scribblemania · Vitarelle e Rotelle

Piccolo Bollettino Marzolino

Marzolino – come la Lepre, e quindi forse anche a questo PB manca qualche venerdì… Basta vedere il fatto che si chiama “marzolino” quando siamo in aprile.

Ah well. Ad ogni modo, tutto ciò è per dire che giovedì notte, alle 3.35 del mattino, ho finito la prima stesura del secondo volume – and glory be…. Continua a leggere “Piccolo Bollettino Marzolino”

Storia&storie

Al tramonto delle Pleiadi

Succede, una domenica di febbraio, che A. mi contatti e mi chieda:

…Ha mai approfondito lo studio sull’esatto percorso fatto da Annibale e la sua armata sulle Alpi nel 218 AC, al tramonto delle Pleiadi, un mistero nato già ai tempi di Polibio e che dura a tutt’oggi?

Salta fuori che, in una di quelle vicende prettamente internettiane, A. mi abbia trovata inciampando in un vecchio intervento a un convegno, of all things, di Archeologia Sperimentale. Continua a leggere “Al tramonto delle Pleiadi”

Storia&storie

Differenze franco-inglesi: una ritrattazione

Ricordate come lamentavo, nell’ultimo post, la scarsa attitudine dei Francesi a dispensare informazioni storiche?

Ebbene, o Lettori, sono qui a rettificare nel più completo dei modi!

Perché il fatto si è che, lunedì stesso, ho deciso di provare a scrivere al Musée de Montreuil sur Mer – attraverso la mail di contatto trovata sul sito della Citadelle de Montreuil*. Confesso che non speravo granché in una risposta. Era più che altro l’ultimo tentativo prima di mettermi il cuore in pace e risolvere il Capitolo VI con qualcuna di quelle descrizioni che suonano meno generiche di quanto siano. You know what I mean.

E invece…

Invece, l’indomani, mail dalla Francia: mi scrive un gentilissimo signore, storico e guida in forza al museo – e non solo mi invia una dettagliatissima mappa di Montreuil nel 1565, ma anche una serie di possibilità per i movimenti di Tom nella città. Punti d’ingresso e uscita, luoghi utili, luoghi che all’epoca erano in (ri)costruzione… E un invito a non esitare se ho altre domande. E io di altre domande ne ho, e le pongo, e Monsieur G. risponde, paziente ed esauriente, e manda altro materiale… Alla fine ho capito i miei dubbi su cittadella, città alta e città bassa, so con ragionevole certezza dove va Tom, ho capito dove sbagliavo con i profili della città, e ho di che rendere il Capitolo VI non solo plausibile e accurato – ma, si spera, tridimensionale. Di nuovo: you know what I mean.

E quindi ritratto quel che ho scritto a proposito della scarsa disponibilità dei Francesi – o quanto meno della sua qualità di carattere nazionale. Il mio amico L. suggerisce la possibilità che sia anche una questione di dimensioni, e che le istituzioni medio-piccole siano più disponibili di quelle grandi – e non è impossibile che sia così. Quel che è certo è che a Montreuil sono gentilissimi, più che disposti ad assistere il romanziere straniero in cerca di dettagli, pieni di entusiasmo, generosi con il loro tempo e la loro conoscenza. Quindi… che dire? Grazie mille, Monsieur G. È stato veramente un piacere!

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* L’altra volta ho scordato di dirvelo, ma Montreuil-sur-Mer, se vogliamo una connessione letteraria, è la cittadina di cui Jean Valjean diventa sindaco nei Miserabili.

 

anglomaniac · romanzo storico · scribblemania · Storia&storie

Di terze stesure, scadenze, e differenze franco-inglesi

Ieri sera, con un giorno di ritardo e una certa sorpresa, ho inserito nel taccuino rosso dedicato a Road to Murder il calendario mensile di novembre – una faccenda che è per metà un ruolino di marcia, e per metà resoconto quotidiano di quel che faccio (o non faccio).

