzionamento del radiogoniometro, e le maree del novembre 1581, e l’ingresso in scena di Bea – ma non c’è niente da fare.

Qualcos’Altro vuol’essere scritto.

E badate bene: Qualcos’Altro non è nemmeno una storia vera e propria – perlomeno non una storia intera con un inizio, un mezzo e una fine. Vi verrebbe magari da dire che non lo è ancora – ma in realtà chances are che non sia destinata ad esserlo mai. Non così com’è, non con questi personaggi, non con questa ambientazione…

Ma Qualcos’Altro non se ne dà pensiero. Non prova nemmeno a suggerire che il suo conflitto, la dinamica tra i personaggi, qualche battuta di dialogo potrebbero tornarvi utili un giorno… e tra l’altro è anche piuttosto vero, a pensarci bene – ma a Qualcos’Altro non importa un bottone. Vuole soltanto essere scritto. Lo vuole, lo vuole, lo vuole fortissimamente, e non smetterà di pungere e mordere finché non cederete.

Potrete provare a concentrarvi sui traghetti rinascimentali e su Bea – ma lasciate che ve lo sussurri: è perfettamente inutile. Qualcos’Altro sarà anche solo una collezione di scene e mezze scene di discutibile coesione – ma ha l’irriducibilità di una remora, e non intende minimamente lasciarvi in pace.

Per cui, se avete un minimo d’esperienza, quando Qualcos’Altro vi piomba addosso, sapete che non c’è nulla da fare: accantonate i traghetti, mandate Bea a prendersi un aperitivo, aprite un file nuovo dovunque teniate questo genere di arnesi, e sguinzagliate Qualcos’Altro per un’ora o due – o un’intera mattinata. E vi avverto: più tentate di resistere, più Qualcos’Altro prenderà forma, colori e dettagli, e più tempo ci vorrà per liberarvene.

E sapete un’altra cosa? In tutta probabilità vi verrà anche benino – il che è ironico, considerando che non ve ne farete mai nulla. Però sarà lì, e l’avrete buttato giù. Consideratelo un esercizio. Un esperimento. Un gioco. L’equivalente scrittorio di un pomeriggio al luna park. Oppure non proprio questo, soprattutto se anche voi detestate i luna park – but you get my drift.

E sì, G. – lo so che stai leggendo e sei già preoccupatissima, ma credimi: non devi.  Adesso che Qualcos’Altro è appagato, non solo torno a occuparmi dei traghetti e, cosa che ti sta più a cuore, di Bea et al. – ma ci torno in corsa, con i muscoli sciolti e la mente libera.

Quindi tutto considerato mi sbagliavo: niente pomeriggio al luna park. Una passeggiata in campagna, piuttosto. O una sessione di stretching. O una buona nuotata.

O, se non va bene nemmeno questo perché non siete sportivi, possiamo considerare l’appagamento di Qualcos’Altro come un granello d’incenso bruciato all’altare delle Storie – queste bizzarre, capricciose, inscrutabili divinità minori il cui favore va coltivato con tanta, tanta cura per evitare che si offendano e ci lascino da soli.

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In Cerca di Alan Breck (Parte I)

Vennesi a parlare, nel corso del ponte, di Alan Breck Stewart.

Sì, Alan – sapete di chi parlo. Sono anni che vi dò il tormento in proposito a intervalli irregolari: il protagonista di fatto del Kidnapped di Stevenson, e il più perfetto personaggio di tutta la letteratura anglosassone secondo Henry James.

Ebbene vennesi a parlarne nel corso del ponte – del romanzo, del personaggio storico, e delle innumerevoli trasposizioni cinematografiche e televisive. E io dicevo che è davvero difficile trovare sullo schermo un Alan come si deve… E ciò accade, ammetto, perché è davvero difficile rendere Alan come si deve.

