libri, libri e libri · lostintranslation · Ossessioni

Prometeo Ricercato

Della mia nuova/vecchia/ricorrente ossessioncella per il mito di Prometeo parleremo un’altra volta. Per oggi quella che ho da raccontarvi è una storia di libri.

Di un libro in particolare, il Prometheus Bound – traduzione da Eschilo di Paul Roche. Di questa traduzione sono venuta a conoscenza attraverso questa bellissima versione animata, e ho deciso che dovevo leggerla per intero.

E che ci vuol mai? mi sono detta – e mi sono messa in cerca su Amazon, quel Pozzo di San Patrizio, eccetera, eccetera. Ora, la traduzione di Roche risale alla metà degli anni Sessanta – e ogni tanto viene ripubblicata: procurarsene una copia di seconda mano non sembra cosa difficile. In effetti, nel giro di pochi minuti si piazza e conferma un ordine con un bookseller inglese (una decina di sterline tra libro e spedizione…) e l’indomani si riceve la mail di conferma: libro spedito – e vissero tutti felici e contenti.

O forse non proprio. Un paio di giorni e, quando io credo che il mio Roche sia ormai felicemente in viaggio, arriva un’altra mail. Il bookseller m’informa che, all’atto della spedizione, il libro si è rivelato in condizioni tali da renderlo invendibile – ed era l’unica copia. Tante scuse, denaro restituito, ringraziamenti per la pazienza…

Oh, bother! Ma è presto risolto: torno su Amazon, trovo un’altra copia in condizioni ragionevoli da un altro bookseller, ordino, ricevo conferma dell’ordine e poi della spedizione… E dopo un paio di giorni, ci risiamo: all’atto della spedizione, condizioni inaccettabili, una sola copia, cenere sul capo, restituzione, c’è qualche altro libro che voglio invece?

E no, perbacco! Non voglio un altro libro – se avessi voluto un altro libro, avrei ordinato un altro libro. Voglio proprio il Prometheus Bound di Roche, e quindi ne cerco un’altra copia – incidentalmente, l’unica rimasta a un prezzo ragionevole, perché poi ci si arrampica oltre le quaranta sterline… Quindi ordino, guardo con scetticismo le mail di conferma e aspetto col fiato sospeso… E infatti, il terzo giorno dopo la spedizione, ecco che il mio ordine è cancellato.

Questa volta non c’è nemmeno una parola di scuse o di spiegazione: cancellato, e tant’è. Seccata anzichenò, scrivo al bookseller, spiegando che è la terza volta in una settimana che questo capita. Può il bookseller farmi almeno la cortesia di spiegarmi la faccenda? Qualcuno si sta accaparrando tutte le copie affrontabili del Prometheus? C’è una congiura internazionale per irritare i lettori di Eschilo? Una damnatio memoriae (un nonnulla tardiva) del mito di Prometeo?

E il bookseller risponde – pronto e gentile: spiacentissimi, davvero – ma il fatto è che, per motivi misteriosi, il “mio” Roche condivide il codice ISBN con Seize the Fire – sempre Eschilo, ma reinterpretato dal piuttosto incendiario Tom Paulin all’inizio degli anni Novanta… Possono, per farsi perdonare, mandarmi gratuitamente il Paulin?

Rispondo che non hanno nulla da farsi perdonare, e che quindi mi parrebbe giusto pagare il Paulin… ma loro insistono: a causa del doppio ISBN non potrebbero venderlo comunque, e tanto vale che lo abbia qualcuno a cui interessa davvero.

E così ringrazio, accetto – e provo a ordinare un’altra copia del Roche, questa volta Oltretinozza. Ciò accadeva una decina di giorni fa. Il Paulin è arrivato questa mattina, mentre il Roche risulta spedito – ma ho imparato che non vuol dire granché. Vero è che nessuno ha ancora cancellato l’ordine – ma potrebbe voler dire soltanto che chi ha spedito è stato meno attento dei suoi omologhi isolani…

Quindi: riuscirà la Clarina a leggere per intero la traduzione di Roche senza dover accendere un mutuo? Si ritroverà per le mani un altro Paulin? O non si ritroverà per le mani alcunché – grazie alla consueta efficienza di Poste&Telegrafi? E a ben pensarci, se ci fossero proprio le Poste&Telegrafi dietro la congiura antieschilea? E, già che ci siamo, com’è alla fin fine Seize the Fire?

Per saperlo, non perdete il prossimo emozionante episodio di… Prometeo Ricercato!