E dico che l’ho fatto con una certa sorpresa perché… novembre! Un mese alla scadenza. Un mese alla consegna. Ancora quasi tutto un mese. Solo un mese… oh dear! Sì, ecco. Sto lavorando sulla terza stesura – in realtà, più che altro, una serie di aggiustamenti e la dannata Montreuil sur Mer – e non so più troppo bene se sono indietro, avanti o a un punto ragionevole…

No, davvero: non lo so più. Va a tratti. Immagino che dipenda dalla quantità di tè assunto, dal meteo, dalla dannata Montreuil…

E sia ben chiaro, non ho nullissima contro Montreuil sur Mer – se non il fatto che in rete non se ne trova una pianta cinquecentesca a nessun patto. O finora io non l’ho trovata e non la trovo, e in fondo dovrei solo capire un paio di cose su come erano rispettivamente piazzate e distribuite cittadina e cittadella… e sapete la cosa peggiore? Che i Francesi non sono di nessun aiuto.

Voglio dire: avete un dubbio su come fossero fatte le navi che nel tardo Cinquecento facevano la spola tra Dover e Calais trasportando merci e qualche passeggero per arrotondare? Vi domandate cose come il tipo di costruzione, il numero di alberi e cose così – e, per quanto cerchiate, trovate ben poco di consclusivo, che sia contemporaneo o moderno? Ebbene, quel che fate è scrivere a qualcuno di inglese o di americano. Può essere uno storico che tiene un blog, il curatore di un museo navale, il webmaster di un sito che traccia le rotte commerciali in età Tudor… Scrivete una piccola mail cortese in cui spiegate il vostro dubbio, raccontate a che punto siete riusciti ad arrivare da soli, e formulate la vostra domanda – e… nel giro di qualche giorno, ecco che arriva la risposta!  Nella più blanda delle ipotesi, vi indirizzano verso qualche libro o archivio online – ma di solito offrono risposte dettagliate o, dove non ce ne sono, ipotesi ragionate. E vi salutano augurandovi buona fortuna per il romanzo e sperando di essere utili… Ed è meraviglioso.

Però funziona solo con gli Anglosassoni.

Provate a fare lo stesso con un museo, un archivio o un’associazione culturale francesi. Provate pure – ma non aspettatevi nulla. Nemmeno una risposta per dire che non vi possono aiutare. E non sto facendo l’anglomane ossessiva – è che, per esperienza diretta e recente, è proprio così. In fairness, dirò che una volta, una ventina abbondante d’anni fa, ho avuto risposta – cartacea e dettagliata – dal Musée des Guerres de Vendée di Cholet. Una volta. Più di vent’anni fa. Fine.

Quindi sì, forse sono un’anglomane ossessiva – ma dopo tutto ho le mie ragioni. Ecco.

E adesso torno alla mia terza stesura, e a cercare notizie sulla Montreuil del tardo Cinquecento, e a cercar di capire se sono indietro, avanti o, dopo tutto, nessuna delle due cose.

Vi farò sapere.

romanzo storico · scribblemania

Piccolo Bollettino Estremamente Soddisfatto

Rejoice with me! Ho finito la prima stesura di Road to Murder!

Poco fa, con un paio di giorni di anticipo sul ruolino… dopo tutto, checché me ne paresse la settimana scorsa, mi sono data una mossa e sono giunta a conclusione. Tra parentesi, è per questo che oggi non ho postato sul serio e vi tocca soltanto questo PBES. E naturalmente tra qualche giorno si ricomincia con una seria campagna di revisioni – ma intanto… well, a dire il vero non scrivo mai la fatidica paroletta in fondo alle prime stesure – ma, se lo facessi, poco fa avrei potuto scriverla.

Ecco.

Volevo mettervi a parte.

Vado a festeggiare… non so con cosa di preciso (i famosi biscotti al cioccolato?) – ma vado a festeggiare.

Come dicevasi all’inizio: gioite con me!

 

scribblemania

Dirittura di (non) arrivo

Ed ecco che ci risiamo.