Voglio dire, Alan entra in scena a secondo atto iniziato, con “una spece di follia danzante negli occhi” che è “allo stesso tempo attraente e allarmante”, un nome regale e i bottoni d’argento. Per di più è un diavolo con una spada in mano e compone ballate impromptu – musica e parole – alla minima provocazione… E volete che uno così non rubi del tutto la scena a quel buon e noioso ragazzo che sarebbe il protagonista eponimo?

Non è facile rendere tutto ciò senza trasformare Alan in una macchietta o senza ingrigirlo per evitare di esagerare – e questo lo ammetto senza riserve. Il che non ha impedito a generazioni e generazioni di registi, sceneggiatori e attori di provarci – con risultati che definiremo… alterni.

Ora, a sentire IMdB, nel corso dell’ultimo secolo e rotti non meno di undici attori hanno provato a vestire i panni di Alan, a cominciare dal 1917. Film muto, naturalmente, con Robert Cain nel ruolo rilevante. E va detto che non è male – un Alan ridente e un pochino stagey, sfrondato in termini narrativi e d’interpretazioni ma non oltre le ragionevoli necessità della trasposizione da mezzo a mezzo. Poteva andar peggio.

Indeed, va molto peggio una ventina d’anni più tardi, nel 1938, quando ci si mettono in non meno di sette sceneggiatori a macellare la storia di Stevenson, fino a rendere i personaggi pressoché irriconoscibili. Davie Balfour ringiovanisce in un undicenne petulante e insopportabile, e c’è una generica fanciulla corteggiata dall’assai più gravemente generico Alan di Warner Baxter. Ora, questo l’ho visto una volta sola, decenni orsono, e doppiato in Italiano – e quindi dell’accento americano mi posso lamentare soltanto per sentito dire, ma quale che sia il suo accento, Alan non può andarsene attorno con aria blanda e lievemente confusa, giusto?

Un’altra decina d’anni, e lo sceneggiatore Scott Darling sembra fare qualche tentativo di fedeltà a Stevenson – ma più in superficie che altro. Per prima cosa, anche lui ritiene di dover aggiungere una ragazza – questa volta per un David dell’età giusta, ma chissà perché, non la pur stevensoniana Catriona. E si capisce che l’aggiunta di un’innamorata per David sposta del tutto il baricentro della storia, spingendo Alan fermamente in secondo piano. Al punto che Dan O’Herlihy è ridotto a una figura compita e severa – molto più Athos che Alan.

E fin qui a “follia danzante” andiamo maluccio, non trovate? Io sì – al punto che, quando ho scoperto l’esistenza della versione Disney del 1960, e ho letto che Peter O’Toole era nel cast, ho esultato.  Perché se era lì, O’Toole poteva soltanto essere Alan, giusto? Sbagliato – perché Alan era invece Peter Finch… Ora, a me Peter Finch piace, sia chiaro – ma mi sembrava poco adatto, troppo posato… e invece mi sbagliavo ancora, perché Finch ci va vicino: l’avventuriero spudorato e fumantino, la combinazione di buon cuore e leggero squilibrio… Alan, finalmente – o quasi.

Infinitamente meglio, ad ogni modo, dell’Alan di Michael Caine nel 1971… Una gran delusione, perché davvero, Michael Caine! Ma dev’essere l’interpretazione più tiepida e molliccia della sua carriera, e lui stesso sembra così poco convinto, approssimativo e mogio… e a tratti scivola persino nel Cockney. Well, forse chiunque sarebbe mogio e approssimativo se costretto a portare la parrucca, i baffi e i costumi che toccano al povero Caine. A parte tutto il resto, perché il tartan, quando Stevenson insiste così tanto sull’ossessione di Alan per i suoi abiti francesi – un nonnulla infangati ma eleganti? E già che ci siamo, perché finire con Alan catturato e destinato al patibolo, in completa contraddizione tanto del romanzo quanto della storia? D’altra parte l’Alan dello sceneggiatore Jack Pulman non è quello di Stevenson – quindi forse non c’è da stupirsi che non lo sia quello di Michael Caine…

E su questa nota un nonnulla deprimente, per oggi ci fermiamo – ma non abbiamo finito affatto. Suvvia, potremmo forse aver finito? Riuscirà la Clarina a trovare l’Alan ideale? Che altro avranno combinato sceneggiatori e registi dopo il 1971? per scoprirlo, non perdete il prossimo episodio di… In Cerca di Alan Breck!