Digitalia · kindle · pennivendolerie · self-publishing · Storia&storie

Bric-à-Brac – sette storie d’altri tempi

Bric-à-BracSMALLEREd eccoci qui – l’avevamo detto.

Bric-à-Brac è disponibile su Amazon.

Tutto sommato, in questo libro c’è proprio quel che dice l’etichetta: sette storie. E (anche questo lo dice il titolo) storie d’altri tempi, per lo più – con un’eccezione infilata nel mezzo.  Ma a dire la verità anche nell’eccezione si parla di storia, seppur brevemente, perché è così che funziona qui. Si raccontano cose dei secoli passati – cose che potrebbero essere successe oppure no. Per parafrasare la vecchia versione cinematografice di The Prince and the Pauper:

Questa non è storia – solo racconti di tempi lontani. Forse è andata così, forse no, ma sarebbe potuta andare così.

E in fatto di tempi lontani troverete Ottocento e antichità classica,  troverete tartarughe, medici e fantasmi, troverete storie tristi e storie buffe… Dalla Magna Grecia all’Inghilterra vittoriana, dalla Mantova medievale alla Vienna degli Asburgo – sette storie sul serio o per gioco, alla ricerca di quel che non sappiamo più.

Sette storie, dicevo:

I ricordi della canzone
La stagione delle saette
Veglia
Le morte stagioni e la presente
Fàstaf
Il fantasma di Passerino
La ricompensa

Andate qui per scaricare o leggere online un’anteprima, intanto – e poi… Potrebbe essere una Santa Lucia tardiva, o una lettura natalizia, o un regalino per l’appassionato di storia tra i vostri amici…

E se, dopo avere letto, aveste voglia di lasciare una recensione, vi sarei molto grata.

 

 

Digitalia · pennivendolerie · Spigolando nella rete

Parliamo Di Copertine

874e60f3acab015725db5ef9c23be48aAvete mai pubblicato – o avuto intenzione di pubblicare – un ebook? E allora, odds are che vi siate trovati davanti alla maiuscola questione della copertina.

Ah, la copertina.

Il primo strumento di vendita, la faccia del libro, l’arnese che deve catturare l’attenzione del potenziale lettore fin dal momento in cui è solo un thumbnail fra decine di altri thumbnail…

E tutti siamo stati tentati di dire: E che ci vuole? Chi fa da sé fa per tre, giusto? Ci si arma di Photoshop o qualcosa del genere, si cerca uno di quei siti di immagini stock – ed è fatta.

E però tutti abbiamo anche ripetutamente sentito o letto che nulla assassina le possibilità di un ebook come una copertina dall’aria dilettantesca. Proporzioni sbagliate, fonts un po’ così, o illeggibili, o combinati male, o inadatti al genere o all’immagine… Se bbiamo scritto qualcosa e lo abbiamo pubblicato o vogliamo pubblicarlo elettronicamente, diamo per scontato di essere anche degli avidi lettori – e siamo sinceri: quante volte abbiamo rabbrividito davanti a una copertina un po’… così?

Perché il fatto è, si direbbe, che non bastano una bella immagine e decine di font a disposizione. Bisogna avere un’idea di quel che si fa. La soluzione ovvia è che là fuori ci sono legioni di bravi grafici che sanno quello che fanno. Se ne trova uno e ci si affida. Ma la soluzione ovvia, naturalmente, è anche quella costosa – perché un bravo grafico, come è giusto, non lavora per nulla – e questi sono tempi di vacche magre. E per di più, come si scova tra i tanti un grafico davvero bravo che abbia tempi ragionevoli, con il quale si possa discutere e il cui lavoro sia adatto a quel che abbiamo scritto? Oh, ci si riesce – ma il processo può essere lungo e frustrante, e contempla un certo margine di trial & error. ggg

E allora? Ci sono modi per limitare i rischi dell’opzione fai-da-te?

Be’, vi dirò che ieri ho scoperto Canva. Premetto che ci sono arrivata tramite Guy Kawasaki – dunque possiamo dire che l’arnese ha buone referenze. Ma di che si tratta, di preciso?

Ebbene, Canva è un sito che, tramite un’interfaccia molto intuitiva e una sterminata collezione di immagini e templates, vi consente di mettere rapidamente insieme una copertina, del materiale da social network, una locandina e altre cose utili. Ieri ci ho giocato un paio d’ore, e mi pare che l’insieme bilanci piuttosto bene tra possibilità e guida. È possibile scegliersi un template e seguirlo, con la ragionevole certezza di non fare nulla di troppo tacky, oppure si può modificare quel che c’è, o partire from scratch. Si possono manipolare le immagini (davvero tante e a buon mercato), oppure caricare le proprie… Forse non c’è spazio per enormi voli di fantasia, ma i margini di manovra sono ragionevoli. Di buono c’è anche che il risultato viene salvato automaticamente con le dimensioni e le specifiche richieste da KDP – ma si può impostare secondo i parametri di altre piattaforme. E per chi volesse qualche dritta, ci sono anche numerosi tutorial chiari e sensati.

