anglomaniac · considerazioni sparse · posti

Dopo

Ieri sera, guardando una di quelle cose di viaggio che parlava di (e mostrava) tutta una collezione di meravigliosi giardini tra Somerset, Devon e Dorset, con R. si raggiunta la conclusione che abbiamo una voglia folle di fare un viaggio. Anche un piccolo viaggio. Magari più di un viaggio. Quando si potrà di nuovo… appena si potrà di nuovo… Scommetto che sapete tutti quanti come vanno queste conversazioni.

E naturalmente il passo successivo è stato mettersi a far piani – e adesso, naturalmente, vi metto a parte della piccola lista che ne è uscita.

  • Il Kent. Sono secoli che quest’idea del Kent è in metaforico ballo. Canterbury, naturalmente – dove fatico a credere di non essere mai stata – ma anche Sandwich, il castello di Rochester, posti più piccoli come Scotney, le rovine di Scadbury Manor (la casa di Tom Walsingham), Hightham Mote e ogni genere di giardini… E girare per stradoline di campagna tra le siepi di biancospino, pranzare nei piccoli pub nei villaggi… Questo genere di cose.
  • Ravenna. Yes, well. Sono già stata a Ravenna, più di una volta… ma mai overnight. Adoro Ravenna, con le meraviglie del suo passato bizantino, e voglio tanto scrivere qualcosa di ambientato a Ravenna. E poi quest’anno ci sarà abbondanza di robe dantesche. IL che ci porta a…
  • Firenze. Un altro ritorno – ma da un precedente soggiorno, un paio di anni fa, me ne sono venuta via con una Next Time List che occupa due pagine di moleskine.
  • Spagna. Vago, lo so – ma le idee sono varie e un po’ sparse. Granada, Burgos, Toledo, Valladolid… E poi alcuni posti come Alcalà de Henares, San Yuste, Aranjuez – per motivi narrativi. Come per Ravenna, The Spanish Tale mi ronza in testa da tanto di quel tempo…
  • Mont Saint-Michel. Si può essere stati in Normandia e non avere visto le Mont Saint-Michel? Ebbene, si può. Io l’ho fatto – per motivi che all’epoca erano sensati, e ripromettendomi di tornarci… Solo che da allora sono passati più di vent’anni, per cui forse è il momento di farlo?
  • Delfi. La Grecia in generale, obviously – ma per colpa/merito di Mary Stewart (yes, yes – laugh all you like…) il posto dove voglio assolutamente andare è Delfi, where the gods still walk
  • Londra. Questo non ci sarebbe nemmeno bisogno di dirlo, in realtà – ma… giusto un anno fa, come oggi, me ne stavo tornando a casa dopo una tre-giorni londinese con gli amici della Campogalliani. L’ultimo viaggio prima della tempesta, proprio mentre l’Isoletta tagliava gli ormeggi dal Continente, e soprattutto, mentre la tempesta iniziava a farsi sentire… Il ritorno a Londra, quando si potrà, segnerà la chiusura di un cerchio.

Ecco. Questa è la mia lista. Quando si potrà. Quando il mondo sarà tornato in asse – e alle sue dimensioni normali. Ed è bello tornare a fare progetti per dopo.

E voi, o Lettori? Dov’è che vorrete andare… dopo?

anglomaniac · romanzo storico · scribblemania · Storia&storie

Di terze stesure, scadenze, e differenze franco-inglesi

Ieri sera, con un giorno di ritardo e una certa sorpresa, ho inserito nel taccuino rosso dedicato a Road to Murder il calendario mensile di novembre – una faccenda che è per metà un ruolino di marcia, e per metà resoconto quotidiano di quel che faccio (o non faccio).

E dico che l’ho fatto con una certa sorpresa perché… novembre! Un mese alla scadenza. Un mese alla consegna. Ancora quasi tutto un mese. Solo un mese… oh dear! Sì, ecco. Sto lavorando sulla terza stesura – in realtà, più che altro, una serie di aggiustamenti e la dannata Montreuil sur Mer – e non so più troppo bene se sono indietro, avanti o a un punto ragionevole…

No, davvero: non lo so più. Va a tratti. Immagino che dipenda dalla quantità di tè assunto, dal meteo, dalla dannata Montreuil…

E sia ben chiaro, non ho nullissima contro Montreuil sur Mer – se non il fatto che in rete non se ne trova una pianta cinquecentesca a nessun patto. O finora io non l’ho trovata e non la trovo, e in fondo dovrei solo capire un paio di cose su come erano rispettivamente piazzate e distribuite cittadina e cittadella… e sapete la cosa peggiore? Che i Francesi non sono di nessun aiuto.