No, dico: immaginate di essere a sei settimi di una prima stesura. Penultimo capitolo. Pieno climax. ormai ci siamo quasi, il protagonista ha capito tutto e sta facendo le corse nel tentativo di fermare l’imminente disastro, intanto – e poi risolvere il problema. Poi un capitolo di azione discendente, in cui si annodano gli ultimi nodi e si predispongono cose per il futuro, e poi la fatidica paroletta di tre (o quattro) lettere.

Fine della prima stesura – and glory be.

Solo che non ci siete ancora arrivati. Ma è talmente vicino che lo vedete a portata di mano. Qualche giorno di sforzo concentrato e ci siete. E, siccome a questo punto sapete precisamente dove state andando (nel senso che non solo ne avete una buona idea, ma ormai è tutto predisposto – salvo sorprese maiuscole), che può mai volerci?

Ecco. Avete immaginato tutto questo? E allora ve lo chiedo: che cosa fate a questo punto?

Uno sprint finale, giusto? Serrate il trotto, come un cavallo che annusa di essere prossimo a casa. Vi ci mettete di buzzo buono e finite la benedetta prima stesura prima che si può. E fate così perché siete gente sensata e ragionevole, e ormai manca talmente poco, ed è tutto in discesa… È così che fate, giusto?

Bravi. Io no.

Io, per qualche motivo che non mi so spiegare, quando sono a questa confortevole distanza dalla fine, invece di serrare il passo, rallento. Scrivo di meno, procrastino, rimando, perdo un sacco di tempo a strologare il susseguirsi delle magioni nobiliari lungo il fiume sulla Agas Map, cerco immagini della livrea reale nel 1581, faccio torte, controllo di non avere chiamato troppa gente “Richard”, vado a fare passeggiate domenicali lungo il fiume…

E mentre faccio tutto ciò mi sento in colpa, ogni singolo istante, perché so benissimo che, se solo facessi un po’ sul serio, potrei tranquillamente finire la prima stesura entro settembre. E finire le prime stesure è cosa bella e buona, giusto?

E allora, ditemi voi: perchè diavolo non lo faccio?

“Perché non vuoi separarti dalla tua storia e dalle tue creature?” chiede R.

Ed è una graziosa idea un po’ sentimentale – ma non credo proprio che il punto sia quello, soprattutto perché alla fine della prima stesura non ci si separa da niente e da nessuno. Poi vengono le revisioni, l’editing e tutto quanto… Prima che mi debba separare da Tom e compagnia, farò in tempo a non poterne più di loro.

E quindi? Quindi… who knows? E sono più che un po’ seccata con me stessa…

E intendiamoci: non è orribilmente grave – solo irritante oltre ogni dire. Però è davvero un’irritazione di cui farei a meno.

Idee in proposito, o Lettori? Consigli? Suggerimenti? Parole sagge? Biscotti al cioccolato? Anche voi fate così? O siete di quelli che finiscono gli ultimi capitoli in un unico galoppo scintillante? Do tell!

anglomaniac · pennivendolerie · romanzo storico

Glasgow!

GlasgowHNSMentre leggete qui, sono a Glasgow.

O quanto meno, sulla via di Glasgow – dipende da quanto siete mattinieri… E in realtà, nemmeno a Glasgow proper: nei dintorni, a Cumbernauld. Per la Conference della Historical Novel Society. Tre intensi giorni di incontri, seminari, conferenze, contatti… Tra le altre cose, incontrerò due agenti letterari per parlare del mio romanzo.

Inutile dire che tutti i lepidotteri dell’Emisfero stanno tenendo un sit in sul mio diaframma…

Towers of Kelvingrove Art Gallery and MuseumEro già stata alla Conference nel 2016, a Oxford – e l’esperienza era stata favolosa. Non mi aspetto nulla di meno – e in più, questa volta, ho da ritrovare persone conosciute allora, contatti e amicizie-da-lontano coltivate nel corso degli ultimi due anni.

Vi racconterò – intanto incrociate le dita per me, volete?

grillopensante · romanzo storico · Storia&storie

Gente Vera E Personaggi

English: This photograph was taken in Lyon, Fr...In realtà, ormai sono passati anni da quando A. S. Byatt ha dichiarato che piazzare in un romanzo gente vera – viva o morta – è riprovevole e pericoloso.