Insomma, Canva è la soluzione ideale e definitiva?

Be’ no – e di sicuro non da solo. Canva offre buoni suggerimenti e ne facilita enormemente l’applicazione in un modo solo parzialmente standardizzato – ma in sostanza fa quel che noi gli diciamo di fare. E quel che va davvero fatto per catturare l’attenzione, per spiccare senza eccessiva eccentricità e senza confondere… ah, quello è un cavallo di tutt’altro colore.

12-06-13_bookcover08Per quello non c’è scorciatoia: bisogna studiare la concorrenza, spulciare Amazon, Goodreads, Pinterest e posti simili in cerca di copertine elettroniche, scoprire che cosa va nel nostro genere, tenere presente che una copertina elettronica non è una copertina cartacea, e il lettore la vedrà per la prima volta grande come un francobollo… Due o tre suggerimenti: tenete d’occhio anche le copertine del mercato anglosassone, perché là l’editoria elettronica e il self-publishing sono più sedimentati, seguite qualche blog o sito di grafica, e mettete insieme una collezione (una cartella, una bacheca su Pinterest…) di copertine che vi piacciono davvero – e che potrebbero adattarsi al vostro genere.

E poi, quando vi siete fatti un’idea, allora Canva può funzionare.

 

grilloleggente · libri, libri e libri · romanzo storico · teorie

Violento E Brutale

james aitcheson, the splintered kingdom, amazon, hnr, recensioniSono lievemente sconcertata.

Nella frenesia da andata in stampa imminente dell’ultimo numero di HNR, mi sono vista affibbiare d’autorità un libro che forse di mio non avrei letto, The Splintered Kingdom di James Aitcheson – secondo volume di quella che diventerà, mi par di capire, una trilogia.

E mi è andata bene, perché perché ci ho guadagnato una piacevole lettura. Avventure alla vecchia maniera nell’Inghilterra post Hastings, con un punto di vista normanno (che non è cosa di tutti i giorni), un sacco di battaglie, imboscate, tradimenti, intrighi e un protagonista benintenzionato con un talento per mettersi nei guai.

Il mezzo bretone Tancred a Dinant vorrebbe tanto essere un buon neosignore del maniero, un buon vassallo, un buon cristiano – ma è troppo ambizioso, collerico e ostinato per non farsi nemici ad ogni passo, e così…

E per di più Aitcheson non scrive per niente male: ha buon ritmo, descrive e caratterizza con efficacia, ha fatto le sue ricerche e le dispensa con giudizio. E per di più ancora, i suoi personaggi hanno idee, certezze, priorità e pregiudizi da XI Secolo.

Insomma, mi è piaciuto abbastanza perché, dopo averlo finito, abbia ceduto all’uzzolo di ordinare subito il primo volume.

E così scrivo una buona recensione per HNR e, nell’atto di spedirla, mi accorgo di avere gettato con troppo entusiasmo la sovraccoperta,* e di non sapere più il prezzo dello hardback, che devo indicare tra i dati del volume.

La cosa semplice da farsi è controllare su Amazon e, già che ci sono, butto un’occhiata alle recensioni. Ce ne sono poche – il libro è appena uscito in Inghilterra e non ancora in America – per lo più entusiastiche. Ma in diverse appare un caveat: il libro è molto violento. Le scene di battaglia sono truculente. La prosa di Aitcheson è brutale. High octane stuff, dice un recensore – e magari non emerge come caratteristica primaria del libro, ma ritorna abbastanza da notarsi.

Ed è qui che mi sconcerto, perché lo sapete che sono squeamish. Non solo ho i miei problemi con la fantascienza, e l’horror è al di là delle mie possibilità, e non leggo storie di fantasmi dopo il tramonto**, ma anche le descrizioni di violenze, torture, battaglie e sanguinosità varie assortite, quando virano sul grafico, mi danno un certo qual mal di stomaco.

Ma con TSK non è successo nulla del genere.