Voglio dire: avete un dubbio su come fossero fatte le navi che nel tardo Cinquecento facevano la spola tra Dover e Calais trasportando merci e qualche passeggero per arrotondare? Vi domandate cose come il tipo di costruzione, il numero di alberi e cose così – e, per quanto cerchiate, trovate ben poco di consclusivo, che sia contemporaneo o moderno? Ebbene, quel che fate è scrivere a qualcuno di inglese o di americano. Può essere uno storico che tiene un blog, il curatore di un museo navale, il webmaster di un sito che traccia le rotte commerciali in età Tudor… Scrivete una piccola mail cortese in cui spiegate il vostro dubbio, raccontate a che punto siete riusciti ad arrivare da soli, e formulate la vostra domanda – e… nel giro di qualche giorno, ecco che arriva la risposta!  Nella più blanda delle ipotesi, vi indirizzano verso qualche libro o archivio online – ma di solito offrono risposte dettagliate o, dove non ce ne sono, ipotesi ragionate. E vi salutano augurandovi buona fortuna per il romanzo e sperando di essere utili… Ed è meraviglioso.

Però funziona solo con gli Anglosassoni.

Provate a fare lo stesso con un museo, un archivio o un’associazione culturale francesi. Provate pure – ma non aspettatevi nulla. Nemmeno una risposta per dire che non vi possono aiutare. E non sto facendo l’anglomane ossessiva – è che, per esperienza diretta e recente, è proprio così. In fairness, dirò che una volta, una ventina abbondante d’anni fa, ho avuto risposta – cartacea e dettagliata – dal Musée des Guerres de Vendée di Cholet. Una volta. Più di vent’anni fa. Fine.

Quindi sì, forse sono un’anglomane ossessiva – ma dopo tutto ho le mie ragioni. Ecco.

E adesso torno alla mia terza stesura, e a cercare notizie sulla Montreuil del tardo Cinquecento, e a cercar di capire se sono indietro, avanti o, dopo tutto, nessuna delle due cose.

Vi farò sapere.

anglomaniac · elizabethana · pennivendolerie · romanzo storico

Udite – Udite! (Ovvero, Sapere Books & Io)

Era da un po’ che ogni tanto vi accennavo a un lavoro in corso di ambientazione elisabettiana chiamato TW, nevvero? Quello con l’itinerario smarrito e ritrovato, per capirci. E quello i cui cartoncini sono attualmente sul Narravento. E qualche volta forse ho anche sussurrato che TW prometteva sviluppi…

Ebbene, o Lettori, gli sviluppi ci sono stati – e sono estremamente lieta di annunciarvi che ho firmato un contratto con Sapere Books, una meravigliosa piccola casa editrice… sull’Isoletta!

Stiamo parlando di gialli storici ambientati, tanto per cominciare, nei primi anni Ottanta del Cinquecento – con un pochino di spionaggio aggiunto per buona misura. Il mio protagonista e investigatore, Thomas Walsingham fa il corriere diplomatico per il suo famoso cugino, Sir Francis dello stesso nome, ministro e capo del servizio di spionaggio della regina Elisabetta… È il genere di carriera in cui s’incontrano un sacco di pericoli e di misteri – e Tom avrà il suo bel daffare a risolvere misteri.

È ancora tutto molto all’inizio, e ci vorrà un po’ prima che abbia una data di pubblicazione – ma state pur certi che vi farò sapere. Intanto gioite con me – e qui c’è la mia author page sul sito dell’editore.

anglomaniac · Londra · posti

Sette Cose Londinesi

There’s no place like London… si canta in Sweeney Todd – e lasciate che ve lo dica: sono d’accordo. Lo sono nel modo in cui il giovane Anthony intende la faccenda, e non alla maniera del diabolico barbiere eponimo – ma forse non c’era tutto questo bisogno di spiegarlo, vero?

Di ritorno da tre giorni e mezzo a Londra, e ancora un po’ stordita dal vortice metropolitano, credo che me la caverò con una piccola lista di spunti, suggerimenti, scoperte, riscoperte, momenti memorabili in ordine sparso.