“Proprio non mi piace l’idea di basare un personaggio su qualcuno,” disse nel 2009 in un’intervista in occasione della sua candidatura al Man Booker Prize. “È come appropriarsi della vita e della privacy altrui. Inventarsi qualcun altro è un po’ come usargli violenza.”

E procedeva spiegando come conoscesse casi di gente giunta al suicidio per essersi “ritrovata” in un romanzo, e come lei per prima cercasse di parlare di sé il meno possibile con certi colleghi romanzieri, sempre così interessati a quel che si ha da dire…

Ecco, io la Byatt la ammiro molto, ho letto diverse cose sue e mi piacciono davvero tanto – ma questa sua boutade mi ha lasciata davvero perplessa.

Potremmo cominciare col dire che lei per prima ha basato parecchi personaggi su “qualcuno”. In Possession, per dire, può darsi che Ash sia una commistione tra Browning e Tennyson, ma nessuno mi toglierà di mente che Christabel sia Christina Rossetti in diguise. Per non parlare di The Biographer’s Tale, i cui ritratti di Ibsen, Galton e Linneo fanno abbastanza a pugni con il veemente attacco contro quegli scrittori che “mescolano realtà e finzione.” Entrambi libri vecchi di uno o due decenni, nel 2009, questo è vero – peccato che nel suo titolo candidato al Booker di quell’anno, The Children’s Book, apparisse gente come Oscar Wilde o Rupert Brooke… cui però, a suo dire, non aveva messo in bocca nulla d’inventato…

hilary_mantel_preferred_1_june_2016_credit_anita_corbin-399x600Mah. Sarà stato per questo che più di un giornale, all’epoca, vide in tutta la faccenda un attacco, nemmeno troppo velato, contro la sua rivale per il Booker, la romanziera storica Hilary Mantel – che, guarda caso, le soffiò la vittoria…

Ma in fondo non è questo il punto. Da nessuna parte è scritto che le grandi scrittrici debbano essere sempre sensate ed obbiettive, giusto? Il punto è che, se la signora Byatt avesse ragione, i romanzieri storici si ritroverebbero il campo severamente limitato. Perché se è vero che si può sempre lavorare sulla gente fittizia sullo sfondo di fatti veri, è vero anche che parte del fascino del genere consiste nella possibilità di indagare la mente, la mentalità, le motivazioni e le idee di quei personaggi che la storia l’hanno forgiata.

Ho fatto qualche tipo di violenza ad Annibale e all’Ammirabile Critonio, cercando d’intessere una personalità attorno all’ossatura nuda dei documenti (pochini) che sono arrivati fino a noi? Ho mancato loro di rispetto, nel cercare di leggerli attraverso i secoli? Se sì, è un crimine che mi ritrova in buona compagnia. Provate a immaginare il genere senza nessun personaggio storico… non resta granché, temo. histnov

E poi, non si tratta soltanto del romanzo storico – anzi. A voler essere cinici, i romanzi storici sono proprio il problema minore, perché se non altro nessuno ci si suiciderà sopra. Ma tutto il resto? Tutti gli altri? Tutti i parenti, genitori, coniugi, amici, insegnanti, colleghi, nemici, conoscenti, contatti occasionali degli scrittori, quelli che sono serviti ad alimentare millenni di narrativa? Perché se è vero che nessuno scrive a prescindere da se stesso, lo è altrettanto che nessuno scrive a prescindere da chi gli sta attorno. Magari non saranno sempre ritratti dal vivo, magari si tende a combinare più persone in un personaggio, ma chi non ha mai, mai, mai basato almeno in buona parte un personaggio su una persona vera alzi la mano – e non si aspetti di essere creduto.