Be’, ok, non c’è nulla di edulcorato, Aitcheson non rifugge gli aspetti meno gradevoli della vita (e morte) nell’XI Secolo – ma non ci sguazza nemmeno. E nonostante il sottotitolo sia 1066: the bloody aftermath, davvero non c’è nessuna truculenza insistita o gratuita. Al punto che persino io posso leggere senza riportarne traumi duraturi…

E allora? Che cos’è che scuote tanto la sensibilità di questi lettori britannici? Che poi sia chiaro, anche loro apprezzano il libro, ma lo individuano come particolarmente violento. Perché mai in cielo e in terra?

E, scartando l’idea di avere sviluppato una nuova soglia di tolleranza al sangue stampato, sono giunta a formulare un’ipotesi.

Il fatto è che Tancred, narratore in prima persona, non mostra la minima remora in fatto di battaglie, uccisioni e spargimento di sangue. Fa quel che è stato addestrato a fare fin da ragazzino con entusiasmo dichiarato e con la certezza di essere nel giusto. Quando non ha modo di andare in battaglia per un po’, ne sente la mancanza. Certo il muro di scudi è una faccenda pericolosa, truce e brutale, certo i nemici fanno più che sul serio, certo si muore, si perdono amici e compagni d’armi, certo gli errori di giudizio, i rovesci della sorte, la paura, l’occasionale sconfitta, la fatica – ma ah, the battle-joy!

Non una volta in quattrocento pagine Tancred attraversa una di quelle crisi di disgusto post-battaglia. La guerra è il suo mestiere, unashamedly. Ed è bravo in quel che fa, e forse ha sviluppato una certa qual dipendenza da adrenalina – anche se di sicuro non la chiama così – e quasi gli dispiace per la gente che non conosce le gioie pericolose della “via della spada.”

Assai poco politically correct, di sicuro.

E allora mi domando se non sia questo il punto – non tanto la violenza in sé, quanto un atteggiamento di fronte alla violenza. Questo gusto della battaglia senza remore e senza un briciolo di condanna, che su di noi gente civilizzata esercita il suo fascino high octane, ma al tempo stesso ci sembra (o quanto meno sentiamo che deve sembrarci) spaventosamente riprovevole, brutale e barbarico?

___________________________________________

* Ho un’avversione per le sovraccoperte. Non m’importa quanto siano ben riuscite, la prima cosa che faccio quando vengo in possesso di un libro in hardback, è liberarmi della sovraccoperta. Se leggo hardback in prestito, tolgo la sovraccoperta mentre leggo, e la rimetto a posto con ogni cura a lettura avvenuta. La sovraccoperta m’intralcia, mi irrita, s’infila dove non dovrebbe.

** Anche se, apparentemente, non ho il minimo problema a scriverne dopo il tramonto. Dev’essere un equivalente letterario del non avere il mal d’auto quando si guida, I guess

grilloleggente · libri, libri e libri

Non Negoziabile

Qualche giorno fa leggo questo post di Marta Manfioletti a proposito de L’inconfondibile tristezza della torta al limone, di Aimee Bender. Ho fiducia nel giudizio di Marta e la sua non-recensione mi attira parecchio, e l’idea del libro (l’esistenza di individui capaci di “sentire” in un dolce o in un arrosto lo stato d’animo di chi li ha cucinati) mi piace molto.

Così apro Amazon nell’intento di procurarmi l’ebook e, per abitudine, butto un’occhiata alle recensioni .

E quello che scopro sgonfia un nonnulla il mio entusiasmo. Le recensioni positive concordano tutte con Marta sulla delicatezza e originalità della storia, mentre le (non poche) recensioni negative sono costanti nell’elencare una collezione di doléances: una trama inconsistente e prona a partire per dubbie tangenti, personaggi poco sviluppati, un finale che non risolve nulla e una generale bizzarria a costante rischio di scadere nel gratuito. Più la mancanza di segni grafici per i dialoghi e costruzioni grammaticali, di nuovo, bizzarre.

Si fosse trattato di lamentele isolate, probabilmente non mi sarei lasciata impressionare, ma sono costanti e diffuse. E mi hanno dato da pensare, perché almeno un paio ricadono nell’elenco delle mie Irrinunciabilità, vale a dire faccende in assenza delle quali non riesco a considerare  una storia una storia.