 

 

 

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Prometeo Ricercato

Della mia nuova/vecchia/ricorrente ossessioncella per il mito di Prometeo parleremo un’altra volta. Per oggi quella che ho da raccontarvi è una storia di libri.

Di un libro in particolare, il Prometheus Bound – traduzione da Eschilo di Paul Roche. Di questa traduzione sono venuta a conoscenza attraverso questa bellissima versione animata, e ho deciso che dovevo leggerla per intero.

E che ci vuol mai? mi sono detta – e mi sono messa in cerca su Amazon, quel Pozzo di San Patrizio, eccetera, eccetera. Ora, la traduzione di Roche risale alla metà degli anni Sessanta – e ogni tanto viene ripubblicata: procurarsene una copia di seconda mano non sembra cosa difficile. In effetti, nel giro di pochi minuti si piazza e conferma un ordine con un bookseller inglese (una decina di sterline tra libro e spedizione…) e l’indomani si riceve la mail di conferma: libro spedito – e vissero tutti felici e contenti.

O forse non proprio. Un paio di giorni e, quando io credo che il mio Roche sia ormai felicemente in viaggio, arriva un’altra mail. Il bookseller m’informa che, all’atto della spedizione, il libro si è rivelato in condizioni tali da renderlo invendibile – ed era l’unica copia. Tante scuse, denaro restituito, ringraziamenti per la pazienza…

Oh, bother! Ma è presto risolto: torno su Amazon, trovo un’altra copia in condizioni ragionevoli da un altro bookseller, ordino, ricevo conferma dell’ordine e poi della spedizione… E dopo un paio di giorni, ci risiamo: all’atto della spedizione, condizioni inaccettabili, una sola copia, cenere sul capo, restituzione, c’è qualche altro libro che voglio invece?

E no, perbacco! Non voglio un altro libro – se avessi voluto un altro libro, avrei ordinato un altro libro. Voglio proprio il Prometheus Bound di Roche, e quindi ne cerco un’altra copia – incidentalmente, l’unica rimasta a un prezzo ragionevole, perché poi ci si arrampica oltre le quaranta sterline… Quindi ordino, guardo con scetticismo le mail di conferma e aspetto col fiato sospeso… E infatti, il terzo giorno dopo la spedizione, ecco che il mio ordine è cancellato.

Questa volta non c’è nemmeno una parola di scuse o di spiegazione: cancellato, e tant’è. Seccata anzichenò, scrivo al bookseller, spiegando che è la terza volta in una settimana che questo capita. Può il bookseller farmi almeno la cortesia di spiegarmi la faccenda? Qualcuno si sta accaparrando tutte le copie affrontabili del Prometheus? C’è una congiura internazionale per irritare i lettori di Eschilo? Una damnatio memoriae (un nonnulla tardiva) del mito di Prometeo?

E il bookseller risponde – pronto e gentile: spiacentissimi, davvero – ma il fatto è che, per motivi misteriosi, il “mio” Roche condivide il codice ISBN con Seize the Fire – sempre Eschilo, ma reinterpretato dal piuttosto incendiario Tom Paulin all’inizio degli anni Novanta… Possono, per farsi perdonare, mandarmi gratuitamente il Paulin?

Rispondo che non hanno nulla da farsi perdonare, e che quindi mi parrebbe giusto pagare il Paulin… ma loro insistono: a causa del doppio ISBN non potrebbero venderlo comunque, e tanto vale che lo abbia qualcuno a cui interessa davvero.