Non ho usato il verbo “alimentare” a caso: la letteratura si nutre di gente, almeno tanto quanto la gente consuma letteratura. E gli scrittori sono, alla fine fine, un genere ragionevolmente incruento di vampiri. Ragionevolmente incruento, ma vorace. E se, in linea generale, non compiono sacrifici umani, è pur vero che talvolta scrivere anestetizza un tantino la coscienza, e poi esistono cose come gli incidenti, le vendette, i danni collaterali e gli effetti preterintenzionali…

Il che mi fa ricordare la polemica della signora inglese che, qualche anno fa, scrisse alla HNR lamentandosi di come una romanziera avesse romanzato i suoi antenati. E mi fa ricordare Charlotte Brontë, maestra nel farsi nemici e offendere amici nella sua ansia creativa. E mi fa ricordare la spiritista tedesca secondo cui i morti fanno il diavolo a quattro per dettare le loro storie ai romanzieri storici. E mi fa ricordare C. che, una volta in cui ci scambiavamo confidenze, si bloccò e mi chiese se la stessi studiando per scriverla…

Perché il fatto è, o Lettori: se non basiamo i nostri personaggio su qualcuno, di chi – di che scriveremo?

 

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libri, libri e libri · romanzo storico

Cinque Romanzi Storici

historical-fiction-shelf1M. mi segnala questo articolo che elenca “i cinque romanzi storici che è un sacrilegio non leggere” – e mi chiede che ne penso…

Quel che ne penso è che, in realtà, ciascuno ha una personale piccolo pantheon di questo tipo, e come questi elenchi siano popolati dipende da un sacco di cose – dal gusto personale alla percezione del genere.

Per dire, l’elenco di Parole a Colori mi lascia freddina, e concordo su due titoli su cinque – in parte.

Sgombriamo il campo dicendo che con La Papessa mi sono annoiata, che Manfredi non mi piace tout court, e che La Cattedrale (gasp!) non l’ho letto – quindi in realtà non so: magari è meraviglioso. Gli altri due… Medicus e i Pilastri mi sono decisamente piaciuti. Li ho trovati avvincenti, ben scritti e ben documentati, e li ho divorati entrambi. Li considero irrinunciabili per il genere? Forse sì. Sono tra i miei Cinque? Probabilmente no.

E quali sono i miei Cinque?

Ebbene, non è facilissimo rispondere – ma diciamo di provarci. Ora, la lista di Parole a Colori contiene titoli relativamente recenti, dalla metà degli anni Ottanta in qua. Un criterio simile, va da sé, per me esclude un sacco di prediletti – ma, per amor di comparabilità, cercherò di attenermici. Per la stessa ragione vedrò di lasciar fuori titoli di natura metastorica in favore di romanzi propriamente detti. E allora, in nessun ordine particolare:

5UnsworthBarry Unsworth, Morality Play (1995) – tradotto in Italiano, mi pare, come “La Commedia della Vita”. La storia segue una troupe di attori girovaghi nell’Inghilterra medievale, in una favolosa metafora dell’arte come mezzo di conoscenza. Più attenta a suggerire la mentalità dell’epoca che ad ammassare dettagli storici, la narrazione è asciutta e vivida. 5Burgess

Anthony Burgess, A Dead Man in Deptford (1993) – tradotto come “Un Cadavere a Deptford”. Una voce narrante che è una meraviglia, un perfetto colore elisabettiano, un ritratto di un Kit Marlowe complicato e affascinante, ribaldo e assetato d’arte e conoscenza.

5BlytheRonald Blythe, The Assassin (2004) – non tradotto, per quanto ne so. John Felton, imprigionato alla Torre e condannato a morte (ma osannato dalla folla) per avere assassinato il corrotto duca di Buckingham, racconta la sua vicenda – da topo di biblioteca bennato a vendicatore. Stile denso e lucente, voce superlativa, e un mondo evocato con efficacia raffinata. 5Burton

Jessie Burton, The Miniaturist (2014) Il Miniaturista in Italiano. L’Amsterdam secentesca è riportata in vita con la minuta vividezza di un quadro fiammingo – di sfondo alle vicissitudini matrimoniali della giovane e ingenua Petronella – che, tra case di bambola e zucchero transoceanico, scopre come nulla sia mai come sembra.