Non parlo di irritazioni generiche – categoria in cui potrei infilare vezzi stilistici come i dialoghi “non segnati” e la grammatica fanciullesca. Non amo alla follia questo genere di quirks, ma sono aperta alle possibilità: avanti, raccontami una storia. Vuoi farlo senza virgolette e con una grammatica tutta tua? Ok, proviamoci. Vediamo se funziona, se mi ci fai sentire una voce, se crei un passo, se mi manipoli tanto bene da farmi dimenticare che lo stai facendo…

E non parlo nemmeno di peccati più gravi, come i finali laschi. È ovvio che preferisco un bel finale soddisfacente, teso e significativo, ma mi sono scoperta un margine di tolleranza largo come il Rio delle Amazzoni, se il resto del libro mi è piaciuto davvero. Magari mi rendono un tantino idrofoba i finali dei primi volumi delle qualcosalogie, quelli che non fingono nemmeno di offrire un’ombra di conclusione e appendono il lettore senza complimenti alla costa hardback del volume successivo – ma è un difetto che pur irritante, da solo non basta a farmi cancellare la qualcosalogia dalla ToReadList.

Un po’ peggio è la questione dei personaggi caratterizzati approssimativamente. In un mondo ideale, tutti i personaggi dovrebbero essere complessi, tridimensionali, pieni di ombre e capaci di evoluzione e di imprevedibilità… poi in realtà ci sono casi in cui il genere o la funzione richiedono figure facilmente individuabili, gente che faccia quel che deve fare e da cui sapere che cosa aspettarsi. Quindi anche qui, seppur con molta più cautela, ammetto la possibilità di eccezioni.

Anche in fatto di bizzarria I’m of two minds. Se parliamo di nonsense, per me non è mai troppo. Se parliamo di realismo magico (coperta molto ampia), dipende assai. Tutto dipende da quanto l’autore sa essere coerente all’interno della sua bizzarria… E temo che a questo punto un peccato capitale abbia l’aria di trasparire dalle recensioni della Torta al limone: una certa dose di gratuità e incoerenza. E invece proprio una salda logica interna è una delle mie Irrinunciabilità. Posso ingoiare intere molte eccentricità, a patto che siano coerenti tra di loro. Che non siano gratuite o puramente decorative. Che lavorino in una direzione – fosse pure quella di farmi credere che non ci sia nessuna direzione particolare.

Anche se poi una direzione ci dev’essere – e qui giungiamo all’Irrinunciabilità n° 2. Perché, come ognun sa, sono ossessionata dalla fabula. Non solo le storie mi piacciono con un arco provvisto di inizio, mezzo e fine, in cui le cose succedono, gli equilibri cambiano e i personaggi imparano la lezione, o pagano il prezzo per non averla saputa imparare – ma non sono del tutto capace di considerare storie gli arnesi che non contengono questa serie di elementi. Narrow-minded of me, può darsi, ma tant’è. E Marta stessa, pur nel suo entusiasmo, parla della Torta al limone in termini di “pacatssimo ritmo degli eventi” e di “libro in cui non sembra succedere niente”. Hm… 

Il fatto è che devo, devo, devo avere l’impressione che l’autore sappia quello che sta facendo – e forse questa, più che una Irrinunciabilità distinta, è la terrina color ocra in cui tutte (tranne una) sono contenute. Perché è ovvio che sono disposta a sospendere la mia incredulità tanto in alto quanto è possibile, ed è ovvio che sono più che disposta a lasciarmi condurre attorno – se non lo fossi, non leggerei romanzi – ma, per quanti principi infranga, per quante stranezze inanelli, per quante delle mie allergie solletichi, un autore può tenermi a bordo finché mi dà l’impressione di farlo deliberatamente. Nel momento in cui mi pare che non abbia controllo e discernimento di quel che fa, voglio scendere subito, thank you very much.

Col che è possibile che siamo passati oltre la Torta al limone – magari Aimee Bender fa tutto tanto deliberatamente quanto è possibile e non ci si sente  mai in balia della vaghezza narrativa. E di sicuro – non foss’altro che per impossibilità di genere – non è colpevole agli effetti della Quarta Irrinunciabilità. Sapete già di che si tratta, perché ne parlo con ricorrenza ossessiva: l’anacronismo psicologico, ovvero personaggio nominalmente d’altri secoli che pensa, agisce, sente e giudica come un contemporaneo. È una patologia che conosce i suoi estremi nella Sindrome della Bambinaia Francese: i Buoni sono tutti anacronismi psicologici, incompresi, osteggiati e perseguitati dagli stupidi, malvagi e retrivi personaggi coerenti con la mentalità period. E qui davvero non c’è salvezza: delitto capitale quando è involontario, piucchecapitale se è praticato deliberatamente.

Nondimeno, come dicevo, ho fiducia nel giudizio di Marta, per cui l’ebook l’ho comprato lo stesso e lo leggerò – e magari avrò modo di ricredermi, nonostante le recensioni su Amazon – perché in fatto di letture il livello di non-negoziabilità è personalissimo.