E così ringrazio, accetto – e provo a ordinare un’altra copia del Roche, questa volta Oltretinozza. Ciò accadeva una decina di giorni fa. Il Paulin è arrivato questa mattina, mentre il Roche risulta spedito – ma ho imparato che non vuol dire granché. Vero è che nessuno ha ancora cancellato l’ordine – ma potrebbe voler dire soltanto che chi ha spedito è stato meno attento dei suoi omologhi isolani…

Quindi: riuscirà la Clarina a leggere per intero la traduzione di Roche senza dover accendere un mutuo? Si ritroverà per le mani un altro Paulin? O non si ritroverà per le mani alcunché – grazie alla consueta efficienza di Poste&Telegrafi? E a ben pensarci, se ci fossero proprio le Poste&Telegrafi dietro la congiura antieschilea? E, già che ci siamo, com’è alla fin fine Seize the Fire?

Per saperlo, non perdete il prossimo emozionante episodio di… Prometeo Ricercato!

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Libretti d’Opera e Altri Animali

trereÈ capitato che N., entrando nel mio studio ancora immerso nel caos primordiale, si imbattesse nella mia limitata ma amatissima collezioncella di libretti d’opera. Ci son le cose più o meno ovvie, e poi una quarantina di arnesi tra vecchi e antichi, per lo più titoli mai sentiti prima, in un assortimento di letteratura adattata, storia rivista e vincendone fatteapposta – parte faccende ereditarie, parte regali di gente che conosce le mie ossessioni. E imbattendocisi, e meravigliandosi del glee con cui gliene parlavo…

“Ma come?” ha domandato N., levando un sopracciglio. “Tu leggi libretti d’opera? Indipendentemente dalla musica? E ci trovi gusto?”

E la risposta è sì, sì, tre volte sì. Leggo libretti d’opera per diletto, e non so contare le opere di cui ho conosciuto prima il libretto e poi (sempre che sia arrivata affatto) la musica. Per dire, le probabilità che senta mai anche solo una parte dei titoli che compongono la mia Meravigliosa Quarantina sono bassine – ma devo per questo rinunciare a leggere?

“Ma sono bruttarelli!” ha obiettato N., sfogliandone uno a titolo di esempio. “Massacrano letteratura, storia e principi narrativi in versi improbabili e linguaggio surreale!”

Vero, tutto vero – o almeno vero abbastanza spesso, e tuttavia…

E tuttavia è come per certa pittura. Tipo William Shakespeare Burton, che si chiamava così per via del Cigno, ma era un imbrattatele dell’Ottocento inglese – e che M. deve ancora perdonarmi di averle affibbiato nel corso di quel gioco d’argomento artistico che girava su Facebook.* Sono certa che anche M. pensa che The Wounded Cavalier, il quadro più celebre del povero Burton, sia bruttarello, improbabile e surreale. E in tutta probabilità, dannatamente oleografico, per buona misura…

The Wounded Cavalier by William Shakespeare BurtonE sia chiaro: non ha neanche tutti i torti – così come non li ha N. in fatto di libretti, ma il punto si è che né i libretti né The Wounded Cavalier** si apprezzano per il loro valore artistico in assoluto. Il loro fascino risiede nel modo in cui incarnano un’epoca, una mentalità, un modo di romanticizzare la storia… E questo, a mio timido avviso, questo i librettisti e Burton lo fanno alla perfezione. Tanto che al loro tempo godevano di vasto successo senza remore…***

Forse è un discorso più da storici che da appassionati d’arte – e forse ancor più da narratori, ma ci sono un sacco di cose che non considero opere d’arte immortali, ma mi piacciono tanto lo stesso – perché sono altrettante finestre aperte su un’altra epoca, sul suo gusto, sulla sua mentalità e sul suo modo di raccontare.