Andiamo a cominciar:

  1. Trovarsi sull’Isoletta proprio mentre si recidevano gli ormeggi con l’Unione Europea. Non che si sia visto molto in fatto di proteste o festeggiamenti – ma tanti Londinesi così afflitti per la Bexit, così ansiosi di farlo sapere. Il cassiere nel bookshop e la guida alla mostra sui tessuti antichi…  Scoprono di avere a che fare con dei continentali, e devono – proprio devono spiegare che loro avevano votato contro, che è un giorno buio, che non doveva succedere…
  2. Tre musical in tre giorni: la meraviglia, la perfezione, la musica, le interpretazioni stellari, le continue sorprese… Si torna bambini, si guarda incantati ad occhi tondi e bocca aperta. 
  3. La casa-museo dell’architetto e collezionista Sir John Soane a Lincoln Inn’s Fields, colma fino al soffitto (nel più letterale dei sensi) di collezioni d’arte e antichità. Un vero e proprio tuffo in un certo aspetto dell’età georgiana – quella dei collezionisti, degli artisti, dei professionisti-gentiluomini, dei classicisti appassionati, in ascesa social-professionale dopo essere stati grand-touristi low-cost in gioventù.
  4. Cream tea a Covent Garden: scones, clotted cream, marmellata di fragole, buona compagnia e musica dal vivo nella piazzetta…
  5. La mostra dei costumi al National Theatre. Non solo una certa quantità di magnifici costumi teatrali – ma anche strumenti di lavoro, appunti, schizzi, modellini, e frammenti di interviste a designers, sarti e guardarobieri che raccontano un appassionato lavoro creativo, pieno di fantasia e di tecnica superlativa.
  6. Simpson’s in the Strand, il ristorante che vanta il miglior roast-beef del mondo. Ora, non so se questo sia proprio vero – ma di sicuro era delizioso persino per una carnivora riluttante come me. E comunque il posto, arredato come un gentlemen’s club, tutto legni scuri, divanetti di pelle impunturata, legni scuri, argenti, quadri e stampe, ovattato, elegante, con un servizio attentissimo e discreto, è un’esperienza di per sé.
  7. Il capodanno cinese, con i coloratissimi leoni danzanti nelle hall degli alberghi e Soho illuminata da infinite ghirlande di lanterne rosse… e certa gente di vostra conoscenza che, camminando a naso in su, inciampa in una predellina di legno criminalmente abbandonata in mezzo al passaggio, prende il volo e atterra sul marciapiedi come un’anatra abbattuta. Yes, well. Also, una certa quantità di cinesi provvisti di mascherina, a ricordarci che non tutto è a posto.

Perché sì – mentre noi eravamo in giro per teatri e negozi, per musei e ristoranti, in buona e allegra compagnia, impegnati a bagolare di teatro, storia e carattere nazionale britannico, mentre ridevamo, ammiravamo e facevamo scoperte, tutt’attorno le cose succedevano. Uno strappo storico, un’epidemia, un attentato a Stratham… tutto insieme, tutto… .

Un singolare viaggio, non trovate? E una prova in più che davvero, nel bene e nel male, there’s no place like London.

anglomaniac · Lunedì del D'Arco · Storia&storie · teatro

I Lunedì del D’Arco: Puck delle Colline

LocE questa settimana tocca a me – con Kipling e Puck delle Colline.

Devo dire che a suo tempo – quando si è scelto il tema dei Lunedì 2018, e quando si è deciso che si poteva sconfinare dal territorio delle fiabe strettamente tradizionali – la scelta si è fatta quasi da sé.

Ho un debole per Puck of Pook’s Hill – e per il suo seguito Rewards and Fairies – da quando mi ci sono imbattuta per la prima volta più di vent’anni fa. L’idea di questi due ragazzini che, grazie a un Puck quasi shakespeariano, incontrano una serie di personaggi storici sembra fatta apposta per farmi felice… Sotto certi aspetti rimpiango di non avere scoperto questi libri da ragazzina – ma anche da adulta trovo che siano pieni di cose meravigliose.

Il rapporto fra mito, storia e folklore, il legame fra paesaggio e immaginazione, atmosfera a bizzeffe, una meravigliosa Inghilterra immaginaria, un tocco amarognolo, una spruzzatina di Shakespeare e, soprattutto, una bella riflessione sull’immaginazione umana…

PuckDanUnaVi pare che potessi lasciar perdere l’opportunità di portare tutto questo in scena? Giammai! E così ho scelto le due storie più strettamente fiabesche della prima raccolta – Weland’s Sword e la mia prediletta Dymchurch Flit – e le ho rimescolate in una piccola storia su come le storie nascono, cambiano e non muoiono mai del tutto.