Qual è il vostro, per esempio? Su che cosa non sapete transigere in fatto di letture? Per quali libri avete fatto eccezioni di cui non vi credevate capaci? E cosa vi ha spinto a farle?

libri, libri e libri

Il Mistero Del Romanzo Misterioso

Mesi fa, in risposta a non so più quale post e non so più a che proposito, mi si consiglia di leggere Veronica, di Nicholas Christopher.

Me lo si consiglia in termini che m’incuriosiscono, e segue rapida ricerchina su Amazon. Dalle recensioni colme di entusiasmo, deduco che si tratti di un fantasy bizzarro ambientato a New York… Tutti i recensori sono concordi nell’affermare che si tratta di un romanzo fuori dal comune.

Bene, mi dico, e procedo a ordinare. Copia di seconda mano, da aversi per l’irrisoria cifra di un penny... Così ordino e mi metto in attesa.

Stiamo parlando di parlando di prima di Natale, una sera dicembrina – non fredda quanto potrebbe essere, ma fingiamo di nulla – in cui mi sento trascinata verso diversi altri libri, così non mi limito a Veronica… insomma, lo sapete tutti come vanno queste cose. E quando, nelle settimane successive, i libri cominciano ad arrivare nel bel mezzo della frenesia prenatalizia, non bado più di tanto al fatto che Veronica manca all’appello. Poi Natale passa e, nell’orgia di letture che costituisce la mia idea di vacanza, mi sovviene Veronica. Insomma, anche contando le feste, contando i ritardi delle Poste&Telegrafi, ormai dovrebbe essere arrivato. Tutti gli altri sono arrivati, com’è che questo non si vede?

Ora, vedete, ho questo indirizzo email che uso praticamente solo per Amazon, e che controllo solo quando aspetto conferme d’ordine et similia – per cui, una volta ricevuta la comunicazione che Veronica era stato spedito, non me n’ero data più pensiero. Invece, risalendo indietro, scopro che, due giorni dopo avere spedito (!?) il seller ha disdetto l’ordine ed effettuato il rimborso. Senza una parola di spiegazione. Al posto delle ragioni per cui l’ordine è stato cancellato c’è un trattino…

Così scrivo al seller, e attendo risposta. Che non arriva. Allora contatto direttamente Amazon, che inoltra il mio reclamo. Il seller si fa vivo, si lamenta del fatto che ho messo di mezzo Amazon, spiega che al momento della spedizione avevano scoperto che il libro era in condizioni terribili anziché ottime, e non potevano spedirmelo. Dopo tutto sono stata rimborsata, di che mi lamento?

E solo a questo punto, dall’intestazione della mail, scopro che si tratta del ramo italiano dell’unico seller sulla mia lista nera*. Ah. Così mi arrendo, lascio un feedback negativo** e passo a ordinare Veronica da un altro seller – uno da cui ho comprato spesso e con soddisfazione…

Arriva la conferma d’ordine.

Bene.

Arriva la comunicazione di avvenuta spedizione.

Bene.

E poi arriva il rimborso – perché si scusano tanto, credevano davvero di averne una copia, ma un errore d’inventario, una distrazione, un glitch nell’aggiornamento scorte, decapiteranno il responsabile, sperano che non perderò per questo la fiducia in loro…

E adesso vado per ordinarlo di nuovo e le copie a un penny o un cent sono sparite tutte – come se ci fosse stato un accaparramento, come se fosse scoppiato un caso letterario, come se il romanzo contenesse qualche inimmaginabile mistero, come se i membri di qualche società segreta si fossero affrettati a far sparire le copie in circolazione, corrompendo i sellers di Amazon perché cancellassero gli ordini già confermati, pur di non lasciar partire il libro…

Sì, sì, lo so… È solo che – dite la verità: non sembra l’inizio di uno di quei thriller tipo Dan Brown meets Michael Ende, con libri misteriosi, porte dimensionali, segreti inconfessabili, società segrete, omicidi, la fine del mondo come lo conosciamo…?

Così. Per dire. Ma mi sa che intanto comprerò la versione Kindle – che costa 9 dollari e 99, e smonta un nonnulla la teoria del complotto, ma almeno non potranno dirmi che è andata smarrita o ha la copertina malridotta.

E ora stiamo a  vedere: riuscirà la nostra eroina a procurarsi una copia? Non perdete le prossime appassionanti puntate de… La Clarina e il Mistero del Romanzo Misterioso.