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* Avete presente? Ci si assegnavano a vicenda dei pittori, e poi si gugolava il proprio per postarne un’opera. Era carino e si facevano scoperte. M. era una giocatrice indefessa, poi è capitato Burton…

** Né, se vogliamo, parecchia narrativa storica ottocentesca… Guerrazzi, anyone? d’Azeglio? Ainsworth? Achard? E potrei andare avanti a lungo… Ma va detto che per tutto un romanzo – magari in più volumi – ci vuole più dedizione alla causa.

*** Ebbene sì, M. Ruskin, for one, lo definì magistrale. Tal dei tempi era il costume…

 

 

 

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considerazioni sparse · Digitalia · Internettaggini · Ossessioni

Pintereston Pinterestoni…

PinterestPinterest, sì… oh dear.

Sono entrata in Pinterest ai tempi in cui ci si entrava su invito. Non è più così, vero? In realtà non lo so – perché, appunto, ci sono entrata anni e anni fa, su invito di un amico, e con un certo divertito scetticismo.  No, perché davvero: mi si era detto che era terribilmente addictive, ma che poteva esserci mai di così interessante nel raccogliere figurine digitali? Così creai una piccola bacheca chiamata History, Stories, Books and Theatre, ed ero convinta che non sarei mai andata oltre, perché davvero: figurine digitali…?

Pinterest1Un paio di giorni e svariate centinaia di figurine più tardi, Pinterest era diventato il mio nuovo Pozzo delle Ore Perdute. Il giusto contrappasso per il mio divertito scetticismo, immagino.

Ma quando me ne resi conto, era troppo tardi. Cominciai a creare bacheche per libri prediletti, velieri, nevicate cinema muto e altre ossessioni, e poi per cose che ossessioni non erano – dal piccolo artigianato alle combinazioni di colori ai rapaci notturni… E mi sentivo in colpa da matti per tutto il tempo che dedicavo alla cosa – ma nondimeno…

Poi arrivarono le bacheche dedicate al teatro: una per le mie cose rappresentate, una per le luci, una per i costumi, una per le scenografie – e questo cominciava ad avere un’aria un pochino più seria e utile, abbastanza per acquietare un nonnulla la mia coscienza. E intanto il conto delle Ore Perdute lievitava. Pinterest2

E poi fu la volta delle bacheche dedicate alla scrittura: il disastro, la beresina procrastinativa… pincrastinazione? Alas, mi piace avviare una bacheca per ogni nuovo progetto, e mi piace avere un posto dove raccogliere immagini rilevanti, idee visive, suggestioni, links e atmosfere – e tanto più perché, lasciata a me stessa, non sono una persona terribilmente visiva. Il problema è che mi piace un po’ troppo. È terribilmente facile convincersi di star facendo qualcosa di utile writing-wise – e tutti sappiamo dove conduce questa strada, vero?

Quindi sì, lo confesso: mi chiamo Chiara, e ho una dipendenza da Pinterest. Lo trovo tanto utile quanto dilettevole, ed è persino diventato parte del mio processo di scrittura – ma non è di nessun aiuto nella mia costante lotta alla procrastinazione.

Ogni tanto ho l’impressione di disintossicarmi, e poi ci ricado. Una nuova bacheca per un motivo o per l’altro, qualche immagine di qua e di là, un’idea cui associare un’immagine… ed ecco che sono ricaduta giù per la tanta del Pinconiglio. È successo di nuovo ieri, per dire – hence questo post.

Non so che dire. Passerà. O non molto. E… non per volervi trascinare lungo sentieri pericolosi – ma, in caso vi siate incuriositi, le mie bacheche sono qui.

considerazioni sparse · Ossessioni · Poesia · Spigolando nella rete

Nevica!

nevicata.jpgE no, in realtà non nevica più – e anzi, sta piovendo – ma ieri… ah, ieri è nevicato per tutto il giorno, ed è stata una di quelle giornate magiche e sospese…

Quindi sì, ho avuto la mia nevicata. La prima vera e propria nevicata da anni a questa parte – e mi ritengo soddisfatta.

Magari lo sarei ancora un nonnulla di più se non ci piovesse subito sopra… ma non cavilliamo, volete? Sono soddisfatta*.