Una fiaba sulle fiabe, se volete.

E a dare voce e vita ai personaggi di Kipling ci saranno i sempre ottimi Alessandra Mattioli, Francesca Campogalliani, Adolfo Vaini e Luca Genovesi – e due giovanissimi allievi della Scuola di Teatro Campogalliani: Mariasole Tartari e Tommaso Dalzoppo.

Poi il Dottor Alberto Romitti di Libera Freudiana Associazione ci condurrà ad esplorare l’elemento onirico di questa e di altre storie.

Che ne dite, vi unite a noi, questa sera? Una volta di più, vi raccomando di arrivare presto – ma presto per davvero, perché i Lunedì sono popolarissimi e il Teatrino si riempie con facilità. Vi ricordo che la serata è gratuita, non serve prenotare – e non è consentito “tenere posti”.

 

 

anglomaniac · pennivendolerie · romanzo storico · Storia&storie

O Forse Non Proprio Glasgow…

GlasgowSkyRieccomi qui! Vi avevo detto Glasgow, giusto?

Invece non era affatto Glasgow, dopo tutto, ma Cumbernauld – villaggio nelle collinosette campagne glasvegiane… E per dire la verità, anche del villaggio ho visto ben poco, quel che si vede di un posto passandoci accanto in taxi, perché i miei tre giorni scozzesi sono stati trascorsi tra seminari, lezioni, dimostrazioni pratiche di armi e costumi d’epoca, dibattiti – e una favolosa cena di gala, con tanto di piper e candelieri d’argento… ammetto che, entrare a cena in processione preceduti dalla cornamusa, è stata un’esperienza da romanzo – storico, of course.

E ho incontrato due agenti – nessuno dei quali rappresenta esattamente il genere di cose che scrivo… e su questo potrei levare un piccolo sospiro, perché nel cercarsi un agente, ci si sente dire di fare i compiti a casa, di cercar di capire che cosa il singolo agente cerca… e io l’avevo fatto, studiando siti web, interviste, twitter… salvo poi scoprire cose che, ad averle sapute prima, mi avrebbero indotta a presentare il mio pitch a qualcun altro. Quindi sì, o Agenti – è giusto che dobbiamo fare qualche sforzo per trovare la persona giusta, ma come possiamo farlo, se quel che si trova in rete è incompleto o addirittura fuorviante?

Ma ciò non toglie che gli agenti in questione, di persona, si siano rivelati persone gentilissime e disponibili, con un sacco di consigli da dare, e di cose molto lusinghiere da dire sulla mia scrittura e sul mio romanzo… Non foss’altro che come paio di opinioni di gente “dell’industria”, come suol dirsi, i due incontri sono stati molto soddisfacenti e utili.

E poi…

GlasgowPrizeE poi, inutile girarci attorno: il punto focale dell’intera faccenda, è stata la Short Story Competition…  Ricordate la storia che non voleva essere scritta? Quella della scadenza rispettata all’ultimissimo minuto utile? Ebbene, la sera prima di partire ho scoperto che la storia in questione era nella terzina finalista della HNS – e non vi dico che soddisfazione sia stata già quella. La HNS è uno dei non tantissimi palcoscenici riservati alla narrativa storica, ed è notoriamente difficile da accontentare. Per cui, quando sabato pomeriggio sono andata alla proclamazione, ero pienamente disposta a considerarmi contenta di un secondo o anche di un terzo posto. Poi Richard Lee, presidente della HNS, dopo avere annunciato la terzina e fatto qualche considerazione sulla qualità molto alta delle storie partecipanti e sulle difficoltà incontrate dalla giuria nello scegliere,  ha chiamato il terzo classificato – e non ero io. Poi ha chiamato il secondo… e nemmeno quello ero io.

“You’ve won! You’ve won!” ha cominciato a strillare Wendy, l’autrice americana che era seduta accanto a me… e non aveva tutti i torti: il racconto vincitore era il mio, The Revolution in Rivabassa.