 

_____________________________________________________

* Nota anche con l’acronimo SABENA List: Such A Bad Experience Never Again. L’unico, e giuro – davvero l’unico venditore discutibile in cui mi sono imbattuta in dieci anni…

** Poi, giusto per aggiungere la spudorata beffa al danno, questa gente ha il coraggio di scrivermi per chiedere di rimuovere il feedback negativo. Cosa che era successa anche con il ramo principale. 

Digitalia · Gl'Insorti di Strada Nuova · self-publishing

Gl’Insorti di Strada Nuova

È con una certa emozione (e con notevole sollievo – se state leggendo qui vuol dire che null’altro è esploso, deragliato, naufragato o altrimenti andato storto, ed era tutt’altro che scontato) che vi presento…

 

gl'insorti di strada nuova,ebook,pdf,epub,kindle,amazon,self-publishing,romanzo storico,metaromanzo


Il mio più serio sforzo in fatto di self-publishing è finalmente disponibile in versione KindleePub e PDF.

Vi ricordo la presentazione su Twitter oggi pomeriggio a partire dalle 17.00. Cercate @laClarina e seguite l’hashtag #stradanuova. Sarò lì a twittare e rispondere.

E a questo punto non posso che invitarvi a scaricare, regalare per Natale, leggere, commentare, spargere la voce, discutere, recensire… Soprattutto, vi sarò grata se vorrete farmi sapere che cosa ne pensate.

Buona lettura!

 


 

//

Ultima Books Store

Digitalia · gente che scrive · kindle

Kindle @author: Chiedi All’Autore

Dunque adesso Kindle consente di comunicare con l’autore durante la lettura. Lo dice Jeff Bertolucci qui. Non qualsiasi autore: per ora i partecipanti all’esperimento @author sono una manciata, tra cui – e dite la verità: siete poco sorpresi come lo sono io? – Joe Konrath e John Locke.

Il funzionamento è semplice: se mentre leggete un ebook vi punge un’improvvisa curiosità, di quelle che solo l’autore può appagare, il vostro marchingegno vi consente di rivolgere la vostra domanda alla persona giusta – purché lo facciate in meno di cento caratteri. Mica tanti: farete bene ad avere curiosità sintetiche… Dopodiché l’autore riceverà la domanda e, presumibilmente, risponderà.

Si capisce che bisognerà attendersi tempi lunghetti: lo scrittore non è un call center 24/7, ciò che a mio avviso forse rende @author un nonnulla ridondante: cosa vi impedisce davvero di fare la vostra domanda via Amazon Author Page (oltretutto senza il limite dei 100 caratteri) non appena avrete accesso a una connessione internet vera e propria? Chi è mai morto fulminato per non aver capito una svolta della trama? E non posso fare a meno di chiedermi: come si regoleranno con l’inevitabile quantità domande idiote? E a lungo andare allestiranno una sezione FAQ sulla AP e un responder automatico per @author?

Ma a parte queste idle curiosities, non nego che l’idea di comunicare con l’autore sia sempre interessante.  Potenzialmente pericolosa, forse, ma interessante.

Sorry, ma non potete contattare gli autori morti, conclude Bertolucci. Almeno non ancora.

Peccato, peccato… Ma noi facciamo un gioco: se poteste fare una domanda a un autore morto, se poteste farvi spiegare un punto di trama, dubitare di un tema, fare domande sull’esatta connotazione di una parola in un dato contesto, cosa chiedereste e a chi?

Forza: @deadauthor…

 

blog life · libri, libri e libri · pennivendolerie · Spigolando nella rete

Amazon Affiliate

Chiariamo una cosa.

Da qualche tempo avete cominciato a veder comparire qua e là per SEdS dei link con immagine che conducono a una pagina di Amazon.it o Amazon.uk su cui è possibile acquistare l’uno o l’altro libro. Si tratta di affiliate links: se qualcuno giunge alla pagina in questione e compra il libro, io ricevo una commissione. Ebbene sì: mi sono affiliata.

Perché l’ho fatto? Non tanto inseguendo il miraggio di folli guadagni – tra l’altro le commissioni non sono quel che si dice faraoniche, e sono destinate a diminuire – quanto perché abbastanza spesso mi capita di ricevere mail del tipo: dove trovo il tale e il tale altro libro? E mentre per i libri in Italiano, quando si parla di edizioni fuori catalogo, posso sperare di indicare qualche biblioteca, per quelli in Inglese la faccenda è più complicata, e Amazon è spesso una buona soluzione. Mi è capitato molte volte, girellando per blog altrui, di scoprire un libro che volevo assolutamente leggere, e di apprezzare il link del posto in cui potevo procurarmelo subito. Perché non offrire lo stesso genere di possibilità?