E per dimostrarlo, ecco qui uno scampoletto rilevante di Maxence Fermine:

La neve è una poesia. Una poesia che cade dalle nuvole in fiocchi bianchi e leggeri. Questa poesia arriva dalle labbra del cielo, dalla mano di Dio. Ha un nome. Un nome di un candore smagliante. Neve.

>E, giacché ci siamo, anche una di quelle cose un pochino nonsense che si pescano girando qua e là per la Rete (o SNFSedSquando qualcuno, conoscendo la vostra ossessione per la neve, ve le segnala)…

Qui trovate un generatore di fiocchi di neve personalizzati. Dovete soltanto inserire un nome, una citazione – o, in realtà, qualsiasi cosa che si scriva in lettere, numeri e simboli – e vedrete comporsi il vostro fiocco di neve… Quello qui di fianco, per esempio, dice “Senza Errori di Stumpa”. And yes, I know – ma non vi fate idea di quanto sia grazioso. E addictive…

Ah well, niente. Così.

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* E in realtà c’è qualcosa nell’impermanenza delle nevicate… Prima o poi dovrò scriverci su qualcosa.

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La Rivoluzione i Figli Suoi Divora…

Andrea-Chenier-prima-Teatro-alla-Scala-Rai-1scala-Stravizzi.com_-218x300Visto l’Andrea Chenier della Scala, ieri sera?

A me piace tanto, l’Andrea Chenier… Musica e libretto – un giovanissimo Giordano e Luigi Illica at his most (melo)dramatic. D’altra parte, con il suo intreccio di amore, morte, patriottismo e redenzione mancata* sullo sfondo del Terrore, è una vicenda perfetta per l’opera. Chissà perché mi ero convinta che il libretto  venisse da uno di quei drammoni francesi, you know – e invece no, o almeno… Il libretto riporta questa piccola Nota dell’Autore:

Da H. de Latouche, Méry, Arsène Houssaye, Gauthier e J. ed E. de Goncourt ebbe la idea di drammatizzare pel Teatro di Musica il personaggio di Chénier e attinse dettagli di verità d’epoca. (L’A. del libretto – L.I.

Tantalizing, vero? Mi sa che qui s’imponga qualche ricercuzza…

Ma intanto, ieri sera. Niente affatto male, nel complesso. Mi è piaciuta molto Anna Netrebko, ed Eyvazov è bravo, anche se non impazzisco per il suo timbro. Aspettavo soprattutto di vedere la regia di Martone, che ho trovato discontinua anzichenò: cose davvero belle (l’intero III Quadro con il “processo”), cose così così (l’intero II Quadro, con le pareti a specchio), cose un po’ gratuite, direzione dei personaggi un po’ approssimativa, folla per lo più molto bella a vedersi – ma non era come se la regia televisiva aiutasse affatto – bei costumi e belle, ma belle luci.

Ad ogni modo è stato un piacere vedere un Andrea Chenier in una produzione come si deve, e Chailly è sempre una garanzia.

Che ne dite di due piccoli video?

Questo accosta musica e immagini un po’ così, ma mette bene in risalto movimento, schema di colori e luci contro lo sfondo nero – meglio di quanto si sia apprezzato nella diretta, francamente…

E questo invece offre un bellissimo sguardo dietro le quinte, a prove, preparazione e allestimento:

E lasciatemi concludere con un momento à la Grisù: un giorno lavorerò backstage a un’opera… un giorno lavorerò backstage a un’opera!

Ecco. Felice Immacolata, o Lettori.

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* No, per dire: secondo voi che ne è di Carlo Gerard una volta chiuso il sipario?

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CDSF

InsanityDicesi “Fase Che Diamine Sto Facendo” (o più brevemente Fase CDSF) il momento in cui, nel corso della stesura, la domanda titolare s’impone con ubiqua e perentoria petulanza, obnubilando qualsivoglia barlume di giudizio, buon senso, ragionevolezza, senso delle proporzioni e senso dell’umorismo.