Dopodiché… il mondo anglosassone è siffatto che ho passato la maggior parte delle ventiquattro ore successive a ricevere le congratulazioni di un sacco di gente – anche gente pubblicata, pubblicatissima e celebre, e agenti letterari, ed esperti americani di marketing letterario… Ecco – ho ricordi molto dorati di questi tre giorni scozzesi.edinburgh-skyline-in-watercolor-splatters-with-clipping-path

Ero ancora molto sulle nuvole domenica pomeriggio, a passeggio per il centro di Edimburgo – e mi è venuto da pensare che a Edimburgo ci ero arrivata per la prima volta ventisei anni fa, scolaretta spedita in Scozia a imparare la lingua, pressoché incapace di mettere insieme due frasi di senso compiuto… È stato bello – e in qualche modo “giusto”, if you see what I mean, venirmene via di nuovo, dopo un quarto di secolo abbondante, con un premio in tasca per una storia scritta in Inglese.

anglomaniac · pennivendolerie · romanzo storico

Glasgow!

GlasgowHNSMentre leggete qui, sono a Glasgow.

O quanto meno, sulla via di Glasgow – dipende da quanto siete mattinieri… E in realtà, nemmeno a Glasgow proper: nei dintorni, a Cumbernauld. Per la Conference della Historical Novel Society. Tre intensi giorni di incontri, seminari, conferenze, contatti… Tra le altre cose, incontrerò due agenti letterari per parlare del mio romanzo.

Inutile dire che tutti i lepidotteri dell’Emisfero stanno tenendo un sit in sul mio diaframma…

Towers of Kelvingrove Art Gallery and MuseumEro già stata alla Conference nel 2016, a Oxford – e l’esperienza era stata favolosa. Non mi aspetto nulla di meno – e in più, questa volta, ho da ritrovare persone conosciute allora, contatti e amicizie-da-lontano coltivate nel corso degli ultimi due anni.

Vi racconterò – intanto incrociate le dita per me, volete?

anglomaniac · elizabethana · Poesia

Emilia

EmiliaLa miniatura che vedete qui accanto si trova al Victoria & Albert Museum, è opera di Nicholas Hilliard e potrebbe essere l’unico ritratto esistente di Emilia Bassano – forse la Signora Bruna dei Sonetti.

Personaggio interessante di per sé, Emilia – also spelled Aemilia, Emelia… il selvaggio spelling elisabettiano, you know. Ad ogni modo, figlia di musici di corte, talentuosa musicista a sua volta, intelligente, bella, brillante, educata da una contessa, amante di Lord Hunsdon – che era cugino (o forse fratello) illegittimo della Regina, sposata in fretta e furia, quando rimase incinta, a un cugino bellissimo e lestofante, divorziata, direttrice scolastica (o l’equivalente elisabettiano) poetessa… in fact, la prima poetessa professionalmente pubblicata d’Inghilterra – con una rinarrazione in versi del Vangelo dal punto di vista delle donne…

Insomma, una signora notevolissima, coraggiosa e rivoluzionaria – una “prima” sotto tanti aspetti. Non so voi, ma io la vedo bene nei panni della spregiudicata seduttrice dagli occhi neri di Shakespeare, la donna che induce il non-ancora-Bardo a coniare un canone nuovo di bellezza, che ammalia piccoli aristocratici biondi e poeti di genio con un batter di ciglia…

Oh, queste cose mi mettono una feroce nostalgia de L’Uomo dei Sonetti… chissà se riuscirò mai a farne quel che intendo – ovvero portare in scena la versione completa…!

E per tutto questo, e perché sono in un periodo frizzantemente elisabettiano, e perché mi piace la voce di Tom Hiddlestone…  Che ne dite del celeberrimo, inconsueto, acidognolo Sonetto 130?

Gli occhi della mia donna nulla hanno del sole.
Il corallo è ben più rosso del rosso delle sue labbra.
Se la neve è bianca – il suo seno è certo bruno.
Se son setole i capelli, nere setole avrebbe in capo.
Ho visto rose screziate, rosse e bianche
Ma non vedo tali rose sulle sue gote.
E in certi olezzi vi è maggior delizia
Che non nell’alito che la mia bella emana!!
Io amo la sua voce eppure ben conosco
Che la musica ha un suono molto più gradito.
Ammetto che mai vidi l’inceder d’una dea:
La mia donna nel camminar calpesta il suolo.
Eppure, per il cielo, per me è tanto più bella
Di ogni altra donna falsamente decantata.