Vi dirò di più: siccome myBlog ha appena reso possibile la creazione di pagine aggiuntive, non è affatto improbabile che Senza Errori di Stumpa sviluppi un suo piccolo bookshop, dove sarà possibile trovare link diretti per l’acquisto dei miei libri e di un ristretto numero di altri titoli – quelli da cui sono particolarmente ossessionata. Anche quelli saranno affiliate links.

Ciò detto, è ovvio che continuerò a recensire, raccontare e dissezionare del tutto indipendentemente da quello che Amazon vende o non vende, e non tutto quello di cui parlerò sarà disponibile su Amazon.

Intanto sperimentiamo. Quando avrò rodato un po’, semmai riparleremo di come funziona.

libri, libri e libri

Dieci Anni Con Amazon

Dieci anni fa, come oggi, ho ordinato il mio primo libro su Amazon. Ero internettizzata da poco, la rete era ancora hic sunt leones, e stavo scoprendo con entusiasmo crescente la posta elettronica – ma comprare libri a distanza sembrava una cosa davvero marziana. Poi il mio amico A. – che essendo un ingegnere era più tecnologico di me – ne cantava talmente le lodi…

Non so se vi rendiate ben conto. All’epoca, dopo alcuni felici anni trascorsi tra Pavia, Cardiff e Londra, ero appena tornata a vivere in un posto dove la libreria più vicina è a venti chilometri di distanza, e quando ci sei arrivata non è che si facciano proprio sempre in quattro per procurarti quel che cerchi, specie se è in Inglese. Io pensavo con feroce rimpianto al Delfino di Piazza della Vittoria e ai vari bookshops della mia vita recente, e all’improvviso, secondo A. c’era un accettabile next best thing

Oh, la prima visita su Amazon.com, questi scaffali virtuali colmi di ogni bendidio, con le immagini delle copertine e le recensioni… mi sentivo tanto Ali Baba! E ricordo benissimo di avere impiegato quasi due ore a scegliere il mio primo acquisto: The Juvenilia of Jane Austen and Charlotte Bronte, edizione Penguin, £ 10,76 più, presumo, spese di spedizione. E ricordo l’arrivo del pacchetto una settimana esatta più tardi, e la felicissima lettura*, e l’appagante sensazione di avere di nuovo a portata di mano un posto dove procurarmi i libri che volevo, non quelli che trovavo.

Negli ultimi dieci anni sono stata un’acquirente fedele di Amazon nelle sue varie branches internazionali: Amazon.com, Amazon UK, occasionalmente Amazon France e, dallo scorso anno, Amazon Italia. In realtà le Poste Italiane hanno fatto del loro meglio per rovinare questo felice idillio, ma devo dire che ho sempre trovato un ottimo servizio, e tutte le volte in cui i libri sono andati effettivamente persi (perché è capitato, and not just once), tanto Amazon propriamente detta quanto i vari dealers sono sempre stati prontissimi a rispedire senza la minima difficoltà. Posso forse registrare la volta in cui, ad acquisto pagato, un dealer mi ha informata che dei due volumi di The Elizabethan Stage di E.K. Chambers che avevo ordinato, ne aveva uno soltanto. Fortunatamente era quello di cui avevo più bisogno, e siccome non si trovavano altre copie, mi sono fatta rifondere il volume mancante e sono andata avanti. Oppure potrei raccontare l’occasionale squabble con il venditore che non vuole tre stelline di feedback, perché tre stelline contano come un voto negativo, e allora non è giusto, e posso per favore rimuovere il feedback…

Ma fa nulla: nel complesso Amazon mi ha resa e ancora mi rende molto felice. Ah, il senso di vacanza di quando arriva un pacco di libri! Tra l’altro, molto opportunamente, proprio ieri ne è arrivato uno. A dire il vero è in ritardo, ma arriva così a proposito che glielo si può perdonare.

E a titolo di festeggiamento del decennale, avendo io scoperto (meglio tardi che mai!) che Somnium Hannibalis è in vendita su Amazon, credo  che infilerò qui questo:

Grazioso, vero? E so di essere del tutto spudorata, ma se qualcuno di voi avesse voglia di passare di là e lasciare una recensione, sarei molto grata.

__________________________________________________

* Periodo di marmellata di rose, tra l’altro, e ancora adesso associo il profumo in questione a(gl)i Juvenilia.