5BryherBryher, The Player’s Boy (1953) – e sì, qui sto barando, perché torniamo indietro di parecchie decadi – ma trovo di non riuscire a lasciar fuori la malinconica storia di James Sands, mancato attore post-elisabettiano. Il modo in cui Bryher riesce a ricreare il tramonto di un’età dell’oro senza mai idealizzarla – se non negli occhi del suo protagonista – non è nulla men che struggente. Il fatto che ci riesca lasciando che tutti i suoi personaggi pensino come gente della loro epoca e rendendo il tutto rilevante per la sua (e la nostra), è cosa bella e ammirevolissima.

E… oh, che sorpresa! Cinque autori inglesi su cinque… Però soltanto due sono storie elisabettiane, avete notato? E in realtà mi accorgo che la scelta è provvisoria, e soprattutto i romanzi storici irrinunciabili sarebbero tanti di più… ma questo, dopo tutto, è un gioco.

E adesso tocca a voi, o Lettori – giochiamo: quali sono i vostri Cinque Romanzi Storici?

 

 

 

grilloleggente · romanzo storico · Storia&storie

Un Tantino Troppo…

fall-of-constantinople-1453-ad_1E in realtà, tutto questo rimuginare di personaggi fittizi nei romanzi storici era perché stavo leggendo (e adesso ho finito) un romanzo da recensire per la HNR.

E non so se mi è piaciuto.

Almeno fino a un certo punto, direi di sì – considerando che è riuscito ad essere una lettura scorrevole e ragionevolmente rapida pur contando quasi quattrocentottanta pagine. Il fatto poi che fosse ambientato attorno a e durante il mio beneamato assedio di Costantinopoli nel 1453 è stato d’aiuto e non lo è stato.

Siege_constantinople_bnf_fr2691Da un lato, c’è la familiarità con luoghi, posti, eventi e personaggi storici. Dall’altro… c’è la familiarità con luoghi, posti, eventi e personaggi storici. Ecco, non so: forse, a non conoscere l’assedio, non avrei sobbalzato così forte nel ritrovare il (genovesissimo, in realtà, e poco più che trentenne) Giovanni Giustiniani Longo invecchiato di una generazione per farne il padre di uno dei due (fittizi) protagonisti e lo zio illegittimo dell’altro… Il quale altro protagonista è il comandante della Guardia variaga – che per quanto ne sappiamo, negli anni Cinquanta del Quattrocento non esisteva nemmeno più. Ma d’altra parte, il primo è il generale prediletto dell’assediante Mehmed – nonché il riformatore e riorganizzatore del corpo dei Giannizzeri… Ed entrambi, anyway, sono nipoti dell’uomo (fittizio) che aveva salvato da solo Costantinopoli durante l’assedio precedente.

VarangianSiete vagamente confusi? E non è ancora nulla. Questi due cugini, i loro padri, zii e nonni riescono ad essere amici fraterni, confidenti, allievi, luogotenenti, pupilli, oggetto dell’affetto oppure nemici acerrimi di tutti quanti. Principesse, filosofi, banchieri, dogi, re, imperatori, ammiragli, sultani, cartografi, cortigiane, esploratori… non c’è quasi figura storica del tempo cui questa famiglia non sia strettamente legata.

MakkimIl che si traduce in un’abbondanza di Azioni Orfane, Azioni Scippate e Azioni Rapite – con maggiore o minor flair ma sempre molto seriosamente. Forse un tantino troppo: l’impressione è che l’assedio e la caduta di Costantinopoli diventino poco più che una faccenda di famiglia.

E ripeto che non sono del tutto sicura: forse, se non avessi passato anni a leggere e documentarmi sull’Assedio, tutto ciò mi farebbe meno effetto? Ma indipendentemente da questo, credo proprio che l’autore qui abbia ecceduto un tantino tra coincidenze, improbabilità e Posti in Prima Fila, e l’insieme ne risulta forzatello anzichenò. E badate che non comincio nemmeno a parlare di plausibilità storica: non dico che non è vero – solo che suona forzato. Il che non è particolarmente bello, ma è senz’altro molto istruttivo.

 

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