Ci voleva, ammettiamolo, una certa audacia a dedicare un sonetto così a una donna – e tanto più in una società in cui la bellezza era per radicata convenzione bionda&bianca… Ma d’altra parte, Emilia era una donna non comune – e c’è da scommettere che possedeva tutta l’intelligenza e lo spirito che servivano ad apprezzare per davvero un tributo così unico, don’t you think?

anglomaniac · gente che scrive · Spigolando nella rete

Emily

emily brontë, cime tempestose, gondalDomenica sarebbe stato il centonovantanovesimo compleanno di Emily Brontë.

Nata d’estate – non si direbbe, vero? Ci si aspetterebbero stagioni più cupe per l’autrice di Cime Tempestose… O magari sono solo io, ma allora la colpa è in parte di D’Annunzio che, ne Il Ferro, descrive una delle sue protagoniste come “nata di notte”, per spiegare una certa dose di buio interiore della signora in questione. But never mind.

Centonovantanovesimo compleanno, si diceva, e quindi un po’ di link rilevanti.

Tanto per cambiare, non è che in Italiano si trovi tantissimo – ma è anche vero che tantissimo non c’è…

Qui c’è una versione pdf di Cime Tempestose in Italiano* – e per una volta non si tratta di LiberLiber che, devo annotare, ha un singolo titolo di Charlotte e ignora completamente Anne ed Emily…

Inutile dire che in Inglese va meglio: Wuthering Heights, Poems (di tutte e tre le sorelle – e forse Emily era la migliore poetessa fra le tre), e la biografia di Mary Robinson.

Qui si trovano alcune lettere e diary papers, pagine isolate che le sorelle avevano l’abitudine di scrivere in occasione di compleanni, viaggi et similia. Badate a quella del 30 luglio 1845, con il resoconto del viaggio a York trasformato in un lungo make-believe.

Poi vi segnalo questo sito dedicato a Wuthering Heights, pieno di saggi, immagini, citazioni, link e cose generalmente interessanti – compresa una collezione di certi e possibili ritratti di Emily.

Qui invece ci sono le immagini della brughiera sul sito di Brontë Country, mentre qui trovate indicazioni per il caso in cui voleste replicare di persona qualcuna delle interminabili camminate che Emily Jane era solita fare su e giù per le brughiere, con le sorelle e il fratello, o sola con il fedele cane Keeper.

Qui, invece, a titolo di curiosità, trovate una mappa dei luoghi di Wuthering Heights.

Un sacco di cose – e non solo su Emily, si trovano su BrontëBlog, dal titolo piuttosto esplicativo: romanzi, poesie, racconti, juvenilia, biografie, memorie… di e su tutta la famiglia. Da leccarsi i baffi.

E per finire, questa è la pagina di Wikipedia dedicata Gondal, lo stato immaginario creato da Emily e Anne mentre Charlotte e Branwell inventavano Angria.

Non c’è moltissimo, perché (oltre a non essere particolarmente prolifica) prima di morire giovane Emily bruciò parecchi quaderni di poesie e – forse, forse – il romanzo cui stava lavorando. Però, se volete un ritratto letterario inconsueto di Emily, nonché un’idea del genere di adorazione che Charlotte nutriva per sua sorella, potete leggere Shirley, la cui eroina eponima è intesa come un ritratto di Emily, immaginata in circostanze sociali ed economiche migliori…

Poetessa riluttante, immaginatrice compulsiva, romanziera scandalosa, zitella scorbutica e ostinata, wild child of genius, sorella adorata, camminatrice indefessa, sognatrice incapace di staccarsi dai suoi personaggi – singolare personaggio a sua volta, Emily Jane, nevvero?

__________________________________

* Sul fatto che CT sia qualificato come “letteratura per ragazzi”, per ora, stendiamo un tulle misericorde.

 

anglomaniac · bizzarrie letterarie · Poesia

Limerick!

Edward_lear2.jpgIl limerick è una poesiola in cinque versi (dimetri o trimetri anapestici, a voler essere pignoli) con uno schema di rime AABBA. Ora, perché qualcuno vorrebbe inventare una forma poetica di cinque versi anapestici*? Ma perché qualcuno è inglese, naturalmente. O più che altro irlandese: a parte qualche esempio arcaico (il solito, onnipresente Shakespeare – ma la faccenda è dubbia, e un ecclesiastico seicentesco in vena satirica) l’origine del genere sembra doversi cercare nell’Irlanda settecentesca, dove i cosiddetti Poeti del Maigue si sfidavano a produrne di estremamente licenziosi.