È tristemente caratteristico di questa condizione che, per un combinarsi di fenomeni psicologici, auditivi nonché ottici, essa (la domanda titolare) si manifesti in molteplici forme e sconsolante insistenza, in guisa di Lieve Ossessione, Pensiero Ineluttabile, Coro Greco, Formazione Nuvolosa a Cirrocumuli, Trenodia Sinfonica et caetera similia. La presenza di Punti Interrogativi in quantità variabile – talora, seppur non di frequente, accompagnati da Punti Esclamativi, può costituire un indice empirico della gravità della condizione stessa.

L’insorgere della Fase CDSF , seppure tipico della maggior parte delle produzioni per iscritto, soprattutto a carattere fittizio, non trova sede preferenziale in alcuno stadio specifico della stesura. La letteratura riporta abbondanti casi di Fase CDSF manifestatasi all’inizio, verso la fine, a mezza strada e in ogni possibile punto tra quelli indicati. Il Lettore valuti da sé se sia cosa buona o cattiva che essa capiti a un quarto della Quarta Stesura…

Una volta prodottasi, la Fase CDSF tende a produrre Riletture Sconsolate, Crolli di Fiducia, Improvviso Disgusto, Caspar_David_Friedrich_-_Wanderer_above_the_sea_of_fogUmor Tetro, Risatelle Tragiche, Passeggiate sulle Scogliere, Decisioni Epocali, Ripensamenti Drastici, Ansia da Scadenza, Autocommiserazione, Cupaggine Generale, Mancanza d’Appetito oppure Voracità Invereconda, Rimuginamenti Mentali, Orali o Scritti, Afferramento di Tende, Aneliti di Tabula Rasa, Aneliti di Tutt’Altro – e tutta un’ulteriore varietà di sintomi individuali, in combinazioni ancora non censite dalla scienza.

La condizione, soprattutto quando accompagnata da Autocommiserazione, è passibile di svilupparsi in un’ulteriore  fase chiamata Come Ho Mai Potuto Pensare d’Imbarcarmi in un Arnese Simile – e, nei casi più gravi,  si è segnalato l’insorgere di una fase Non Scriverò Mai Più Una Singola Parola. Remota – ma non trascurabile – è la possbilità di associazione con il temuto Blocco dello Scrittore. Gli studi in materia di correlazione tra le due condizioni non sono a tutt’oggi conclusivi, ma emerge una tendenza a vedere nella Fase CDSF più un prodromo che una causa del BdS.

Imprevedibilmente variabile è altresì la durata della Fase CDSF – da poche ore a qualche settimana nella maggior parte dei casi.

Tea&BiscuitsCome molte Afflizioni dello Spirito (e dello Spirito Scrivente in particolare), questa condizione si combatte con generose applicazioni di Tè Bollente, Biscotti, Musica e Ore di Sonno. Settori della Scuola Anglosassone, tuttavia, tendono ad equiparare nel trattamento la Fase CDSF al Raffreddore Comune che, secondo il Vecchio Adagio, a curarlo passa in una settimana – e, a non curarlo, invece pure.

Studi recenti hanno dimostrato l’efficacia di Distrazioni quali Docce Bollenti, Passeggiate Lontano dalle Scogliere o Attività Manuale. La presente disamina preferisce non pronunciarsi sulla pur ipotizzata utilità di Taglio del Prato e Caricamento della Lavastoviglie (qui riferiti per completezza d’argomento), ma riconosce senza riserve la bontà terapeutica di Torte al Forno, Elefanti di Terracotta, Lanterne e Teatrini di Carta.

Notasi infine come, nei casi di Esito Positivo (una percentuale felicemente elevata), la Fase CDSF tenda a risolversi in Rinnovata Fiducia, Maggiore Obiettività Relativa, Buone Idee, e temporaneo incremento del Senso delle Proporzioni.

 

 

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