Noi adesso associamo il limerick alla letteratura nonsense grazie a Edward Lear che, nella seconda metà dell’Ottocento, prese la forma e la usò per le sue incantevoli rime assurde, come questa:

There was an Old Lady of Prague,
Whose language was horribly vague,
When they said,”Are these caps?”
She answered “Perhaps!”
That oracular Lady of Prague.

Oppure questa:

There was a Young Person of Smyrna
Whose grandmother threatened to burn her*;
But she seized on the cat,
and said ‘Granny, burn that!
You incongruous old woman of Smyrna!’

E a questo punto è evidente che la prosodia non è precisamente il primo dei problemi nel comporre un limerick: giochinonsense--edward-lear-001 di parole, allitterazioni, assonanze, nomi geografici e bizzarrie di pronuncia** sono i nove decimi del sugo di questo gioco, e al diavolo i trimetri anapestici – anche se, come Lear, si era il professore di disegno della Regina Vittoria. Tra l’altro c’è un che di estremamente appropriato nell’idea che sia stato un eminente vittoriano a… come dire? Ad addomesticare il limerick purgandolo dalla sua componente licenziosa. Voglio dire: era gente che metteva i pantaloni ai pianoforti!

A quanto pare, all’epoca non si chiamavano neppure limerick, e l’origine del nome è controversa. Pare che il primo uso documentato risalga al 1880 in Canada, per questa strofetta (da cantarsi sull’aria di Will You Come Up To Limerick, il che – pare a me – fa molto per spiegare l’origine del nome…):

There was a young rustic named Mallory,
who drew but a very small salary.
When he went to the show,
His purse made him go
To a seat in the uppermost gallery.

L’importante è presentare un protagonista (spesso in termini geografici) al I verso, descriverne le Edward_Lear_More_Nonsense_87.jpgbizzarrie al II, derivarne conseguenze ancora più dissennate al III e al IV, e raggiungere una conclusione nel V, in un genere di progressione logica inattaccabile nella sua completa illogicità. Insospettabili ed eminenti britannici si sono divertiti un mondo a coniare limerick. Di sicuro non vi stupite se cito Lewis Carrol, ma come la mettiamo con Stevenson? E Joyce? Sì: il Joyce di Ulisse scriveva limerick. Per non parlare poi di Bertrand Russel, non so se mi spiego. Ma d’altra parte, quando si tratta di nonsense, gli Isolani sono pieni di sorprese…*** E in Italia? Be’, il babbo del limerick italiano (talvolta chiamato limericco) è Gianni Rodari che, nella Grammatica della Fantasia, consiglia a chi voglia cimentarsi in questo albionico sport di “Prendere due parole possibilmente molto lontane come campo semantico, ma in rima fra di loro, e lasciarle sbattere fra di loro finché dalla scintille non nasca la prima idea della poesia”. Con questo metodo, Rodari produceva rime siffatte:

Una volta un dottore di Ferrara
Voleva levare le tonsille a una zanzara.
L’insetto si rivoltò
E il naso puncicò
A quel tonsillifico dottore di Ferrara.

E ora, o Lettori, qualcuno vuole provare e cimentarsi a far limerick per diletto?
______________________________________________________

* Se volessimo essere spiritosi diremmo che, avendo tre versi con tre piedi ciascuno e due versi con due piedi ciascuno, il limerick è una bestia con tredici gambe… Ecco, questo è il punto in cui potete ridere, se volete.

** Far rimare Smyrna con burn her è possibilissimo, a patto di far cadere la h alla maniera cockney, e pronunciare -er come -ah. Sì, lo so, eppure credetemi: in qualche modo, in Inglese tutto questo ha senso.

*** …e anche i loro cugini d’Oltreoceano. Una volta postai su un forum americano una serie di tre limericks. Mi erano costati una sera di lambiccamenti, ma mi sentivo davvero bravina. Nel giro di dieci minuti, metà del forum aveva risposto in kind, e in via del tutto estemporanea. Er…

____________________________________________________________

Le illustrazioni sono tratte da A Book Of Nonsense, di Edward Lear – tranne la copertina, che essendone la copertina, naturalmente, non ne è tratta, o almeno non nel senso… oh, avete capito benissimo che cosa intendo.

Salva

Salva